Il buco nero nella carriera di Cristiano Ronaldo: “Non erano pronti a giocare con lui”
Il buco nero nella carriera di Cristiano Ronaldo. Il campione portoghese ha un tarlo nella testa, un pensiero fisso che lo riporta indietro di qualche mese quando ha deciso di porre fine in anticipo la sua esperienza alla Juventus. Sognava di conquistare il sesto Pallone d'Oro della carriera e, il dubbio non lo abbandona, il triennio in bianconero ha fatto da zavorra alle sue ambizioni. A Manchester (sponda United) aveva spiccato il volo, a Madrid aveva vinto tutto, gli restava l'ultima sfida della carriera che lo avrebbe trasformato in leggenda mettendo in bacheca un altro trionfo europeo in Italia.
CR7 ha implementato la lista dei record per i gol realizzati anche in Serie A ma le eliminazioni dalla Champions League (una volta ai quarti e due agli ottavi) restano una ferita aperta. E da sussurro quella vocina di sottofondo, che ha provato a zittire con la grancassa mediatica che accompagna ogni suo gesto/prodezza/frase/semplice post sui social, è divenuta insistente: andare a Torino non è stata la scelta migliore che potesse fare. E quella frase su Instagram ("il 2021 sta volgendo al termine ed è stato tutt'altro che un anno facile, nonostante i miei 47 gol segnati in tutte le competizioni") sembra quasi confermarlo.
Il traguardo fallito dal club – perché l'asso portoghese era stato ingaggiato proprio per tentare la vittoria della Coppa che manca dal 1996 – e il ciclone Covid, che ha destabilizzato le finanze, si sono rivelati una combo devastante costringendo la Juve a rivedere le proprie strategie e il calciatore a guardarsi intorno. S'era promesso al Manchester City, alla fine è tornato ai Red Devils con un ricco stipendio grazie anche all'influenza di Sir Alex Ferguson.
La seconda luna di miele a Old Trafford, però, è durata poco: anche in quella che era stata (ed è) casa sua ci sono stati segnali contrastanti. E quell'aura magica che lo ha circondato s'è dissolta, lasciando spazio alla "paura" proprio accadeva in bianconero e alla convinzione che la sua personalità – dentro e fuori dal campo – rischia di essere troppo ingombrante, un peso per gli equilibri di una squadra. "La Juventus è un corpo unico e viene prima di tutti", disse il presidente, Andrea Agnelli, sui titoli di coda dell'esperienza italiana di Ronaldo.
"Con lui ci siamo ci siamo persi", il concetto sottolineato da Leonardo Bonucci ha trovato conferme nella recente intervista al Corriere della Sera di Gigi Buffon. "Con lui abbiamo perso il dna di squadra", ha ammesso l'ex numero uno bianconero e della Nazionale. Un'opinione che trova fondamento in una riflessione più articolata apparsa non una critica nei confronti del campione portoghese ma una presa di coscienza che, forse, era la stessa Juventus a non essere all'altezza di CR7, delle sue ambizioni, del suo peso in ogni aspetto della vita di un club, di uno spogliatoio. "La colpa non è di Cristiano, perché lui è quello e quando prendi un giocatore di quel calibro tu sai a cosa vai incontro".
La parte più importante dell'analisi di Buffon è in un'altra frase, che spiega bene sia il disagio del campione aumentato nel corso del tempo sia le difficoltà del gruppo che aveva intorno. E quanto emerso nella serie All or Nothing è stato solo la punta dell'iceberg. "Secondo me molti giocatori non erano pronti a poter condividere un certo tipo di esperienza – ha aggiunto Buffon -. Quando lui è arrivato a Torino, io sono andato a Parigi. E quando sono tornato ho visto qualcosa di diverso, che non mi ricordava più quello che avevo lasciato".