I racconti di Materazzi: “Odio tantissimo la Juventus, dovevo picchiare Balotelli”
Tanti calciatori ed ex campioni hanno scelto di affrontare il periodo di isolamento, obbligato pressoché in tutto il mondo dal Coronavirus, comunicando ai propri tifosi attraverso le dirette di Instagram, preferibilmente in coppia con ex compagni o altri sportivi. È in questo contesto che Marco Materazzi è stato protagonista di un live ricco di spunti con Sebastien Frey, ex portiere – tra le altre – di Inter, Parma e Fiorentina. Il campione del mondo del 2006 ha parlato a ruota libera di tanti argomenti, senza nascondersi dietro risposte diplomatiche. Come nel caso del rapporto con la Juventus, su cui si è espresso senza mezzi termini: "Quanto odio la Juve sportivamente? Tantissimo".
Juventus per Materazzi, e tanti tifosi dell'Inter, vuol dire in primis 5 maggio 2001, il giorno in cui l'Inter perse lo Scudetto in casa della Lazio, a favore della Juve. Un giorno che Matrix, inevitabilmente, non ha dimenticato.
"Quella partita vorrei rigiocarla. Ricordo che Gresko, uscendo dallo stadio, ci disse: ‘Perché sono arrabbiati?'. Di Biagio lo guardò malissimo. Gresko ci raccontò che era la terza volta che gli succedeva, un anno perse campionato, finale di Champions e supercoppa in Germania".
Anche per Zlatan Ibrahimovic è difficile che da Materazzi arrivino parole tenere. Così anche un complimento diventa occasione per pungerlo.
"È fortissimo, ma non al livello dei più forti come Messi e Cristiano Ronaldo".
Discorso diverso per Mario Balotelli, con cui Materazzi ha avuto un rapporto controverso ma schietto e sincero.
"È un numero uno, bravissimo ragazzo, ma ogni tanto gliele dovevo dare. Una volta si presentò coi calzini del Milan. Lo dovevo picchiare, ma gli voglio bene. È un bambinone. Il primo allenamento con noi provò a farmi un tunnel, ma non passò: io e Cordoba gli abbiamo dato il ben servito”.
Materazzi si illumina gli occhi quando parla di José Mourinho, uno dei pochi per cui ha solo belle parole.
"Alta e altra qualità. Per tutti noi era uno scudo, un amico, un padre e un fratello: si incazzava, ci faceva cazziatoni incredibili. Sapeva toccare le corde giuste e i risultati si sono visti. Con lui ho smesso di giocare a calcio, ma c'era un rapporto di fiducia e stima, sapevo che avrei potuto giocare anche solo una partita ma avevo comunque la sua stima".