Il giudice inchioda Dani Alves: “Se era davvero consensuale, perché poi non vi siete più guardati?”
Dani Alves è descritto come "magro ed emaciato" in prigione, una rappresentazione fisica che esprime la prostrazione psicologica di chi sa che la galera sarà la sua casa per i prossimi mesi a venire, prima ancora che venga celebrato il processo per stupro che lo vedrà imputato con l'accusa di aver violentato una ragazza di 23 anni lo scorso 30 dicembre in una discoteca di Barcellona.
Il 40enne brasiliano dovrà restare nel carcere di Brians 2 fino al processo, perché il tribunale ha respinto la sua richiesta di libertà su cauzione, con la motivazione non solo che gli indizi sul suo conto sono pesanti ma che il suo status economico rende concreto il suo pericolo di fuga in Brasile, Paese che non ha alcun accordo di estradizione con la Spagna. Nelle scorse ore il canale televisivo spagnolo Cuatro ha avuto accesso al contenuto dell'ordinanza del magistrato in cui quest'ultimo spiega i motivi per cui non ha concesso la scarcerazione di Dani Alves.
Nel suo cambiare più volte la propria versione dei fatti, l'ex calciatore di Barcellona e Juventus alla fine è stato costretto ad ammettere che il rapporto sessuale nel bagno del locale (inizialmente negato) è avvenuto, ma a suo dire sarebbe stato consensuale. Tuttavia le immagini delle telecamere interne della discoteca, non presenti nei bagni, mostrano qualcosa che il giudice nella sua ordinanza ha sottolineato, ovvero l'atteggiamento di Dani Alves assolutamente non coerente col suo racconto: "È curioso che se ‘tutto è andato bene' come fa notare il signor Alves, dopo essere usciti dal bagno i due non si parlano e non si guardano più".
Secondo quanto si legge nell'ordinanza, anche la condotta tenuta dai due prima di entrare nel bagno del locale non implica assolutamente nulla: "Stare con lui a chiacchierare è normale, così come bere qualcosa, niente di tutto questo ha a che fare con quello che è successo nel bagno, di cui non c'è registrazione, con la vittima che afferma di essere stata violentata e costretta a fare sesso con il signor Alves".
Come detto, poi ci sono anche altre esigenze alla base della prolungata custodia cautelare. La grande disponibilità economica del giocatore e la sua residenza in Brasile, Paese che non ha un accordo di estradizione con la Spagna, sono due elementi che hanno giocato a suo sfavore nel rigetto della sua istanza di libertà. Il giudice ha esplicitato nell'ordinanza il rischio di fuga: "Andando semplicemente in Brasile si metterebbe fuori dalla portata della giustizia spagnola, dal momento che non c'è estradizione dei suoi connazionali da parte del Brasile, è una persona con grande capacità economica e senza radici nel nostro Paese che ha chiesto il divorzio".
E poi la contraddittorietà delle versioni rese nelle sue testimonianze – a mano a mano che gli veniva fatto notare come fossero incompatibili con le evidenze di testimonianze, filmati e prove forensi come il test del DNA – anche questa rimarcata nell'ordinanza: "Ha fatto diverse dichiarazioni e in ognuna di esse ha dato una versione diversa dei fatti. Quando è stato trovato del liquido seminale all'interno della vagina della vittima, non c'era altra scelta che dare una nuova versione e riconoscere che avevano fatto sesso".
Dani Alves, dal canto suo, ha sostenuto che questo cambiamento di versione era dovuto al fatto che inizialmente aveva cercato di nascondere la sua infedeltà nei confronti della moglie, la modella Joana Sanz. Il tribunale di Barcellona evidentemente non ci ha creduto.