Il calcio italiano perde il Decreto Crescita, cosa cambia e quali sono le squadre più danneggiate
Il Governo ha reso noto la manovra Finanziaria del 2024. La Premier Meloni e il vice Salvini hanno annunciato in una conferenza stampa le varie misure e hanno effettuato una stretta sugli sconti fiscali per i calciatori (e gli allenatori) che arrivano dall'estero. Una novità che non fa certo piacere alle società di calcio, che sfruttando invece il Decreto Crescita in questi ultimi anni sei campionati sono riuscite a portare in Serie A giocatori di alto livello.
La stretta sugli sconti fiscali per i lavoratori che arrivano dall'estero c'è, ma non vale per tutti. Perché nella manovra è stato stabilito: "Un nuovo regime agevolato per i lavoratori dipendenti o autonomi che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per un massimo di 5 anni. L'agevolazione consiste in una"riduzione della tassazione del 50%, per un reddito fino a 600mila euro. Il requisito è che abbiano una elevata qualificazione o specializzazione e che non siano stati residenti in Italia negli ultimi tre anni. In più, chi torna e usa lo sconto ma poi non mantiene la residenza fiscale in Italia per cinque anni dovrà restituire le agevolazioni, pagando anche gli interessi".
Il Decreto Crescita per il mondo del calcio non esiste più. Perché il Governo ha varato la stretta per gli sportivi, in particolare per chi vive nel mondo del calcio. Sportivi che dall'1 gennaio 2024 non avranno più alcun tipo di facilitazione. Coloro che erano in Italia, rimanendo al calcio, già nella stagione 2022-2023, mantengono la propria agevolazione – quindi così sarà per Kvaratskhelia, Giroud, Osimhen, Lukaku, Leao e molti altri. Ma tutto cambia per coloro che sono stati ingaggiati in questa stagione.
Il provvedimento impatta così su calciatori come Thuram e Pavard dell'Inter, ma anche Loftus-Cheek, Reijnders e Pulisic per il Milan o Weah per la Juve. Perdono benefici i calciatori del Napoli: Lindstrom, Cajuste e Natan, e quelli della Roma Aouar e Ndicka, ma non Lukaku che era già in Italia lo scorso anno. Il problema c'è per questi calciatori, ma soprattutto per i club che dovranno cambiare le proprie strategie di mercato.
Di sicuro è una buona notizia invece per i calciatori italiani, che in tempi non lontani si erano lamentati per il Decreto ritenendolo discriminante. Il Decreto Crescita ha reso molto più agevole l'acquisto di calciatori che non hanno risieduto in Italia nei due anni precedenti – e che sarebbero rimasti in Italia per almeno due anni dopo il tesseramento. La tassazione sul lordo dell'ingaggio sarebbe stata del 25% anziché del 45%.