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Il fuorigioco millimetrico è giusto sia ancora fuorigioco? Come può cambiare la regola

Il fuorigioco è un dato oggettivo e con il Var è ormai quasi impossibile sbagliarne la rilevazione. Ma per alcuni, essere davanti al difensore solo di pochi centimetri non porta un “vantaggio” all’attaccante, come voleva la regola inventata nel 1863. Perché è nato il fuorigioco? E soprattutto, ha smarrito le sue origini?
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Questione di centimetri, che possono fare la differenza tra un gol valido e uno da annullare, tra una vittoria e una sconfitta. Questo è il fuorigioco, e da quando è stata introdotta al Var la tecnologia "cross air" che permette di tracciare la proiezione tridimensionale dei calciatori in campo, la sua applicazione è sempre più spietata, per quanto giusta e inappellabile. Per conferma chiedere a Lorenzo Insigne dopo il gol non convalidato contro il Sassuolo o ad Alvaro Morata, protagonista sfortunato in una serie di circostanze ad inizio stagione: all'attaccante della Juventus sono stati annullati un gol a Crotone e uno in casa contro il Verona per offside millimetrici, e addirittura contro il Barcellona per tre volte si è visto sbandierare contro la sua posizione irregolare – più evidente rispetto agli altri due casi – prima di depositare in rete. Perisic in Inter-Parma è stato più fortunato di lui, ma la frequenza di questi casi ha fatto tornare di moda il dibattito sullo scopo della regola, e sul concetto di "luce" tra i corpi.

Già a inizio anno Arsène Wenger, ex allenatore dell'Arsenal e ora responsabile Fifa per lo sviluppo del calcio mondiale, aveva proposto di tornare a punire il fuorigioco solo se al momento del passaggio il corpo dell'attaccante e del difensore non si sovrappongano se visti lateralmente. Questo per riportare la regola al suo senso originale, stabilito nel 1863, che puniva chi avesse un vantaggio effettivo sull'avversario per via della sua posizione, più vicina alla porta.

Le origini del fuorigioco

Quando l'8 dicembre di quell'anno la Football Association codificò le prime 14 regole della storia del calcio, una forma rudimentale di fuorigioco era già prevista, precisamente all'articolo 6: "Quando un giocatore ha calciato il pallone, ogni giocatore della sua squadra che si trovi più vicino di lui alla porta avversaria è fuori gioco". Vietato passare il pallone in avanti, quindi. Come nel rugby, sport popolarissimo – non a caso – tra i college inglesi, dove il "football" veniva inventato e giocato. Il motivo? Mettere al bando i "lazy players", giocatori che per pigrizia stazionavano nell'area avversaria in attesa di un pallone da mettere in rete. Il vantaggio di posizione non poteva essere tollerato, così si decise punirlo.

Prime modifiche alla regola: il concetto di "difendente"

Per quanto basica e largamente condivisibile, il fuorigioco è la regola che ha subito più modifiche di tutte. La prima variazione alla regola avvenne nel 1866, tre anni dopo la sua istituzione. La modifica fu una sintesi tra la scuola dei due board inglesi che in quegli anni più degli altri erano una vera officina del calcio: la Sheffield Football Association – che per la prima volta introduceva il concetto di difendente tra l'attaccante e la porta – e la Cambridge Football Association, che fissava in "più di tre" il numero dei suddetti difendenti. Alla fine si optò per un democratico "almeno tre". La norma passò quindi da toni di totale biasimo per chiunque passasse il pallone in avanti a un compagno meglio piazzato, a una versione più conciliante per il gioco in profondità. Gli effetti furono subito evidenti: da essere considerato un "dribbling game", ovvero un gioco che trova il suo fascino nell'arte del "saltare" l'avversario, il calcio divenne un "passing game" con in primo piano – quindi – azioni di squadra, schemi e movimenti senza palla.

Uno dei tanti gol annullati per fuorigioco ad Alvaro Morata
Uno dei tanti gol annullati per fuorigioco ad Alvaro Morata

Il "fuorigioco a due" e l'amichevole sperimentale

Un'altra, storica rivoluzione, si ebbe nel 1925. All'epoca le proposte sul tavolo dell'International Board erano due: quella del delegato scozzese, che intendeva sanzionare qualsiasi calciatore che si trovasse nella metà campo avversaria e non avesse almeno due opponenti tra sé e la linea di porta, e quella – più radicale – del suo collega inglese, che prevedeva la cancellazione della linea di centrocampo e la divisione del rettangolo di gioco in tre parti uguali, marcate da linee trasversali. Secondo questa tesi, l’attaccante sarebbe stato in fuorigioco solo nell’area di difesa degli avversari e solo, ovviamente, se con meno di tre oppositori tra sé e la linea di porta. Per stabilire quale fosse la più efficace, fu giocata una gara amichevole sperimentale tra una squadra di dilettanti e una di professionisti ad Highbury. Nel primo tempo, si provò l'idea dello scozzese. Durante l'intervallo gli addetti al campo cancellarono la linea mediana, divisero il campo in tre parti e si procedette con la proposta inglese. Il 13 giugno, riunitosi in un elegante palazzo di Rue de Londres a Parigi, l'International Board stabilì che la regola più convincente fosse la prima.

La regola com'è oggi

Nacque così il fuorigioco a due, come lo conosciamo ancora oggi. La regola trovò stabilità, resistendo per 65 anni senza modifiche, fino al 1990. Quell'anno infatti si stabilì che un attaccante "in linea" con il penultimo difendente non fosse più considerato in fuorigioco. Altre precisazioni arrivarono poi il 1 luglio del 2013, con la decisione dell'Ifab di specificare quali comportamenti del calciatore in fuorigioco potessero comunque "influenzare un avversario", e andassero quindi sanzionati. Per quanto riguarda il "trarre vantaggio" da una posizione di fuorigioco, le disposizioni del 2013 – tutt'ora in vigore – lo definiscono come il "giocare un pallone che rimbalza o viene deviato dal palo, dalla traversa o da un avversario, oppure che rimbalza, viene deviato o arriva dal salvataggio volontario di un avversario".

Fuorigioco: modifiche in vista per il futuro?

Vantaggio che, per i più scettici, c'è soltanto se un attaccante è considerevolmente davanti al suo avversario. Almeno di una figura intera. Anche il presidente dell'Uefa Aleksander Čeferin è tornato a chiedere maggiore tolleranza sui millimetri. Famosa la sua battuta "ormai se hai il naso grande sei sempre in fuorigioco". Fatto sta che la proposta ha incontrato agli inizi di quest'anno le simpatie del segretario generale Lukas Brud, che in un'intervista a Espn ha dichiarato: "Non sto giudicando la proposta, potrebbe essere una buona idea, ma non è sufficiente che giunga all’Ifab una buona proposta per modificare le regole del gioco". Sia chiaro: per stabilire che i corpi di attaccante e difensore non si sovrappongano si farebbe ancora ricorso al Var e ai millimetri. Una precisione che però in questo caso non andrebbe a rilevare il naso troppo lungo o la spalla troppo in là, ma che farebbe "luce" sull'effettivo vantaggio dell'attaccante dovuto alla sua posizione, come profetizzato dalla Cambridge Association più di un secolo fa.

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