Ibrahimovic e Guardiola si rivedono ma l’imbarazzo è palpabile: non hanno dimenticato cos’è successo

Ibrahimovic e Guardiola si sono incontrati prima dell’amichevole tra Milan e Manchester City a New York e, nonostante siano passato 14 anni dalla stagione vissuta insieme a Barcellona, l’imbarazzo era evidente.
A cura di Vito Lamorte
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Pep Guardiola e Zlatan Ibrahimovic non sono mai stati grandi amici, anzi. L'allenatore del Manchester City e il neo dirigente di di RedBird Capital Partners si sono incontrati prima dell'amichevole tra Milan e i campioni d'Inghilterra a New York: qualche sorrisi di circostanza, zero contatto visivo e un evidente imbarazzo tra i due nonostante siano passati 14 anni dall'esperienza che hanno condiviso al Barcellona.

Ricordiamo tutti cosa accadde in quella stagione 2009-2010 al Camp Nou tra l'allenatore catalano e l'attaccante svedese? Il tempo guarisce molte cose e, probabilmente, entrambi hanno smussato i bordi irregolari del loro carattere negli anni ma alcune scorie di cosa accadde è rimasto.

Ibrahimovic e Guardiola si rivedono dopo 14 anni ma l'imbarazzo è evidente

Nell'estate del 2009 Zlatan Ibrahimovic sbarcò al Camp Nou per rinforzare l'attacco di una squadra che qualche mese prima aveva vinto il Triplete e lo svedese decise di lasciare l'Inter perché convinto che in blaugrana avrebbe vinto la Champions League ma dopo un inizio positivo i rapporti tra i due sono degenerati e lo svedese è andato via dopo soltanto un anno dal Barcellona.

Da quel momento Ibra ha criticato ripetutamente Pep Guardiola, che chiamò "filosofo" nella sua biografia pubblicata nel 2013: "Guardiola mi ha sacrificato. Questa è la verità. Ero diventato un normale giocatore e un giocatore peggiore". Sono già passati 15 anni da quella stagione e, nonostante sia già accaduto varie volte, i due si sono ritrovati faccia a faccia prima dell'amichevole.

In un'intervista al giornalista britannico Piers Morgan, per il famoso format “Piers Morgan Uncensored”, uso parole molto dure su Guardiola: “Penso che Guardiola sia un grande allenatore. Se guardi la sua carriera e prendi gli ultimi 10-15 anni, ha sempre fatto grandi risultati. Penso che non sia mai andato sotto il secondo posto. Ma oltre all’allenatore, c’è la persona. Io guardo tutti negli occhi e capisco se c’è un problema o meno. Mi serve un secondo per andare al punto e risolvere un problema. Ricordo che prima che andassi al Barcellona, i media dicevano che ero troppo diverso per quel contesto. Il mio errore è stato quello di voler entrare in quella mentalità per quello che sono io. Non potevo essere qualcuno di diverso. A Guardiola gli ho detto di essere sincero con me e di dirmi le cose direttamente. Io risolvo i problemi. Non ero li per creare problemi, ma per risolverli. Ero li per realizzare il mio sogno, ma lui non l’ha fatto. I primi sei mesi le cose sono andate benissimo. Nel primo incontro che ho avuto con lui, mi ha detto che i giocatori non arrivavano al campo con la Ferrari, la Porsche o altre macchine di lusso. Gli ho chiesto perché? Mi ha chiamato tutti i giorni per convincermi ad andare al Barcellona e poi mi ha mandato questi messaggi. Non usato le mie macchine per 6-8 mesi. Poi gli ho chiesto di poter parlare in maniera tranquilla. Gli ho detto che avevo bisogno del mio spazio per fare il mio calcio, cosa che non riuscivo più a fare dopo il cambio di posizione di Messi. Abbiamo parlato in maniera normale. Non abbiamo mai avuto problemi a livello di rapporto allenatore-giocatore. Lui mi ha detto che avrebbe preso in considerazione queste mie necessità. La prima partita dopo il colloquio, panchina. Non sono il tipo che va dal mister a chiedere perché non mi fa giocare. Io vengo dalla cultura del duro lavoro e tu ottieni in base a come ti alleni e lavori. Seconda partita, panchina. Terza partita, panchina. Io penso che Guardiola si sia sentito offeso dalla mia richiesta di giocare di più, che per me è ok. Ma devi essere diretto con me, dobbiamo capirci. Quarta partita, panchina. E allora iniziavo a capire che ero in panchina per una situazione che si era creata per le persone vicino a lui, che avevano iniziato a interferire. Poi sono arrivato al campo con la mia fottuta Ferrari e ho fatto in modo che lui vedesse la cosa dal suo ufficio. Il mio motto in quel momento è stato “se tu mi fotti, io ti fotto”. Se vuoi giocare con il fuoco, bene. Ma io ti brucerò. Certo, lui era sempre l’allenatore e non giocare, per un calciatore, è la punizione peggiore che ci possa essere. Lui era l’allenatore, il boss, ma questa cosa non poteva essere ok. C’era la sala colazione dove ci trovavamo tutti e lui faceva dentro e fuori dalla stanza quando c’ero io. In campo non c’era mai una connessione visiva tra di noi. Mi evitava e li ho notato che c’era qualcosa oltre il giocatore. È stato un codardo perché non si è voluto confrontare direttamente con me. Ha usato “i suoi ragazzi” per risolvere i suoi problemi. Lui non ha voluto mai confrontasi con me. Ma quello che è successo, è successo. Devi prendere esperienza da queste cose. C’era un suo amico, quando ci siamo incrociati in un derby di Manchester, che lo teneva aggiornato su quando sarei passato. Una volta che sono passato, lui è uscito da dov’era. Io penso che sia un allenatore fantastico, che ha cambiato il gioco. Come uomo… Non è quello che ho conosciuto. Ma sono contento per lui. Abbiamo condiviso lo stesso sogno. Non ha avuto il coraggio di confrontarsi con me, è sempre scappato via dal confronto”.

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Zlatan ha descritto così la foto pubblicata sui suoi social:"È solo un'amichevole" ma il saluto tra Ibra e Guardiola non verrà ricordato come il più caloroso del mondo: lo svedese sembrava ancora un po’ freddo e a disagio, mentre Pep è parso un po' più sciolto avendo fatto il primo passo. Dopo un abbraccio hanno avuto una breve conversazione e poi le strade dei due si sono separate.

Il saluto tra Ibrahimovic e Haaland

Ibrahimovic non salutato solo Pep Guardiola ma si è intrattenuto, in questo caso in maniera molto più sciolta, con Erling Haaland nella pancia dello Yankee Stadium di New York. L'attaccante norvegese del City ha regalato una maglia autografata a Zlatan, che ha apprezzato molto il pensiero.

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