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I dubbi di Cristiano Ronaldo sulla Juventus, tra silenzi e insoddisfazione sui compagni

Cristiano Ronaldo non è contento, la reazione all’eliminazione della Juventus dalla Champions è l’ennesimo boccone indigesto dopo Ajax e Lione. Il suo silenzio fa rumore: la ‘colpa’ delle prestazioni poco esaltanti all’andata come al ritorno non sarebbe sua ma di un contesto tecnico e tattico inferiore.
A cura di Maurizio De Santis
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L'ultimo post condiviso sui social da Cristiano Ronaldo risale a due giorni fa, prima che il disastro dell'eliminazione in Champions contro il Porto mettesse lui e la Juventus sul banco degli imputati per il secondo flop consecutivo (ancora una volta agli ottavi, come col Lione). CR7 tace ma è un silenzio che fa rumore. Finora il campione portoghese ha sempre dato un segnale molto chiaro anche dopo le sconfitte. Ha la bocca cucita come tutti i senatori del gruppo che martedì sera non si sono presentati dinanzi alle telecamere (presidente compreso) per commentare il fallimento. Aveva mandato giù il boccone amaro con l'Ajax e il Lione pronunciando parole d'incoraggiamento e di fiducia, ora gli restano strozzate in gola perché la delusione è molto forte.

Adesso si è ecclissato, preferisce restare dietro le quinte. Medita sul presente, che gli ha riservato l'ennesima amarezza in ambito europeo da quando ha lasciato il Real Madrid. Pensa al futuro e alla possibilità che andare via da Torino a un anno dalla scadenza del contratto (2022) sia opzione da valutare con attenzione. E il fatto che anche il suo rivale di sempre, Lionel Messi, resterà a casa in pantofole ad assistere al prosieguo del torneo (non accadeva dal 2004-2005, anno del trionfo del Liverpool a Istanbul con il Milan) non è abbastanza consolante.

"Il suo rinnovo al momento non è in agenda", le parole di Fabio Paratici nell'immediata vigilia della gara di Coppa. Figurarsi se possa esserlo ora che l'uscita dalla competizione continentale ha dato un'altra mazzata alle finanze e al brand già provati dalla contrazione degli introiti a causa del Covid. A conti fatti, l'operazione CR7 – al netto della pandemia imprevedibile – non ha prodotto i dividendi sperati: è mancata anzitutto la consacrazione sportiva che i bianconeri cercavano con la conquista del trofeo sollevato verso il cielo per l'ultima volta 25 anni fa; i costi di gestione sono lievitati  costringendo il club a stressare la strategia delle plusvalenze per alimentare la sussistenza del campione portoghese (ingaggio da 31 milioni netti a stagione, 54 considerati tutti gli oneri fiscali).

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A peggiorare le cose anche le scelte della dirigenza sugli allenatori: ne ha cambiati due nel giro di un anno e mezzo (via Allegri e il suo ‘non gioco', via anche Sarri e la ‘rivoluzione tattica') lasciando il cerino in mano al debuttante, Andrea Pirlo. Il presidente, Andrea Agnelli, lo ha rassicurato: almeno fino al termine della stagione resterà in panchina, una mossa ovvia perché far saltare il banco adesso non avrebbe senso. Ma il futuro è nebuloso anche per l'ex ‘professore'.

Cosa sarà di Ronaldo? Abituato a occupare la scena e a stare sotto la luce dei riflettori per i gol, le vittorie e i record personali, ora è nel mirino per quella che dalla Spagna hanno definito una "barriera vergognosa" nella quale CR7 ha fatto la figura del dilettante per postura, movimento e reazione goffa alla conclusione che ha servito al Porto una rete su un piatto d'argento. "Imperdonabile una cosa del genere", le parole altrettanto dure di Fabio Capello.

Tirando le somme: a 36 anni lui è (diventato) un peso le per la Juve che considera seriamente la cessione quale exit-strategy per sistemare i bilanci; la Juve per lui non è abbastanza per la squadra non è alla sua altezza. Insomma, la ‘colpa' delle prestazioni poco esaltanti all'andata come al ritorno non sarebbe sua ma di un contesto tecnico e tattico inferiore.

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