Il caso Vlahovic e la propaganda nazionalista serba: oltre ai soldi, contano i simboli
L'inchiesta di "Report" sui presunti procuratori occulti del bomber della Fiorentina, Dusan Vlahovic, ha alzato un velo su quello che avviene intorno alla giovane stella del calcio internazionale in Serbia, suo paese d'origine. Il lavoro dei colleghi di Report si muove dalle inchieste dei media online serbi "Balkan Insight" e "Kirk" su un triangolo di rapporti che vedono il calciatore della Fiorentina come punta di diamante tra l'entourage del Partizan di Belgrado, il figlio del presidente serbo Vucic, Danilo, e Novak Nedic, segretario di Stato serbo. In questo intrigo, l'agenzia che cura gli interessi del calciatore, la ISO (Internation Sport Office) di Belgrado sarebbe sostanzialmente uno specchietto per le allodole per schermare i veri procuratori di Vlahovic che sarebbero direttamente tra gli uomini più potenti del governo nazionalista serbo. La ISO chiaramente smentisce, la il rapporto tra calcio e politica in Serbia, fatto spesso di connivenze, strumentalizzazioni e propaganda, lascia più di una conferma all'ipotesi di un rapporto "organico" tra il governo e il calciatore serbo più famoso al mondo.
Quel simbolo delle tre dita e la propaganda nazionalista
Ve lo ricordate Ivan Bogdanov? Il suo volto coperto da un passamontagna fece il giro del mondo, quando nell'ottobre del 2010 in occasione di Italia – Serbia che si disputò a Genova, il capo degli ultras della nazionale balcanica guidò l'assalto che fece sospendere l'incontro. Lancio di oggetti, scontri dentro e fuori allo stadio, Ivan Bogdanov sembrò essere, anche per gli inquirenti che lo arrestarono la notte stessa, il capo del tifo violento. Ad accompagnare le movenze la "performance" di Bogdanov c'era il simbolo delle tre dita, che significa "Dio, patria e famiglia", ampiamente utilizzato dalla propaganda nazionalista serba che tra origine in parte anche dalla funesta esperienza dalla sanguinaria guerra dei Balcani. Tra i motivi del conflitto che insanguinò la ex Jugoslavia all'inizio degli anni '90, l'odio etnico e religioso, in una paese che per 50 anni aveva visto convivere sotto il regime comunista, musulmani, ortodossi, cattolici e atei. Basta scorrere le immagini della vittoriosa cavalcata della nazionale serba nel girone di qualificazioni mondiali per vedere come il simbolo delle tre dita venga ostentato quasi come un mantra dai calciatori serbi.
Primo tra tutti c'è proprio lui, Dusan Vlahovic. Esulta dopo i gol con le tre dita, esulta a fine gare con i compagni di squadra, si fa ritrarre in foto con gli altri "italiani" Terzic, Milenkovic e Nastasic, sempre con le tre dita in bella mostra. Ora immaginate la potenza evocativa del calciatore più forte della nazionale serba che viene visto con le tre dita in tutto il mondo. Un'operazione di propaganda perfetta. Il nazionalismo serbo si fonda sul ricordo della "Grande Serbia", il regno che si estendeva fino al Montenegro e al Kosovo prima della seconda guerra mondiale. Oltre ad essere condito di un pregnante razzismo verso le minoranze etniche e le differenze religiose. Molto spesso il simbolo delle tre dita viene utilizzato anche per intendere "Serbia, Montenegro e Kosovo" indicando il centro, l'Ovest e il Sud per ogni dito mostrato, riprendendo appunto i confini della "Grande Serbia". Nel caso del Kosovo è impossibile non pensare alla terribile guerra mossa dall'allora presidente Milosevic, condannato dalla corte dell'AIA per crimini di guerra, contro la popolazione albanese del Kosovo. C'è da dire che mai Dusan Vlahovic in Italia ha mostrato tendenze di questo tipo. Non troverete mai nessuna foto che lo ritrae con la maglia della Fiorentina esultante con le 3 dita. Mai troverete nessuna sua dichiarazione che possa far immaginare simpatie nazionaliste. Ma in patria è tutta un'altra storia.
La fucina del Partizan e l'uso politico dello sport
Per capire come il Partizan sia un pezzo importante dell'impianto della propaganda nazionalista serba, basta guardare al murales dipinto in pieno centro a Belgrado con ritrae Ratko Mladic, ex generale serbo e condannato al carcere a vita per crimini di guerra. Mladic fu il responsabile del genocidio di Sebrenica, dove nel 1994 furono uccise e seppellite in fosse comuni 10 mila persone di origine bosniaca da parte delle truppe serbe guidate da Mladic. Accanto all'effige del criminale di guerra c'è lo stemma del Partizan. Lo scorso 11 novembre alcuni attivisti della ONG serba, YHIR, hanno provato a cancellare il murales della vergogna, ma il Ministero dell'Interno Serbo ha vietato la manifestazione ed ha difeso il dipinto del criminale di guerra con accanto lo stemma del Partizan. Le inchieste di "Balkan Insight" e "Kirk" partono dal rapporto di controllo diretto svolto dagli uomini del governo sulle principali squadre del paese, ovvero il Partizan e la Stella Rossa.
Dusan Vlahovic è cresciuto proprio nel Partizan, arrivando alla Fiorentina a soli 17 anni, insieme al difensore Nikola Milenkovic, portati in Italia dall'ex Ds viola Pantaleo Corvino. Prima di lui era giunto in riva all'Arno anche Matija Nastasic, anche lui via Partizan, che oggi è tornato nuovamente alla Fiorentina. I due media serbi hanno ricostruito come Novak Nedic, il segretario di Stato serbo, abbia un ruolo nel consiglio d'amministrazione del Partizan e come Danilo Vucic, figlio del presidente serbo, abbia frequentazioni costanti con l'ala più estrema della tifoseria del Partizan, i cosiddetti "Giannizzeri" che hanno conquistato la curva a colpi di scontri interni e risse. La madre di Nedic era in rapporti di affari con Dejan Grgic, proprietario dell'ISO, l'agenzia che cura gli interessi di Vlahovic. L'agenzia di Grgic oggi ha l'esclusiva per rappresentare tutti i calciatori del Partizan e appena due settimana dopo aver fondato la società, nel 2015, Vlahovic è stato il primo calciatore messo sotto contratto. La particolarità del Partizan è che è un club controllato direttamente dallo Stato. E' presumibile quindi l'esistenza di una strategia di pianificazione delle carriere dei migliori calciatori del Partizan da parte sia dello Stato che dell'agenzia che ne cura gli interessi in esclusiva, anche essa molto vicina agli uomini di governo. Per arrivare alla fama mondiale i calciatori serbi devono andare all'estero e l'Italia è la meta più semplice da raggiungere. Poi devono arrivare ai top club. In questo scenario dove politica e calcio diventano una sola cosa, è assolutamente plausibile che i manager occulti del miglior calciatore della Serbia siano in realtà gli uomini di governo.
Perché Vlahovic non rinnova il contratto: i superbonus ai procuratori
Politica, propaganda, ragioni di Stato, ma anche e soprattutto soldi. L'affare Vlahovic è la cartina di tornasole di quello che avviene in un'area dell'Europa, i Balcani, in balia da decenni di violenza, crimini, nazionalisti e traffici illeciti. Una volta compreso chi c'è alla spalle del bomber della Fiorentina, andiamo a capire le ragioni della rottura tra la società di Rocco Commisso e il calciatore sul mancato rinnovo del contratto in scadenza nel 2023. La Fiorentina si era spinta ad offrire all'attaccante serbo un contratto faraonico da 20 milioni di euro più 4 di bonus per 5 anni di contratto, una clausola rescissoria di 75 milioni di euro e una commissione ai procuratori alla firma del contratto di 3 milioni di euro. Difficile vedere nel calcio italiano cifre simili. Ma i procuratori di Vlahovic hanno avanzato una richiesta che risulterebbe singolare, se non avessimo visto fin qui chi c'è davvero dietro l'attaccante serbo: 23 milioni di euro di ingaggio per 4 anni, ben 5 milioni di commissione ai procuratori al momento della firma, il 10% sulla futura vendita del calciatore ed il mandato esclusivo alla vendita dello stesso.
Praticamente i procuratori di Vlahovic hanno chiesto a Commisso di guadagnare sul calciatore ben 3 volte, con un commissione di 5 milioni di euro subito, incassando il 10% della vendita futura e trattando in esclusiva la vendita ad un altro club e quindi incassando nuove commissioni dall'acquirente. Davanti a queste richieste il presidente della Fiorentina ha rotto le trattative. Difficile avere a che fare con i procuratori, certo quando questi sono praticamente un intero stato sovrano diventa ancora più difficile. Ma chiunque acquisterà il bomber serbo dovrà fare i conti con gli assetti che si celano alle sue spalle.