I giocatori del Benfica mortificati dall’allenatore davanti a tutti dopo il tracollo col Barcellona
Bruno Lage ha riunito tutti i calciatori del Benfica in mezzo al campo. Li guarda dritti negli occhi e urla loro tutta la rabbia e la delusione per aver buttato via la vittoria e, più ancora, l'occasione per regalarsi ancora 90 minuti di speranza per agganciare la qualificazione diretta gli ottavi. Ambizione che sembrava diventata possibile ed è svanita in quei 20 minuti sciagurati in cui tutto è cambiato, col rischio addirittura (in caso di catastrofica combinazione di risultati) di essere eliminati dalla Coppa. Adesso le ‘aquile' sono in 18ª posizione a quota 10 punti che, alla luce delle dirette concorrenti, potrebbero anche non bastare per partecipare ai playoff.
La partita di Champions contro il Barcellona ha avuto un epilogo cocente e lasciato addosso un senso insopportabile di frustrazione. I portoghesi vincevano 4-2 e hanno uno subito una rimonta scioccante, fino al 4-5 arrivato in pieno recupero e in contropiede. È stata una mazzata tremenda.
La pioggia è battente. Nel Da Luz, fino allora una polveriera di emozioni, risuonano solo i cori dei tifosi blaugrana. Sul terreno di gioco è predominante la voce del tecnico di Setúbal che non sa darsi pace per come sono andate le cose. Ha radunato dinanzi a sé i calciatori, molti a capo chino per il peso di quella sconfitta storica. Si sbraccia, si dimena, li passa in rassegna, li rimprovera, sfoga l'amarezza e al tempo stesso prova a scuoterli perché scoppole del genere possono avere effetti deleteri sull'umore e sulla autostima.
Lage divora tutto: non accetta facce distrutte né lacrime, vuole che reagiscono subito e da uomini, vuole che alzino il mento e serrino le mascelle, vuole che ringhino e ritrovino subito gli occhi della tigre. Da partite come queste si può uscire può forti e si riparte. Deve essere così, non c'è scelta.
L'arbitraggio? Lage schiuma rabbia anche per quello ma il rimbrotto che fa alla sua squadra non ammette attenuanti né scuse del genere. Perché sì, ripete, l'azione era viziata da un fallo ma "non possiamo permettere a un giocatore del Barcellona di correre palla al piede a centrocampo e segnare un gol. Dobbiamo imparare dal risultato, imparare dall'ultimo minuto della partita".
La ripartenza di Raphinha è stata letale, il gol del 4-5 una punizione troppo severa. Ma questa è la legge dura del gol e del calcio. "Siamo dispiaciuti e completamente frustrati. Già un pareggio sarebbe stato doloroso… quindi perdere lo è ancora di più, ma non c'è tempo per i rimpianti. È lì nello spogliatoio che dobbiamo guardarci negli occhi e imparare che le partite, soprattutto quelle di Champions League, durano fino alla fine".