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Il dramma sfiorato di Alemao, sfiancato dal Covid: “È stato un anno orribile”

Alemão, ex Napoli, parla a Fanpage.it della sua tragica esperienza con il Covid e di come ha vissuto l’addio di un amico e un idolo come Diego Armando Maradona.
A cura di Antonio Moschella
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Ricardo Rogério de Brito, alias Alemão, ex calciatore brasiliano del Napoli
Ricardo Rogério de Brito, alias Alemão, ex calciatore brasiliano del Napoli

La voce al telefono di Ricardo Rogerio de Brito, più conosciuto come Alemao, è quella di una persona stanca che però non si arrende mai. Guerriero nella vita come  lo era in campo, il sessantenne ex calciatore brasiliano si sta riprendendo solo adesso totalmente dalle conseguenze in un covid19 che ha messo in pericolo la sua vita e quella di sua moglie, che insieme a lui aveva contratto il virus a giugno mentre era incinta. E un anno dopo la morte di Diego Armando Maradona confessa a Fanpage.it di averci messo del tempo a riprendersi dall'addio del Pibe de oro…

Come trascorre la vita di Alemao dopo gli ultimi mesi così tribolati?

"Ho ripreso da poco a lavorare in condizioni normali. Adesso posso finalmente dire che mi sento bene, ma è stato un anno molto duro per me e la mia famiglia. Io e mia moglie abbiamo contratto il covid a giugno, ma per fortuna lei e mio figlio, di appena quattro mesi, stanno bene e non hanno avuto conseguenze".

Nel 2020 lei aveva anche perso sua madre, probabilmente sempre a causa del covid…

"L'anno scorso è stato orribile. È venuta a mancare mia madre e anche mio suocero. E tanti amici e parenti hanno contratto il virus. È stato un periodo durissimo per noi tutti, specialmente in Brasile. E posso ammettere che l'esperienza del covid è stata la più dura che ho dovuto affrontare, nonostante in passato abbia contratto l'epatite B in modo serio e sia stato operato alla gola. Sono stato un mese in ospedale, non mi era mai successo. Per me il covid è stato qualcosa di molto serio".

Lei in campo era un guerriero. Come si riprende una persona dal punto di vista mentale dopo un periodo del genere?

"La mia terapia è il lavoro sociale che faccio ogni giorno. In questo momento ho due impieghi, e uno di questi è quello che più mi sta a cuore ed è rivolto al recupero di tossicodipendenti, un'autentica piaga in Brasile. Sono ormai più di vent'anni che abbiamo fondato qui a Lavras (sua città natale nello stato di Minas Gerais ndr) la "Casa de Transformaçao Betania" dove cerchiamo di dare una mano alla gente che soffre di dipendenza dalle droghe chimiche. Da poco ho ripreso a lavorare con tranquillità e questo è il mio principale obiettivo in questo momento".

Il suo Brasile sta vivendo un durissimo periodo sia per il covid sia per piaghe sociali come la tossicodipendenza…

"Purtroppo è così. Abbiamo leggi molto deboli per poter combattere l'uso delle droghe sintetiche, le quali sono sempre più economiche e attecchiscono negli ambienti più poveri, dove la gente le usa per dimenticare i tanti problemi che ha. Ricordo che quando abbiamo iniziato a lavorare il 20% dei nostri pazienti riusciva a essere recuperato per reintegrarsi perfettamente nella società, mentre oggi siamo sotto il 10%. Sono sempre più pessimista per il futuro".

Alemão esulta sotto la curva dei tifosi del Napoli abbracciato a Maradona
Alemão esulta sotto la curva dei tifosi del Napoli abbracciato a Maradona

Come si pone un ex calciatore, famoso in tutto il paese, quando deve affrontare di petto un problema del genere?

"Io credo solo che in questo mondo siamo tutti uguali, e così è nel mio ambito lavorativo. È molto gratificante poter aiutare i pazienti, trovare con loro un vincolo umano e poterli coinvolgere in varie attività di terapia, instaurando veri e propri rapporti di amicizia. Il mio obiettivo è semplicemente quello di dare tutto quello che posso per migliorare una situazione critica. Sebbene abbia un lavoro a parte per mantenere me e la mia famiglia il vero piacere per me è poter lavorare in questa fondazione e sentirmi utile a livello sociale e umano".

Che spazio occupa il calcio nella vita odierna di Alemao?

"Uno spazio minimo. Vedo pochissimo calcio ultimamente".

Non dedica minuti neanche al suo Napoli?

"Per il Napoli faccio un'eccezione, vedendo ogni tanto qualche partita. Sono contento che negli ultimi quattro anni si sia affermato ai piani alti del calcio italiano, e sento che è sempre più vicino a vincere un titolo importante. Il livello degli azzurri migliora di anno in anno, ma manca sempre un piccolo dettaglio per fare il salto di qualità. Quel che manca, in realtà, è secondo me un giocatore di peso. Come dite voi in Italia, un fuoriclasse".

Di fuoriclasse il suo Napoli ne aveva eccome…

"Io non mi considero certo tra quelli eh! (ride). Di Maradona non ne nascerà più uno, ma per esempio un altro Careca sarebbe già importantissimo per andare al di là del livello attuale e fare la differenza. Ma sono fiducioso che quest'anno si possa ambire a qualcosa di importante".

C'è un ricordo particolare al quale lei è più legato della sua esperienza napoletana?

"È stata in generale un'epoca bellissima, non solo perché abbiamo vinto vari titoli ma specialmente perché abbiamo dato gioia e allegria alla gente. E i tifosi trasmettevano a noi la stessa allegria. Era una sorta di alimentazione mutua di felicità. Come ricordo particolare probabilmente resta quella notte in Coppa Uefa contro la Juventus (Il Napoli rimontò 3-0 dopo lo 0-2 dell'andata qualificandosi alle semifinali ndr). Credo che quella è stata la notte più magica, la partita più bella ed emotiva che abbia mai giocato".

Poi, nella finale di Stoccarda, avevate culminato quella rimonta con la Juve vincendo il titolo. E ad aprire la festa è stato un suo goal, il goal di un mediano difensivo…

"Quel momento per me fu di una gioia unica, immensurabile. Fare gol per un mediano poco abituato a farlo lo ègià  di per sé, figurati se in una finale… Per me fu un premio strepitoso e inaspettato".

La giocata la inizia e la conclude lei, con un tiro non proprio ortodosso…

"Oltre a essere poco abituato a calciare ero anche arrivato sotto porta sentendo un fastidio alla coscia, ma riuscii a effettuare comunque lo scatto decisivo e poi a toccare in qualche modo il pallone, che poi prese un effetto stranissimo ed entrò. Si vede che era destino che dovesse entrare…".

Careca, Maradona e Alemão: il fortissimo trio sudamericano del Napoli
Careca, Maradona e Alemão: il fortissimo trio sudamericano del Napoli

Qual è stato il suo rapporto con Maradona?

"Eravamo amici davvero, così come lo erano con Careca. La rivalità tra Brasile e Argentina è solo in campo, non fuori. Io l'avevo conosciuto qualche anno prima per una partita omaggio a Zico e ci eravamo fatti una foto, ma lui non si ricordava di me, era già troppo famoso. Diego è stato importantissimo per la mia carriera, l'ho sempre detto, ma era innanzitutto un amico".

Come ha saputo della sua morte?

"Stavo lavorando, quando d'improvviso ricevetti una telefonata di un amico che mi avvertì che Diego era morto. Entrai in un forte stato di shock, mi sentii quasi paralizzato. Una settimana prima ci eravamo sentiti per telefono e mi aveva detto che appena fosse stato possibile mi sarebbe venuto a trovare perché voleva vedere da vicino come lavoravo con la gente. Era un'aspettativa bellissima, ma è rimasta tale. Ci ho messo svariati giorni per riprendermi dalla sua morte. Era la morte di un amico ma anche di un idolo".

Crede che l'abbiano lasciato morire solo?

"Non credo sia andata proprio così. Lui ha sempre deciso personalmente nella sua vita. Una vita nella quale ha vissuto momenti importanti per fama, lavoro ed esigenze. È anche vero però che Diego aveva poca libertà".

Prima ha detto che non nascerà mai più uno come lui. E Messi?

"Messi è un grandissimo calciatore. Ma Diego era un genio. Nessuno si può paragonare a lui".

La sua ultima partita in nazionale fu segnata da una sconfitta contro l'Argentina al mondiale di Italia '90 proprio contro Diego…

"In quella giocata del gol di Caniggia Diego iniziò nella nostra metà campo dribblando proprio me, e poi partì in un assolo unico. È un ricordo che vivo ancora oggi, purtroppo! (ride). In quella partita colpimmo quattro volte il palo, avremmo meritato di vincere. Ma il calcio è così, devi segnare per vincere. E in quel caso l'Argentina vinse grazie a un colpo di genio di Diego, una giocata che solo lui poteva fare…"

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