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Il Ferragosto più dolce del calcio italiano: alle Olimpiadi del 1936 arriva la medaglia d’oro

Il 15 agosto 1936 l’Italia di Pozzo vince la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino battendo per 2-1 l’Austria con doppietta di Annibale Frossi.
A cura di Vito Lamorte
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Negli anni ’30 i problemi dell’Italia a Ferragosto non riguardavano gli scontrini dei locali per le vacanze o il paragone con i prezzi dell’Albania, ma il nostro paese era alle prese con il fascismo e la dittatura di Benito Mussolini. Pochi mesi prima si era chiusa la guerra d’Etiopia e pochi giorni dopo il Bologna vinse il suo terzo campionato guidato da Árpád Weisz.

In estate si tennero le Olimpiadi a Berlino, dal 1° al 16 agosto, e furono all’insegna dell’antisemitismo e delle manie di grandezza di Adolf Hitler, che non badò a spese e costruì strutture all'avanguardia per l'epoca per mostrare il Terzo Reich al mondo.

La Germania vinse il maggior numero di medaglie (89), inevitabile, davanti agli Stati Uniti (56) e Ungheria (16) mancando il podio solo nel calcio, nel polo e nel basket.

Pozzo con i suoi ragazzi ai Giochi Berlino. (Foto dal sito della FIGC).
Pozzo con i suoi ragazzi ai Giochi Berlino. (Foto dal sito della FIGC).

Proprio nel torneo di calcio ad affermarsi fu l’Italia di Vittoria Pozzo, che è partita tra le nazionali meno favorite ed è riuscita ad avere la meglio su Stati Uniti, Giappone e Norvegia fino alla finale contro l’Austria.

Dopo la prima edizione dei Mondiali nel 1930, il torneo olimpico venne ridimensionato e venne deciso che a partecipare a quest’ultimo sarebbero stati solo giocatori dilettanti. Questa novità portò non pochi problemi al CT, che due anni prima aveva vinto il Campionato del Mondo in casa e si sarebbe ripetuto anche nell’edizione del 1938 in Francia.

Pozzo fu dunque costretto a convocare calciatori iscritti all'Università oppure a Istituti Superiori, ma non fu una ricerca facile e a raccontarlo fu lo stesso selezionatore: “Dovevo attenermi agli studenti e chiamai i giuocatori uno ad uno individualmente, ben deciso a non mandare indietro chi avevo convocato. Dovevo anche in quel caso arrivare al numero di ventidue. Ero stato in precedenza ai Giuochi Universitari nostri a Bologna, e con l’ambiente studentesco non avevo mai perso in realtà contatto. A Firenze, a Bologna, a Livorno, ma principalmente a Pisa, in una partita appositamente organizzata, avevo visto dei ragazzi tecnicamente bene impostati, e che facevano al caso nostro. Avevo assunto informazioni, e qualcuno lo avevo anche seguito da vicino. Uno per uno, affluirono tutti: Piccini della Fiorentina, Baldo della Lazio, Biagi del Pisa, Marchini della Lucchese, Cappelli del Viareggio, Scarabello dello Spezia, Venturini della Sampdoria. Tutti studenti autentici, e ragazzi di buona famiglia. Poi vennero Foni e Rava della Juventus, e Bertoni del Pisa, e buoni ultimi Frossi e Locatelli, già in procinto di essere accaparrati dall’Ambrosiana”.

Nell’ultimo atto all’Olympia Stadion di Berlino, giocato il 15 agosto del 1936, il pubblico era in maggioranza a favore degli austriaci ma gli Azzurri vennero trascinati dal solito Annibale Frossi, che giocava per via della sua miopia.

La Nazionale passò in vantaggio con il gol del calciatore che avrebbe vinto anche la classifica marcatori (7 reti) al 70′, ma dieci minuti più tardi arrivò il pareggio di Kainberger che portò la gara ai supplementari. A risolvere la situazione ci pensò ancora una volta Frossi, mettendo in maniera indelebile la firma sull’unico oro olimpico del calcio italiano.

Annibale Frossi con la maglia dell'Italia alle Olimpiadi del 1936. (Foto dal sito della FIGC).
Annibale Frossi con la maglia dell'Italia alle Olimpiadi del 1936. (Foto dal sito della FIGC).

Quello fu l’ennesimo capolavoro di Vittorio Pozzo, che nella sua carriera da allenatore portò a casa due volte la Coppa Internazionale e due Mondiali (1934 e 1938): “Per me, quella è stata la gioia intima più grande che io abbia attinta dalla mia lunga carriera sportiva. Di soddisfazioni del dovere compiuto con successo ne ho avuta qualcuna. Questa sta al sommo: partire dal nulla, e in due mesi di lavoro chiuso, duro, tenace, caparbio quasi – e pur pieno di sentimento – conquistare una Olimpiade”.

I ragazzi della squadra di calcio hanno regalato all’Italia uno degli otto ori dell’Olimpiadi del 1936, che la delegazione azzurra conclude con 22 medaglie.

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