Il giorno in cui nasce lo Scudetto del Milan: le lacrime di Donnarumma e la telefonata di Raiola
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Triplice fischio di La Penna. Sguardi persi nel vuoto, mani sui capelli, lacrime di Donnarumma, teste basse che vorrebbero nascondersi sotto la terra del Gewiss Stadium, mentre i tifosi bergamaschi sbeffeggiano i milanisti mostrando "la manita": Atalanta-Milan è finita 5 a 0. Due colpi di Ilicic e uno di Gomez, Pasalic e Muriel hanno completamente asfaltato il diavolo. L'onta rossonera è arrivata a causa di giocatori completamente avulsi, slegati tra loro: una squadra senza capo né coda. È il 22 dicembre 2019, e quel giorno nessuno al mondo può mai immaginarlo: è la data che segna il destino e la rinascita della squadra allenata da Stefano Pioli, all'epoca in totale confusione.
Forse, però, uno che sulla faccia della terra qualche pensiero se lo fa, c'è: si chiama Zlatan Ibrahimovic. In quel momento lo svedese sta ragionando sul proprio futuro, sta pensando alla prospettiva migliore per concludere in ascesa la propria carriera. E quella partita, quell'umiliazione del suo vecchio Milan, per lui è invece un'illuminazione. Prende subito il telefono e dice a Mino Raiola: "Chiama il Milan". In realtà anche il Milan si convince a riprendere Ibra dopo quella sconfitta, così il ritorno di fiamma è presto fatto: "Il Milan ha perso quella partita e hanno iniziato a contattarmi – rivelerà poco dopo lo svedese – Non si parlava di contratti, si parlava di ottenere la massima adrenalina. Allora ho chiesto a Mino chi avesse più bisogno di me, ha semplicemente risposto Milan. Gli ho detto ‘Va bene, chiama il Milan!’".
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Proprio una scossa di terremoto alla Zlatan era quella che serviva alla squadra, che comunque qualitativamente non era poi così tremenda, nonostante l'allora 11° posto in classifica. Quel giorno ci aveva messo la faccia Zvone Boban, allora Chief Football Officier rossonero: "È stata una bruttissima batosta, non ce l’aspettavamo. Una prestazione tremenda sotto tutti i punti di vista. Fa molto male ma ora dobbiamo avere la forza di reagire e ripartire immediatamente". Il dirigente non metteva tuttavia in discussione l'allenatore, che invece poco dopo si sarebbe ritrovato sulla graticola con lo spettro di Rangnick alle sue spalle: "Siamo super contenti di quello che sta facendo Pioli. Lui non c’entra. Andiamo avanti con lui senza nessun dubbio. E’ imbarazzante perdere 5-0, ma non possiamo e non vogliamo buttare tutto via".
Anche lo stesso Pioli lo sapeva: "È chiaro che non siamo questi, non possiamo essere questi, perché altrimenti ci sarebbero da fare tanti cambiamenti. Se sbagli l’approccio e poi perdi tutti i duelli, non ne esci vivo contro una squadra come l'Atalanta". E poi il tecnico dei rossoneri parla anche dell'uomo del futuro: "Ibrahimovic? Sono domande da fare alla dirigenza, ma è chiaro che lui sarebbe un innesto di personalità utile alla causa, perché andrebbe a stimolare tutto il resto del gruppo, con la sua esperienza e il suo carisma in allenamento e in partita. A questa squadra, essendo molto giovane, manca un po’ di personalità e di esperienza nei momenti difficili, ma non professionalità, perché alleno un gruppo sano e che si allena sempre con grande voglia ed abnegazione".
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Un Pioli che, a leggerlo oggi con il suo Milan campione d'Italia, è del tutto profetico. Qualche giorno fa lo ha ammesso anche lui, dimostrando come nel calcio e nella vita le delusioni così amare possono rappresentare la toccata del fondo e l'inizio della risalita:
"Questo Milan è nato da quel 5-0 contro l'Atalanta: è stata una giornata negativa ma da lì abbiamo capito cosa ci serviva".
Un anno dopo quella sconfitta umiliante, l'Atalanta si è ripresenta nel destino dei rossoneri il 23 maggio 2021: è un'altra data simbolo del percorso milanista. Il Milan quel giorno spazza via tutti i dubbi sul suo futuro e proprio a Bergamo, nell'ultima giornata di campionato, conquista la qualificazione in Champions League chiudendo al secondo posto. Il traguardo raggiunto dice a gran voce che il Milan c'è, è sulla strada giusta e deve assolutamente proseguirla. Un anno dopo ancora, oggi 23 maggio 2022, si può dire il diavolo non solo non ha perso quella strada, ma è arrivata fino alla fine: lì dove, ad aspettarlo, c'era il tricolore.