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Il calcio senza Maradona è una vedova che cerca un nuovo amore per poter essere di nuovo felice

A un anno dalla morte di Maradona, il calcio sembra incedere come se nulla fosse successo, ma nei ricordi quello che ancora smuove: Diego non è mai dimenticato.
A cura di Jvan Sica
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Il calcio ha vissuto un anno senza Maradona. Una frase e un pensiero che hanno due conseguenze e interpretazioni possibili. Per chi lo ha visto giocare, magari solo nella sua ultima parte di carriera napoletana, sembra strano, come se a un frutto buonissimo togli la polpa. Delle volte oggi lo addenti e sembra che non sappia di niente o che comunque il sapore che ricordavi era molto più dolce e succoso. Anche se Maradona non giocava più da tempo, il solo fatto di esserci ha sempre riportato alla mente della maggior parte di queste persone un calciatore mai più visto, perché fisicamente e mentalmente non riproducibile senza le condizioni che lo hanno creato.

A chi invece non ha mai visto Maradona toccare un pallone, tutto è sembrato normale, come se niente fosse successo. Il frutto continua a essere molto buono.
Giusto che sia così, la relatività dei punti di vista molte volte dipende dalle passioni e dal gradiente di passione nei confronti di una determinata persona o cosa. Se una persona o qualsiasi altra cosa la ami con passione, allora la realtà senza di essa ti sembra poco saporita appunto, manchevole, più vuota. Se invece non hai potuto amarla per ragionevoli limiti di età, allora tutto ti sembra scorrere nella maniera più normale possibile.

Ma invece di soffermarci su chi ha vissuto o non vissuto Maradona, ribaltiamo la prospettiva e chiediamoci cosa ne penserebbe oggi il calcio di quest’anno senza Maradona. Non mettiamoci nella prospettiva di chi ama e ha amato o di chi è semplicemente indifferente, mettiamoci nella prospettiva dell’amato.

Tanti calciatori hanno amato il calcio nella maniera più passionale e profonda possibile. Vivere di calcio per tanti che sono riusciti a diventare campioni è stata la prassi fino agli ultimi giorni della loro vita. Eppure Maradona sembrava esprimere una passione più intensa, una forza terribile dentro il desiderio più assoluto. Non amava solo il calcio completamente e perdutamente, lui voleva fondersi con il calcio, immaginando una vita in cui si giocava senza soluzione di continuità, per non perdersi nei meandri della vita fuori dal calcio che è stata povera in tutto, anche nella ricchezza più estrema in cui per un periodo ha nascosto il dolore.

Di fronte alla morte di un innamorato così languido e totale, il calcio come ha reagito?
Se guardiamo al fatto che tutto alla fine è continuato senza frenare, con più soldi di prima, basti pensare ai primi investimenti del PIF dell’Arabia Saudita, con maggiori nefandezze rispetto a prima e gli intrallazzi per il riciclo di soldi sono lì a testimoniarlo, con maggiori differenze di prima, basti pensare che si voleva costituire una Superlega eliminando il 99% delle squadre dal “calcio che conta”, il calcio sembra essere la protagonista femminile della canzone di Fabrizio De André, “La ballata dell’amore cieco”. Il calcio ha chiesto a Maradona tutto, anche “il cuore di tua madre per i miei cani” per avere continuamente prove di quell’amore assoluto che lui nutriva. Quando arriva a chiedere anche la vita dell’amato, è “presa da sgomento”, perché senza più quell’amore così grande anche lei stessa aveva meno senso.

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Potrebbe essere interpretato in questo modo un anno di calcio senza Maradona, ma è una visione parziale, forse cinica e di sicuro non globale. Il calcio senza Diego si è sentito davvero una vedova, a volte inconsolabile e piangente soprattutto dopo i primi mesi dall’addio di Maradona. Non solo i tanti omaggi al più grande calciatore di sempre sono stati continui, ma anche quell’idea che i giorni dorati e sorridenti del Maradona al suo massimo non torneranno così presto hanno costellato il detto e non detto di tanti. Per tornare a vivere quelle meraviglie ci vorrebbe un campione equiparabile a Maradona e il calcio che vede il tramonto degli ultimi due grandi, Messi e Cristiano Ronaldo, e l’alba svogliata nei piedi di chi deve sostituirli, come Mbappé o Haaland, non trova antidoti.

Quando non ritrovi quella grandezza, nei pensieri di chi lo ha da sempre amato e lo ama torna allora quel sinistro malandrino e sublime, quelle idee di gioco folli e precise, quell’istinto innato e costruito con costanza nel fango di Villa Fiorito, quel calciatore la cui silhouette ci smuove ancora qualcosa nel nostro cuore e nel nostro animo.
Il calcio tornerà ad amare ed essere amato così tanto? Se lo chiede chi perde il proprio caro a cui ha dedicato e si è visto dedicare la vita. Anche qui ci sono due strade. Quella inconsolabile di chi sa che quei giorni non torneranno mai più e chi invece guarda avanti alla ricerca del nuovo amore da vivere e scambiarsi. Ognuno può scegliere la strada da percorrere.

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