Il coro nazionalista della Croazia dopo aver battuto il Brasile: rievoca pulizia etnica
Stasera la Croazia giocherà una delle partite più importanti della propria storia calcistica, la semifinale dei Mondiali in Qatar contro l'Argentina. L'obiettivo è quello di piazzare una clamorosa seconda finale consecutiva dopo quella persa nell'edizione di Russia 2018 contro la Francia, che potrebbe essere la sua avversaria anche stavolta, visto che è favorita nella seconda semifinale col Marocco.
Il compito di Modric e compagni è ben più difficile, ma nulla può essere precluso a chi ha sbattuto fuori dai Mondiali il Brasile. Una vittoria che ha evidenziato una volta di più la straordinaria capacità dei calciatori croati di esaltarsi negli appuntamenti che contano: quella di stasera è infatti la terza semifinale per la giovane nazionale balcanica, visto che c'è anche quella raggiunta nel 1998, persa anche in quel caso con la Francia in casa dei transalpini. Risultati eccezionali, se si considera che la Croazia non arriva a 4 milioni di abitanti.
La squadra allenata dal Ct Dalic fa della dedizione alla causa dei colori biancorossi uno dei propri punti di forza: lo spirito nazionalista di Modric e compagni è rappresentato in maniera evidente dal coro intonato tutti assieme per festeggiare la vittoria sul Brasile, un coro ripreso in un video che sta sollevando parecchie polemiche per la sua connotazione politica.
Si tratta di ‘Lijepa li si', una canzone nazionalista che è stata pubblicata nel 1998 dal gruppo croato Thompson. Il cantante e leader del gruppo, Marko Petkovic – che ha combattuto nelle guerre che hanno dilaniato l'ex Jugoslavia negli anni '90, che hanno portato all'attuale scenario politico della penisola balcanica – è noto per le sue posizioni di estrema destra e dichiaratamente neonaziste.
La canzone in questione inneggia alle bellezze dei territori croati e tra questi viene citata anche l'Herceg-Bosna, ovvero una repubblica non riconosciuta internazionalmente che fu un'entità autonoma dei croati di Bosnia ed Erzegovina tra il 1991 e il 1994. Il nome in questione, che viene declamato dai calciatori in maniera appassionata ("Herceg-Bosna cuore orgoglioso"), è tuttavia impregnato di morte. I leader della repubblica si resero infatti responsabili di efferate operazioni di pulizia etnica nei confronti dei non croati presenti in quei territori: una responsabilità accertata in sede di Tribunale penale internazionale sotto l'egida ONU e che portò alla loro successiva condanna per crimini contro l'umanità in primo grado nel 2013 e in appello nel 2017.
Il Tribunale stabilì che i sei leader condannati erano stati responsabili di un'azione criminale in associazione che aveva l'obiettivo di creare un'entità croata in Bosnia Erzegovina fondata sulla dominazione etnica e quindi sulla relativa ‘pulizia' della popolazione non croata, attraverso metodi come deportazione forzata, uccisioni arbitrarie, distruzione di istituzioni religiose e culturali, prigionia e lavori forzati, e altri crimini contro l'umanità. Sentire quel nome – di più, sentirlo cantare con trasporto su un palcoscenico mondiale – rievoca una pagina di storia intrisa del sangue di migliaia di persone. È un coro deplorevole, che stride parecchio con la bellezza – quella sì – delle gesta sportive della Croazia in Qatar.