Il mitico Anthony De Avila arrestato per droga a Napoli, spunta un video surreale: “Non sei niente”
Qualche giorno fa la questura di Napoli ha reso noto di aver arrestato Anthony De Avila Charris, 58enne trafficante di droga colombiano, latitante da ben 17 anni. Una notizia di cronaca apparentemente simile a molte altre e destinata ad essere dimenticata in poco tempo. Ed invece questa è soltanto una metà del cielo e della vita di De Avila, anonimo criminale in Italia il cui nome dice poco o nulla a chi non è appassionato di calcio. Ma dall'altra parte del mondo, a migliaia di chilometri da Napoli, questo nome è tuttora mitico: parliamo infatti di un attaccante che ha fatto la storia del calcio colombiano.
De Avila col pallone tra i piedi è stato una leggenda in patria: ha vinto 7 campionati con la squadra cui ha legato la sua carriera nei club, l'America di Cali, è stato capocannoniere del torneo nazionale nel 1990, ma anche miglior bomber della Copa Libertadores nel 1996. Attaccante della Nazionale cafetera per 15 anni, El Pitufo – ovvero il Puffo, per la sua bassa statura, appena 1,60 – ha fatto parte di una Selección amatissima che ha fatto epoca, arrivando terzo nella Copa America del 1987 in Argentina e poi giocando due Mondiali (USA '94 e Italia '90) assieme a gente come Higuita e Valderrama. Insomma dire Anthony De Avila in Colombia significa pronunciare il nome di un mito.
Mito in Sudamerica, trafficante di droga in Europa: questa è la punta dell'iceberg di una storia che più la si racconta, più diventa strana, fluttuante in un buco temporale di parecchi anni, con una sceneggiatura che ha davvero tante, troppe pagine bianche. Della seconda ‘carriera' di De Avila nessuno aveva mai saputo nulla: ora si apprende che l'uomo dall'aspetto dimesso fermato dalla polizia a Porta Capuana, in pieno centro di Napoli, era destinatario di un provvedimento di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli il 22 dicembre del 2004 per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e per traffico e produzione di sostanze stupefacenti, per reati commessi a Napoli e a Genova nel 2001 che gli sono valsi una condanna a 12 anni di prigione. Nulla di tutto questo era mai uscito fuori in Italia nè in qualsiasi biografia del giocatore, men che meno in Colombia, dove – in maniera a questo punto davvero surreale – De Avila era tornato clamorosamente a giocare nel 2009 a 46 anni, ovvero ben 10 anni dopo il ritiro: un contratto della durata di appena qualche mese, che aveva riportato in prima pagina il nome del Pitufo.
Eppure nel 2009, in base alle notizie diffuse dopo il suo arresto a Napoli lo scorso 20 settembre, De Avila era già ricercato, con una carriera criminale alle spalle: e tuttavia nulla di tutto questo è mai stato detto all'epoca e neanche dopo, in Colombia e nel resto del mondo. L'immagine dell'attaccante di Santa Marta è rimasta esclusivamente legata al calcio, al netto di vecchie voci sulla vicinanza al Cartello di Cali che erano state alimentate da una dedica fatta dal calciatore a due narcos colombiani dopo una vittoria della sua Nazionale durante le qualificazioni ai Mondiali di Francia. Poi De Avila è sparito, si trova poco o nulla sugli anni successivi della sua vita, ha pubblicato giusto qualche post su Instagram nel 2015, fino alla sua ricomparsa in cronaca giudiziaria nella lontana Napoli.
Peraltro la notizia del suo arresto sul suolo italiano non è neanche stata rilanciata immediatamente in Colombia, ma solo dopo parecchie ore, altra stranezza in un mondo dell'informazione globalizzato in cui in genere il tempo si misura in minuti. Il fantasma di De Avila dunque si è materializzato dal nulla nel cuore di Napoli, riconosciuto e fermato dalla polizia mentre usciva da un bar, dopo qualche giorno in cui le forze dell'ordine erano sulle sue tracce. Indossava la maglia dell'America di Cali e ha cercato di farsi passare per turista, ma la polizia è andata a colpo sicuro, informandolo che sulla sua testa pendeva un mandato di cattura in vigore dal 2004 per traffico e produzione di droga. La presenza dell'ex giocatore colombiano a Napoli sarebbe stata motivata – secondo gli inquirenti – dalla volontà di riallacciare contatti con trafficanti internazionali la cui attività si allunga fino in Olanda.
E qui si apre un'altra pagina strana della storia: i media colombiani nelle scorse ore hanno infatti diffuso un video risalente a qualche settimana fa e girato col proprio smartphone da De Avila proprio in Olanda. Un surreale messaggio indirizzato a qualcuno, all'apparenza sul senso della vita: "Ciao amico, come stai? Sono in Olanda, ad Amsterdam, seduto su un marciapiede in un quartiere dove c'è un'area commerciale, affari, imprese di ogni genere. Mi sono seduto qui per godermi il panorama e l'ossigeno che Dio ci dona in tutte le parti del mondo. C'è una riflessione molto importante: nella vita non si è niente, è uno strano miraggio. La vita in tutte le parti del mondo è la stessa, ovunque tu vada. Vale l'essere umano, non le cose materiali. Puoi avere milioni e milioni, puoi avere le auto che vuoi, le donne che vuoi, ma la lealtà e la spontaneità dell'essere umano è la cosa più importante, assieme alla spiritualità. Dopo che ti senti bene, il resto, per quanto riguarda le cose materiali, non ha senso. Mi sento bene qui, seduto su questo marciapiede e sono felice, ciao". Parole pronunciate avendo addosso sempre i colori dell'America di Cali. Tutto così strano, tutto quasi irreale: parliamo di Anthony De Avila, El Pipa che ha fatto epoca in Colombia, il sesto marcatore di tutti i tempi della Copa Libertadores, la Champions sudamericana in cui ha giocato ben 5 finali. Quello che resta oggi è un narcotrafficante dal fisico ancora più minuto di quando giocava, e tanti misteri.