I figli di Mihajlovic rivivono la ribellione all’arrivo in clinica: “Siete matti, non voglio aiuto”
A leggere certe parole vengono i brividi addosso. Quelle di Miroslav e Dusan, due dei cinque figli di Sinisa Mihajlovic, fanno accapponare la pelle nel racconto che tracciano delle ultime ore di vita del padre ricoverato in clinica. La recrudescenza della leucemia ne aveva consumato il fisico ma non fiaccato lo spirito: dentro di sé lex calciatore era sempre lo stesso, pronto a prendere di petto la vita e a guardarla fissa negli occhi anche nei momenti peggiori. Non ha mai avuto paura di mostrare la propria debolezza di uomo, anche quello può essere sinonimo di forza.
Nelle descrizione di quegli attimi c'è il ritratto dell'uomo attaccato alla vita. "Era una domenica diversa da tante altre", è l'incipit al Corriere dello Sport di quegli istanti in cui tutto appariva così strano. Tutti sapevano cosa stava accadendo, che il quadro clinico era messo male ma Sinisa no, quella situazione non l'avrebbe vissuta disperandosi anche se aveva il cuore in subbuglio.
"Disse a tutti che era felice e di sentirsi bene. Telefonò a molte persone, alla maggior parte degli amici ai quali era più legato". Non sapeva (o forse sì) ancora quanto tempo gli sarebbe rimasto ma di una cosa era certo, non lo avrebbe sprecato. Non poteva perderne. "Ci colpirono molto due chiamate – le parole dei figli -. Una la fece a Conte e un'altra a Guardiola… stava progettando di fare dei viaggi per aggiornarsi dal punto di vista professionale per andare sui campi del Tottenham e del Manchester City".
Il solito leone. È così che descrivono la personalità anche in quei giorni così difficili dal punto di vista emotivo e fisico. "Avevamo capito già da un mese come stavano le cose ma non ne parlavamo con lui. In fondo, speravamo sempre che potesse avvenire un miracolo". Sinisa si faceva coraggio e dava coraggio, era quello che voleva per sé e per i cari che gli erano accanto. Ha affrontato alla sua maniera quella malattia che lo aveva aggredito di nuovo. "Il primo trapianto era andato bene, il secondo meno perché dopo una settimana i valori dicevano altro".
C'è un episodio in particolare a conferma del carattere che non lo ha mai abbandonato, nemmeno quando si è recato in clinica per l'ultima volta prima che tutto finisse. "Quella domenica è stata speciale perché non ha mai smesso di lottare. Ha sempre cercato di farci forza. Quando siamo arrivati all'ingresso e abbiamo visto che c'era una carrozzina la reazione papà reagì ribellandosi". Non voleva che una delle ultime sue immagini fosse da seduto su quello strumento usato dai pazienti. Ce la faceva stare in piedi e a muoversi senza aiuto. "Siete matti… io cammino da solo, non ho bisogno di aiuto".
È stato l'ultimo messaggio che ha lasciato alle persone a cui voleva più bene. Dallo scorso 16 dicembre non c'è più ma il suo esempio si riverbera anche nelle frasi della moglie di Mihajlovic, Arianna. È stata lei a ritirare il premio Aldo Biscardi nella cerimonia svoltasi nel salone del Coni. "Sto facendo tutto per i miei figli – ha ammesso la donna -. È il messaggio che voglio trasmettere a tutti e in particolare a loro… Non mollo, lotto e vado avanti. Questo è il coraggio che mi ha dato mio marito".