Il momento più brutto della carriera di Lautaro Martinez: “Mi sono chiuso nella stanza, ho pianto”
Il lato oscuro della forza di Lautaro Martinez, quel che non si vede (e di cui poco o niente si sa se non per volontà diretta dei protagonisti), è toccare con mano cosa significa arrivare a un passo dalla grandezza e sentirne addosso tutto il peso quando un infortunio rischia di buttarti giù. Puoi alzare la testa e reagire oppure ne resti schiacciato. L'attaccante argentino dell'Inter ha domato con personalità quello che forse è stato finora il momento più brutto della carriera che era lì, dietro l'angolo, e gli ha fatto lo sgambetto nella scorsa stagione sottoponendolo a una prova molto importante come uomo e calciatore.
Un problema alla caviglia ne ha frenato solo in parte il rendimento. Ha lasciato strascichi, scorie che è stato difficile smaltire e per le quali s'è visto sfilare la maglia di titolare della nazionale Albiceleste dal giovane Julina Alvarez. Le sensazioni di quei momenti e quant'altro ha fatto parte di quel lasso di tempo si riverbera nella confessione fatta durante l'intervista a Star+. "Non volevo fermarmi – ha ammesso la punta sudamericana – e per questo, anche se avevo dolore alla caviglia, ho fatto il possibile per continuare".
Non poteva permetterselo: sapeva che Lukaku (col quale è calato il gelo dopo il voltafaccia del belga) e Correa erano infortuni e là davanti ha scelto di stringere i denti. Ha dato tutto se stesso anche a costo di andare in campo prendendo medicine e facendo siringhe che gli consentissero di giocare senza avvertire quel malessere. Almeno in apparenza, almeno per qualche ora. "Restavo solo io come attaccante e ho giocato prendendo pastiglie e facendo infiltrazioni. È stato così anche fino a poco prima della finale di Champions".
Una sofferenza durissima che lo ha condizionato anche in occasione dei Mondiali. Tant'è che spiega cosa è stato costretto a dire al ct , Scaloni. "Prima della partita con gli Emirati Arabi gli ho chiesto di lasciarmi riposare per arrivare alla Coppa del Mondo in condizioni migliori. Con l'Arabia Saudita la caviglia mi faceva tanto male, avevo fatto un'infiltrazione. Anche col Messico non potevo fare di più".
Non è stato facile. Tra le pieghe della narrazione che fa Lautaro si avverte tutto con chiarezza. Non c'è bisogno di ricorrere a interpretazioni di sorta. "A causa del dolore che sembrava non passare mai – ha aggiunto Martinez – non potevo allenarmi né riuscivo a calciare con il collo del piede. Vedevo le stelle quando facevo alcuni movimenti sullo scatto, ho provato a resistere ma non ce la facevo".
Dolore, ansia e angoscia sono state le ‘cattive compagnie' di quelle ore. "Mi sono chiuso in me stesso, ho pianto, ho passato un brutto periodo nella mia stanza. Ho avuto la fortuna di avere vicino la mia famiglia, mia figlia. Avevo bisogno di felicità e dell'affetto che la famiglia può darti in quei momenti".