Il campionato ucraino di calcio può riprendere: le partite si giocherebbero in altre nazioni
In Ucraina tutte le competizioni sportive sono sospese dal giorno dell'attacco della Russia, giovedì scorso. Impossibile ovviamente pensare a praticare sport, riempire stadi e palazzetti, distogliere la mente e il cuore dalle scene strazianti che riempiono le giornate a Kiev e in tutte le altre città ucraine, pesantemente bombardate da una settimana, con un prezzo pagato già altissimo in termini di vite umane.
Anche il torneo di calcio è dunque fermo alla 18ª giornata, con le due big Dinamo Kiev e Shakhtar a contendersi come d'abitudine la vetta della classifica: la squadra di De Zerbi, appena rientrato in Italia, insegue a due punti la formazione della capitale, allenata da Mircea Lucescu. E proprio il 76enne tecnico rumeno annuncia che il campionato potrebbe riprendere, non in Ucraina ma all'estero, grazie all'ospitalità di nazioni vicine.
"Sì, è una proposta sul tavolo. La Romania è disposta, Polonia e Ungheria anche, so che Ceferin ci sta pensando, se si vuole non sarà una cosa difficile da organizzare – spiega alla Gazzetta dello Sport, auspicando in caso contrario un'altra soluzione per i calciatori delle squadre obbligate a fermarsi – Ora c'è da guardare avanti. Se la guerra prosegue spero che l'UEFA dia ai calciatori la possibilità di svincolarsi, o di andare almeno in prestito per finire la stagione. Parliamo di ragazzi giovani con famiglia, devono continuare a giocare perché il calcio è il loro mestiere. E ha un potere enorme…".
Lucescu racconta il dramma dell'attacco russo, pensava che fosse un temporale… "Venivamo da un ritiro verso il campionato che stava per ricominciare, siamo stati in Spagna e ad Antalya con quasi tutte le squadre ucraine, una specie di mini campionato. Poi siamo tornati, giovedì sera abbiamo fatto allenamento in vista della partita di Coppa e poi è successo quello che non ci aspettavamo mai potesse succedere… A un certo punto mi sveglio di notte e il primo pensiero che mi viene è l'estate, ha presente quei temporali estivi pieni di lampi e tuoni fortissimi? E invece no, purtroppo no. Ci dicono che è cominciata la guerra, e che è arrivata alle porte della città. A Kiev non se lo aspettava nessuno. Si pensava che ci sarebbe stata al massimo qualche schermaglia nel Donbass, nessuno credeva a un'invasione come quella che abbiamo visto".
All'inizio Lucescu non avrebbe voluto lasciare Kiev – non con i suoi giocatori ancora in pericolo – poi non ha avuto altra scelta, visto il precipitare degli eventi. La sua odissea per lasciare l'Ucraina non è stata diversa da quella di molti altri fuggiaschi, con scene che non dimenticherà mai: "Diciassette ore durissime, tra dogane e posti di blocco. Per uscire dalla città siamo andati avanti a sette all'ora, le strade erano intasate dalle auto di quelli che scappavano. Fuori da Kiev abbiamo iniziato a prendere strade secondarie, mentre sulla strada incontravamo i convogli dei soldati che andavano verso sud perché intanto erano iniziati i bombardamenti provenienti dal Mar Nero. Così siamo arrivati alla frontiera con la Moldavia, dove c'erano code infinite. E lì ho visto scene brutte, di uomini che accompagnavano al confine donne e bambini, si assicuravano che passassero e poi tornavano indietro. Lì ti rendi davvero conto del dramma della guerra. Perché noi avevamo sentito solo quelli che io avevo scambiato per tuoni, quella gente no…".