Il modello Sudtirol alla conquista della Serie B: “Non si spende un euro in più di ciò che si può”
Il sostantivo femminile ‘sorpresa', che si utilizza in occasione di un "evento o intervento inatteso, che coglie impreparati, suscitando meraviglia o stupore per lo più gradevole"; è spesso utilizzato a sproposito nel mondo del calcio ma per definire il primo anno di Serie B del Südtirol non potrebbe esserci parola più azzeccata. Il club di Bolzano lo scorso anno ha centrato una storica promozione nella cadetteria diventando la prima squadra del Trentino Alto-Adige a disputare il campionato cadetto a girone unico perché quando lo fece il Bolzano (1947-1948) la B era divisa in tre gironi.
Perché è una sorpresa il Südtirol? Perché la squadra allenata da Pierpaolo Bisoli si trova al quarto posto con 44 punti dopo 27 giornate del campionato cadetto, quindi in piena zona playoff, con 30 gol fatti e 27 subiti. A dire il vero nemmeno a Bolzano si aspettavano questi risultati e ad ammetterlo è l'amministratore delegato del club Dietmar Pfeifer ai microfoni di Fanpage.it:"Non ce lo aspettavamo, anche perché la nostra filosofia è quella di rimanere sempre umili, di fare un passo alla volta. Abbiamo provato ad organizzare la cose nel miglior modo possibile e finora ci siamo riusciti".
Il dirigente del club altoatesino ha provato a trasmetter quali sono i punti di forza di questo progetto che sta crescendo da diversi anni: "Credo che il collegamento stretto col territorio sia un grande punto di forza. Abbiamo legami con le istituzioni locali, rappresentiamo questa provincia nel mondo e abbiamo l’economia locale che ci sostiene con 240 sponsor. Non c’è un presidente che decide tutto ma 32 soci che insieme portano avanti questa società e così questo club è sulle spalle di tante persone appassionate e dentro al progetto".
Pfeifer è entrato in società nel 2006 e ha dato un grande impulso a livello di marketing e comunicazione, facendoli viaggiare in parallelo con le iniziative prettamente sportive e quelle centrate sui giovani (in particolare sul piano ‘Un progetto sportivo per l'intera provincia'):
Io ho subito provato a dare un’organizzazione simile ad un’azienda. Mettere un attimo da parte l’emozione e cercare di costruire un’azienda di calcio con tutto quello che è connesso. Il marketing e la comunicazione nel mondo attuale sono fondamentali perché con quello crei un’immagine e diventi appetibile per chi vuole investire nel tuo progetto. Con questo sistema abbiamo creato un marchio, che è strettamente legato ad alcuni valori e viene riconosciuto come un modo di fare le cose. Questo ci ha permesso anche di metterci in contatto con nuovi investitori e di convincerli a far parte di questa avventura. Poi si è lavorato molto anche sulle infrastrutture grazie ad una collaborazione diretta con le istituzioni, che vedono in noi una piattaforma importante per il sociale, dal calcio giovanile a quello femminile fino alla formazione dei tecnici; e perché portiamo il marchio Südtirol nel mondo.
La rosa del club altoatesino è quella con il valore più basso del torneo cadetto (12,63 milioni di euro secondo Transfermarkt) e l'AD si è soffermato sul modo in cui il Südtirol opera a livello finanziario, anche dopo il salto di categoria:
Alla fine non cambia il modo di lavorare nonostante sia una categoria più importante perché hai più mezzi finanziari a disposizione, derivati da sponsor e diritti tv; ma semplicemente spendi quello che hai. Se hai più ricavi puoi spendere di più, se ne hai meno spendi meno. Il concetto nostro in questi anni è stato di non spendere mai un euro in più di quello che riuscivamo a portare dentro. Questo, a volte, nella crescita ci ha frenato ma poi è arrivata comunque. Abbiamo fatto la finale playoff nel 2014 per andare in B ma non abbiamo fatto debiti per riprovarci a tutti i costi l’anno dopo: di anno in anno è stato fatto un percorso e la scorsa stagione è arrivata la promozione. Adesso che siamo in Serie B il lavoro continua in egual maniera e seguiamo sempre la stessa filosofia, non facendoci prendere dall’emozione di fare acquisti o investimenti folli: se non rientra nei nostri parametri, non si fa.
Tra i protagonisti di questa squadra, che veste la maglia biancorossa dal 2014, c'è il capitano Fabian Tait. Il centrocampista classe 1993 ci ha parlato dei cambiamenti più importanti che ha visto in questi anni: "Sarebbe facile dire le strutture, perché qui dove ora sorge il centro sportivo c’era una casetta vecchia e un magazzino e lo stesso si potrebbe dire dello stadio. Ma la cosa che mi ha impressionato è l’entusiasmo della gente perché fino all’anno scorso passeggiavi per Bolzano e pure se ti riconoscevano non ti dicevano nulla, mentre ora ti salutano e ti fanno sentire un vero ‘calciatore’".
In merito all'andamento di quest'anno, dal divorzio con Lamberto Zauli nel precampionato all'impatto di Bisoli, si è espresso così: “C’è stata una fase iniziale che forse era anche prevedibile, visto che molti erano al primo anno di Serie B. Poi c’è stato il cambio e mister Bisoli ci ha trasmesso tanta fame e tanta voglia di fare".
Tait era a Trieste lo scorso anno, quando è arrivata l'aritmetica promozione, ma porta con sé anche altri ricordi degli anni scorsi:
Trieste è la storia. Ma un altro bel ricordo è quello dell’annata in cui siamo arrivati in semifinale col Cosenza, con Paolo Zanetti in panchina. C’era un’energia particolare nel gruppo. Lo ricordo perché dopo la sconfitta ci siamo ritrovati fuori dall’albergo ed eravamo contenti per quello che avevamo fatto e che si era creato. Mi ricordo che eravamo sui divanetti insieme a parlare di tutto ed è un ricordo vivissimo ancora oggi.
Sugli obiettivi che si sono posti all'interno del gruppo, però, il capitano del Südtirol ha le idee chiare: "Noi sappiamo che dobbiamo fare ancora qualche punto per la salvezza, perché è un attimo che ti ritrovi in una brutta posizione e poi non è sempre facile uscirne. Ci sono tante squadre in pochi punti e ogni domenica c’è una sorpresa, quindi bisogna stare sempre molto attenti. Una volta raggiunto questo obiettivo proveremo a divertirci e vediamo cosa ne viene fuori”.
Parole da leader, proprio come lo è stato Hannes Fink per anni. Quando si parla di ‘bandiere' nel calcio italiano il suo nome non viene mai citato ma questo ragazzo è arrivato al Südtirol ad appena undici anni e nella sua carriera non ha vestito altra maglia se non quella biancorossa: "Io ho fatto il settore giovanile qui e poi 16 anni di Prima Squadra. Nessun prestito, non ho mai cambiato. Dopo un po’ si è creato un legame che va anche oltre il fatto di essere nato qui. Conoscevo tutti, dall’interno della società ai tifosi che venivano allo stadio. È casa mia".
L'ex capitano, che ora collabora con il Direttore sportivo Paolo Bravo ed è responsabile tecnico del settore giovanile con mansioni di ‘legame’ tra la società e la Prima Squadra, ci racconta i valori di questo club: “Sono convinto che parta tutto dal lavoro quotidiano, da quello in campo a chi sta in società. Creare un rapporto e un legame tra tutti gli elementi non è semplice ma da questa base si prova sempre a portare avanti un’idea. Ci sono tante variabili da tenere in considerazione e se i risultati non sono controllabili, altro discorso è per il resto del lavoro: possiamo e dobbiamo garantire una società che metta in condizione di fare le cose nel miglior modo possibile. Il resto poi arriverà".
C'è un particolare che accomuna i colloqui con tre uomini simbolo della sorpresa Südtirol ed è il continuo riferimento al legame con il territorio e al lavoro quotidiano. Un vero e proprio mantra, che apre una parentesi anche sul modo di fare sport che questa società si è prefissa.
In pochi anni è stato costruito un centro sportivo all'avanguardia, che comprende la sede amministrativa, due campi in erba naturale, due campi in erba sintetica e un campetto di dimensioni ridotte (in sintetico). Qui si tengono gli allenamenti della Prima Squadra e delle varie squadre giovanili della società biancorossa, oltre a tutte le partite di campionato delle squadre nazionali Berretti, Allievi e Giovanissimi. In merito all'importanza delle strutture per essere competitivi nel calcio moderno l'AD Pfeifer ci ha risposto: "Sono la base per un lavoro professionale e di alto livello. Servono le strutture e le risorse umane per avviare un’azienda calcio".
Non c'è solo questo, però, dietro il ‘modello Südtirol'. L'amministratore delegato nel corso del dialogo si è soffermato anche sull'importanza di lavorare quando i risultati sportivi non vanno bene:
Non tutto dipende solo ed esclusivamente dal risultato della prima squadra della domenica pomeriggio. Il risultato non deve diventare un’ossessione ma è la conseguenza di un lavoro che fai durante la settimana e nel tempo. Abbiamo vissuto anche noi momenti difficili ma non per questo ci siamo arresi alla prima situazione non positiva sul lavoro che stavamo facendo, sia sportivo che del resto. L’azienda calcio l’abbiamo fatta crescere comunque e poi sono arrivati i risultati della prima squadra che ci hanno portato ad una crescita importante, mai registrata prima.
In diverse occasioni il club altoatesino è andato vicino alla Serie B negli ultimi dieci anni ma è mancato sempre qualcosa. Ora i biancorossi si godono tutto e, come ci spiega Pfeifer, vogliono continuare il loro percorso di crescita:
Il nostro compito è quello di stabilizzarci nella categoria perché sappiamo che i nostri budget sono relativamente bassi per la Serie B. Noi vogliamo stabilizzarci e aumentare gli investimenti nel settore giovanile, perché siamo convinti di poter coltivare ragazzi in grado di giocare in B, senza tralasciare la continua crescita dell’azienda su tutti i fronti, cercando nuovi partner che si identificano con questo progetto. Non ci siamo mai posti limiti e passo dopo passo vediamo dove arriviamo.
Il Südtirol vuole proseguire il suo viaggio all'insegna della sostenibilità, della competenza e del legame con il territorio. Tutto quello che verrà, sarà ben accetto. Sognare non costa nulla.