Il giorno che ha cambiato per sempre la storia del calcio: la sentenza Bosman, una rivoluzione
Il 15 dicembre 1995, la Corte di Giustizia della Comunità Europea emette una sentenza legata al procedimento C-415/93 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Cour d'appel di Liegi (Belgio) nelle cause dinanzi ad essa pendenti tra Union royale belge des sociétés de football association ASBL e Jean-Marc Bosman. Fuori dal legalese, stiamo parlando della ormai storica “Sentenza Bosman”, che ha cambiato il calcio.
La storia è semplice, anche se le conseguenze sono complesse e decisive per il calcio del futuro. Jean-Marc Bosman, attaccante discreto dell’RFC Liegi, vuole trasferirsi nella squadra francese del Dunkerque. La società belga sarebbe anche d’accordo ma vuole un indennizzo economico per il passaggio, anche se il contratto del calciatore era in scadenza. Bosman fa immediatamente ricorso alla Corte d’Appello di Liegi, che di fronte a un caso così complesso per via delle disposizioni all’interno del diritto del lavoro europeo, nel 1993 rinvia il caso alla Corte di Giustizia Europea, che due anni dopo emette la famigerata sentenza.
Questa disposizione di legge applica, per la prima volta nella storia dello sport, il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea, in quanto anche per loro ogni vincolo contravverrebbe all’articolo 48 del Trattato di Roma. La Corte abolisce in questo modo l’indennità di trasferimento dovuta alla società proprietaria del calciatore, quando questi va a scadenza di contratto, ma soprattutto elimina qualsiasi limitazione all’impiego dei giocatori comunitari nelle squadre dei paesi membri dell’Unione Europea. Il 19 febbraio 1996 l’Uefa rende esecutiva la sentenza e da quel momento in avanti non si sarebbe potuto più tornare indietro.
La storia è fatta di pochi passaggi, ma come si diceva, le conseguenze sono state rivoluzionarie. Prima di tutto le squadre di calcio da quel momento (da dire che pochi anni prima aveva provato e in parte riuscito a fare tutto questo Silvio Berlusconi con il suo Milan) hanno iniziato a considerarsi davvero come multinazionali dell’intrattenimento, potendo de-territorializzarsi grazie all’acquisto di tutti i calciatori europei (e fintamente europei grazie ai passaporti alla buona) che si voleva. La sentenza Bosman ha dato l’innesco all’idea che il calcio sulla bilancia mondiale del soft power e dell’economia globale poteva essere una vera forza. E questo si è pensato e immaginato davvero solo quando le squadre hanno potuto annullare o rendere “acquistabili” i propri valori territoriali e storici, diventando a tutti gli effetti multinazionali globali. Con la sentenza Bosman questo è stato possibile e negli anni ha portato capitali emiratini, russi, americani, qatarioti e sauditi a investire nel business. Senza Bosman forse ci sarebbero anche i “ricchi scemi”, con il giudizio di valore che dovrà dare chi legge.
La sentenza Bosman ha anche portato il calcio nella contemporaneità, più di quanto tutte le altre scelte a corollario di questo sport avevano fatto fino a quel momento. Quando per la prima volta una squadra europea, l’Arsenal di Arsène Wenger, ha giocato con undici calciatori non britannici, si è gridato, come si fa sempre in questi casi, ai bei tempi andati, ma è stata una voce sommessa perché l’idea di avere giocatori per la maggior parte inglesi in Inghilterra, italiani in Italia, spagnoli in Spagna e così via era considerato da quasi tutti un retaggio ormai superato dalla realtà dei fatti. In quel periodo i giovani grazie all’Erasmus e ai propri desideri iniziavano a girare e lavorare ovunque e pensare che il calcio avesse limiti era davvero una mezza follia.
Queste due conseguenze “della Bosman” ci parlano dell’oggi del calcio come poche altre cose. Quelle società che dopo la sentenza Bosman hanno messo le basi per diventare multinazionali globali, anche grazie a capitali nuovi che hanno investito nel calcio, hanno iniziato a pesare in maniera determinante nelle scelte degli organi sovranazionali, come FIFA e UEFA. Il loro potere è cresciuto così tanto, anche da un punto di vista semantico, non solo prettamente economico, che in questi anni hanno potuto manipolare le competizioni e l’economia del calcio fino a creare monopoli nazionali e oligopoli europei.
Quando è arrivata una crisi di sistema, anche per colpa del Covid ma non solo, le stesse società hanno cercato di risolvere l’empasse semplicemente uscendo fuori dal sistema che hanno distorto o se vogliamo essere neutri guidato fino a quel momento. Anche il progetto non accantonato della Superlega quindi è figlio della Bosman e delle sue principali conseguenze. Saranno proprio la Superlega che in qualche modo verrà organizzata e la guerra FIFA-UEFA riguardante il Mondiale biennale la nuova frontiera della guerriglia calcistica. Ma è solo appunto una fase di guerriglia di avanguardia, che cambierà poco di quello che viviamo ogni giorno, il giorno della rivoluzione c’è già stato 26 anni fa.