Il Covid nel 2020 ha cambiato il calcio (forse per sempre)
Il Covid-19 ha cambiato il calcio del 2020. E degli anni a venire. La più importante delle cose meno importanti, copyright Arrigo Sacchi, si gioca, si vede, si vive, in un altro modo. La pandemia altera i bisogni, riduce esigenze e legami, modifica abitudini e priorità. Il calcio si fa sempre più accompagnamento, intrattenimento, spettacolo: la via verso la Netflix del pallone è avviata.
Cominciamo dal campo, dagli stadi vuoti in cui al massimo i tifosi compaiono attraverso gli schermi virtuali, distanti ma diversamente uniti. Stadi freddi, stadi tristi, in cui però non è detto che il cosiddetto “fattore campo” si perda del tutto. In Serie A, ad esempio, il numero di vittorie in casa fra la stagione 2018-19, l'ultima completata prima della pandemia, e il campionato 2020 è rimasto sostanzialmente immutato. In Svizzera, addirittura, è cresciuto del 6%. Nella fase a gironi delle coppe europee di questa stagione, sono due le principali tendenze. Intanto si segna molto: 3,01 gol di media a partita in Champions, 2.78 in Europa League. Poi le vittorie in casa restano più dei successi in trasferta: 40 contro 36 in Champions, 67 contro 50 in Europa League.
Calcio, meno pressing nell'anno del Covid-19
Tuttavia, non è sbagliato pensare che esista un calcio ante-Covid e un calcio post-Covid. La diversità sta negli approcci, nei ritmi. Ad esempio, si pressa decisamente meno di prima. In Inghilterra, scrive Jonathan Wilson sul Guardian, ogni squadra in Premier League va in pressing 134,2 volte a partite. Ovvero il 22,7% in meno rispetto al campionato 2018-19. Per dare una prospettiva, quest'anno nessuna formazione pressa quanto il Leeds di Marcelo Bielsa, la più veloce ad aver segnato e subito 30 gol in Premier dal 1986-87. Con le 164,1 pressioni a partita, sarebbe stata quintultima due stagioni fa.
In Serie A, le azioni di pressing quest'anno, in media, sono 137,975. Nel 2018-19 161,325, con una riduzione del 17%. La Sampdoria, di gran lunga leader nell'attuale campionato con 172,1 azioni di pressing, sarebbe stata solo quinta due stagioni fa.
Wilson ne trae un'impressione di ritorno indietro, almeno per quanto riguarda il calcio inglese. Ovvero, un ritorno al calcio difensivo, che emerge anche dal significativo aumento di passaggi consentiti agli avversari per ogni azione difensiva. La quota è passata dagli 11,85 di due stagioni fa agli attuali 12,67. Dopo le partite delle prime giornate come il 7-2 dell'Aston Villa al Liverpool o il 6-1 del Tottenham al Manchester United, le squadre hanno iniziato a difendersi di più come succedeva qualche anno fa. Se sarà casuale, o sarà l'inizio della fine del gioco di passaggi, del contro-pressing di impostazione tedesca che ha trionfato in Premier e in Champions League l'anno scorso, lo scopriremo nel prossimo futuro. Ma le linee di tendenza sembrano andare verso una fisiologica amministrazione delle energie all'interno di un calendario sempre più denso.
Nuove modalità di fruizione: il modello Netflix
Cambiano anche le più significative modalità di fruizione. Il tempo dilatato aumenta anche le dimensioni del loisir da riempire, e rinforza l'immagine delle partite come contenuti in concorrenza con le serie tv, i film, la musica, i tutorial degli Youtuber, i videogame. La qualità dello spettacolo sportivo diventa perciò sempre più importante, sempre più il fattore in grado di orientare le preferenze del pubblico.
È particolarmente indicativo un sondaggio realizzato dalla ECA, l’associazione europea dei club di calcio, su un campione di 14.000 persone in sette nazioni: Regno Unito, Brasile, India, Spagna, Olanda, Polonia e Germania. I tifosi di calcio risultato suddivisi in sei macro-gruppi. Il più numeroso, che racchiude il 27% di coloro che hanno risposto al sondaggio, si possono definire come gli appassionati timorosi “di perdersi qualcosa”. Sono moderati, non fanatici, coinvolti più dalle possibilità di partecipazione e condivisione sui social che dai colori della squadra. È un tipo di tifoso che dunque ricorre anche agli highlights, ai video delle giocate più spettacolari. Un tifoso che vuol sapere velocemente cosa sia successo, che vuol capire le cose di cui si parla e di cui parlare. Dalla comunità del tifo organizzato, dunque, alla community.
La moltiplicazione delle esigenze e dei bisogni dei tifosi è al centro anche del rapporto “COVID-19: The impact on football” dell'agenzia Deloitte. I tempi per la riapertura degli stadi si allungano, i broadcaster e gli sponsor avranno ulteriori difficoltà nell'adattarsi al calo delle presenze sugli spalti e alle diverse modalità di interazione con gli appassionati. E i club si trovano a dover contrastare l'incertezza individuando nuove strade per incrementare l'engagement di tifosi con priorità destinate a cambiare per la prolungata distanza forzata.
Il calcio sbarca su Twitch
Il covid-19 cambia il calcio anche perché fa scoprire che a tanti il pallone, inteso come visione integrale della partita, annoia. Ed è soprattutto il pubblico più giovane a cercare modalità più “smart” per essere catturato, lo stesso che poi magari guarda con più frequenze la selezione di dribbling e di gol dell'ultima stella acquistata per la squadra di FIFA o di PES.
Lo sbarco della Juventus e del Milan su Twitch, piattaforma streaming molto in volga tra i gamers, è una prima risposta in Italia. Anche se la distanza con i contenuti appositamente studiati per gli utenti dal Real Madrid si vede tutta.
La strada verso una disarticolazione sempre maggiore dei contenuti legati all'evento sportivo rispetto alla semplice trasmissione in diretta della partita è segnata. Il calcio è spettacolo, show, business. Non è più solo una passione da condividere, da trasmettere per generazioni, da giocare in cortile o in strada. È specchio di un mondo connesso e globalizzato che, come racconta David Goldblatt nel suo “The Age of Football”, fa sì che l'andamento dell'Arsenal o del Chelsea in Premier League abbia un impatto diretto e tangibile sulla vita e l'economia in Nigeria.
La Champions League su Amazon: inizia la rivoluzione
In questo contesto, nell'anno della pandemia, uno dei simboli della globalizzazione come Amazon è entrato nel mercato dei diritti sportivi. E ha avviato una rivoluzione da cui difficilmente torneremo indietro. Su Prime, anche in Italia, dal 2021 si vedrà la Champions League. Il cambiamento è epocale. Perché il cuore del business di Amazon non è la trasmissione dello sport, e la scelta di abbonarsi a Prime non è primariamente funzione degli eventi sportivi o delle serie che vengono offerte. Al servizio Prime di Amazon ci si abbona per garantirsi consegne anticipate e gratuite.
Quello che per tutti gli altri broadcaster è un contenuto premium, leva diretta da utilizzare per gli abbonamenti, per Amazon è l'equivalente di una campagna promozionale. Gli effetti sulla concorrenza, in termini di costi, non sono ancora misurabili. Ma se il modello dovesse avere successo, è l'inizio di un nuovo tempo, che renderà ancora più evidenti le velocità diverse a cui viaggia il calcio il Europa. Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport spiega come le prime dieci squadre abbiamo introiti superiori alle ultime 600, prese tutte insieme.
E sarà ancora più chiaro quanto il prodotto calcio dovrà scindersi, moltiplicarsi, per rispondere a gusti, esigenze, diverse. Esigenze di personalizzazione, per attrarre un'attenzione volatile. Esigenze diversificate per bisogni e per età. I tifosi più giovani (15-34 anni) sono i più favorevoli in Inghilterra, secondo un sondaggio BBC, alla creazione della SuperLega europea, che sarebbe lo spettacolo calcistico più vicino all'NBA. Lo show che più di tutti potrebbe incarnare l'era Netflix del calcio, a cui il Covid-19 potrebbe aver dato la spinta definitiva.