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Il miracolo di Thiago Silva, in gioco la vita: la moglie volò a Mosca disperata

La moglie di Thiago Silva racconta il calvario del difensore brasiliano in Russia. Dopo la diagnosi di tubercolosi il giocatore non rispondeva alle cure: “I medici ci dissero che non potevano fare nulla e che gli avrebbero asportato parte dei polmoni”. Poi la ripresa in Portogallo e l’esplosione della carriera: un miracolo sportivo e non solo.
A cura di Paolo Fiorenza
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Le nostre vite sono piene di momenti che possono decidere quale direzione prenderemo, sliding doors in cui umano e trascendente a volte si fondono in modo quasi misterioso. Successo o disastro, gloria o disonore, spesso vita o morte. Quegli attimi in cui la differenza la può fare l'intuizione. O l'amore.

Ne sa qualcosa Thiago Silva, che nel 2005 rischiò sia la vita che la carriera, restando fermo un anno, prima che da lì ripartisse praticamente da zero, tornando in Brasile e risalendo la china fino a diventare il totem difensivo di Milan, PSG e adesso Chelsea.

Sbarcato in Europa a neanche 20 anni, il ragazzo di Rio de Janeiro fu mandato dal Porto – che lo aveva acquistato dalla Juventude – nella propria squadra B. In occasione di un viaggio in Thailandia della formazione riserve dei biancoblù, Thiago Silva cominciò a sentirsi male, ritenendo all'inizio che fosse soltanto un raffreddore. Poco dopo, a gennaio 2005, accettò di andare in prestito in Russia alla Dinamo Mosca per rilanciarsi, ma appena arrivato le sue condizioni peggiorarono: aveva difficoltà a respirare anche quando svolgeva esercizi leggeri. Portato in ospedale, la diagnosi fu impietosa: tubercolosi in stato abbastanza avanzato, al punto che se avesse atteso altre due settimane prima di ricoverarsi sarebbe potuto morire.

Il giocatore non rispondeva alle cure, né poteva essere dimesso, vista l'alta contagiosità della malattia, così fu isolato per 6 mesi all'interno di una struttura medica a Mosca. Fu in questo frangente che la moglie – assieme alla famiglia – convinse Thiago Silva a prendere la decisione che gli avrebbe salvato la carriera, come raccontato a ‘Goal.com'.

"Dopo sei mesi, andai in Russia dal Brasile per stare con Thiago. Da allora, non ci siamo più lasciati. Fu in quel momento che ci dissero che non potevano fare nulla e che gli avrebbero asportato parte dei polmoni. Ma dopo non sarebbe stato in grado di continuare a giocare a calcio. Era molto difficile emotivamente accettare che il suo sogno sarebbe finito con questa operazione. Thiago era giovane e io avevo 17 anni all'epoca, era difficile comunicare attraverso i traduttori, soprattutto a quell'età. I ​​traduttori spesso dicevano solo quello che pensavano dovessimo sapere, non l'intera storia".

Furono giorni drammatici, in cui fu messo tutto sul piatto: vita, carriera, sentimenti, amore. Thiago, con decisione presa assieme alla moglie e a tutta la famiglia, scelse di non operarsi e fece ritorno in Portogallo, dove alla fine si riprese dopo altri sei mesi di terapie. Quasi un miracolo, che si sarebbe compiuto totalmente una volta tornato in campo, per diventare un top nel suo ruolo.

"Ha avuto la seconda diagnosi in Portogallo e abbiamo fatto delle cure – racconta ancora Belle Silva – Abbiamo vissuto lì altri sei mesi mentre guariva. Ma pensavamo ancora che sarebbe stato difficile per lui giocare a livello professionistico dopo la malattia. Ivo Wortmann (allenatore di Thiago alla Juventude, ndr) gli aveva già dato una possibilità, e lo ha fatto di nuovo al Fluminense. Ha ricominciato lì la sua carriera".

Il resto è storia del calcio, con l'approdo al Milan 3 anni dopo, primo passo per essere uno dei più forti difensori al mondo. Status mantenuto ancora oggi, quando viaggia verso i 37 anni.

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