I telefonini hanno stravolto la vita di Buffon, aveva paura: “Non sono più uscito”

Gigi Buffon si prepara assieme a tutta la nazionale italiana al doppio appuntamento dei quarti di Nations League con la Germania, che vedranno la squadra di Spalletti impegnata prima giovedì in casa a San Siro e poi domenica nel ritorno a Dortmund. Retegui e compagni si giocheranno non solo il prosieguo nella competizione, ma anche la collocazione nel girone di qualificazione ai Mondiali. A 47 anni Buffon è capo delegazione dell'Italia, sulle orme dei grandissimi Riva e Vialli. Gigi ne ha viste tantissime nella sua vita, ha conosciuto anche gli abissi dell'animo, la depressione, e oggi collega quel momento difficile della sua vita a una fase storica precisa, coincidente con l'avvento dei telefoni cellulari che hanno cambiato usi e costumi della società.
Buffon e gli smartphone: gli hanno cambiato la vita
"Sono arrivato alla conclusione che quel tipo di implosione che ho avuto c'è stato per un fattore principale, l'arrivo dei telefonini con i video – Buffon ha spiegato qualche giorno fa agli studenti di Sport Management della Luiss Business School – Perché io ero molto professionale, ma fino a 23-24 anni la domenica non rinunciavo all'uscita dopo la partita. Chiamavo gli amici e andavamo a ballare, era un momento di sfogo, avevo bisogno di quello, di trasgressione. Per me la trasgressione era anche bere tre Moijto. Ma con i telefonini non sono più uscito, perché se avessero pubblicato un video mio mentre ballavo all'Hollywood a Milano a petto nudo in pista, mi avrebbe creato dei problemi enormi".

A quel punto, è stato un susseguirsi di conseguenze che lo ha portato a dover fare i conti con problemi ben più grandi: "Era una cosa che facevo e mi dava uno sfogo. Non avere più quella valvola, l'ho accusato – è il racconto riportato da Calciomercato.com – Stavo sempre in casa a vedere la TV, e questa routine noiosa ha fatto sì che entrassi in uno stato d'animo che non mi dava stimoli. Dopo 4-5 mesi iniziavo a sentire le gambe pesanti, non riuscivo a reagire agli allenamenti come ero solito fare, e questo mi aveva impaurito. Poi il secondo step prende la testa. Sapevo che se fossi andato a letto mi sarebbe venuta l'ansia. E quindi andavo a letto tardi, poi alle 7 dovevo svegliarmi. Entri in un circuito vizioso dal quale non sai come uscire".