Il Cagliari minaccia: “Dovremo avere il coraggio di non scendere in campo alla prima di campionato”
Mentre le società di Serie A litigano ancora una volta in assemblea di Lega, non riuscendo a trovare la maggioranza per approvare il nuovo orario ‘spezzatino' che prevederebbe 10 partite in 10 slot diversi, da Cagliari arriva un "disperato grido d'allarme" – per dirla alla Andrea Agnelli – sulla capacità dei club italiani di sopravvivere alla durissima congiuntura economica post pandemia.
È il presidente Tommaso Giulini ad agitare addirittura lo spettro di uno sciopero nella sua intervista a ‘Repubblica': "Il sistema è al collasso, non siamo stati considerati nei ristori e non abbiamo garanzie su quando riapriranno gli stadi. Dovremo avere il coraggio di non scendere in campo alla prima di campionato. Non è possibile che non ci sia permesso di fare calcio. Si rischia di far scappare imprenditori seri che ci mettono denaro, passione, non vedono un briciolo di sostegno dal governo e non hanno garanzie che da agosto si riaprano gli stadi. Non abbiamo ricevuto aiuti a fronte di perdite enormi. Abbiamo 300mila addetti, 30 milioni di tifosi, la Serie A garantisce un gettito fiscale da un miliardo. I mancati introiti del ticketing sono più del 50% delle perdite dell’ultima stagione".
Il club sardo, che ha confermato Leonardo Semplici in panchina dopo la salvezza centrata con lo straordinario finale di campionato, spinge per avere quanto prima nuovamente i tifosi sugli spalti, ma batte anche sul tasto dei nuovi impianti di proprietà dei club: "La preoccupazione principale di Gravina dovrebbe essere far riaprire gli stadi di Serie A, più che quello che farà la Nazionale agli Europei. I club sono super indebitati e noi sosteniamo anche le categorie inferiori. Il nuovo stadio? Altro tema essenziale di cui deve occuparsi il governo. Va bene la nuova legge Draghi sulle infrastrutture, ma non è ancora sufficiente: in Italia per fare uno stadio devi passare per decine di commissioni, bisogna semplificare. A noi la burocrazia è già costata 3 milioni, quasi 4. E se cambiassimo iter li butteremmo via. Servirebbero contributi a fondo perduto per gli stadi – conclude Giulini – Come credo sia stato fatto a Bologna e Firenze".