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I 90 giorni di Gasperini da nerazzurro sbagliato nel tritacarne Inter

Quattro sconfitte, un pareggio in cinque gare ufficiali. Il ko con il Novara neo-promosso (3-1) fu la goccia che fece traboccare il vaso, Moratti esonerò Gasperini dopo appena 3 mesi: “Dopo quanto ho visto non direi proprio che ha in mano la squadra”. Il tecnico si sfogò così: “È stato il momento più brutto di tutta la mia carriera. C’era un clima assurdo intorno alla squadra e sbagliammo tutto”.
A cura di Maurizio De Santis
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Se qualcosa può andar male, lo farà. E quella che causa il danno maggiore sarà la prima farlo. Le varie interpretazioni della Legge di Murphy sembrano perfette per descrivere i 90 giorni di Gian Piero Gasperini all'Inter. La sensazione che fosse arrivato lì nel momento sbagliato e che, per quanto mettesse in campo caparbietà e idee rivoluzionarie, non ce l'avrebbe mai fatta l'ha accompagnato fin dall'inizio. Non fu tutta colpa sua ma anche di una buona dose di pregiudizio che lo accolse per aver lavorato in passato per uno dei rivali più acerrimi: la Juventus.

Io sarei juventino? – disse in conferenza stampa nel giorno della presentazione -. Ma se lì sono stato solo allenatore delle giovanili…

In quella squadra che portava addosso le scorie del Triplete (la gloria e gli investimenti erano volati via dopo la fine dell'era Mourinho) sarebbe occorsa la bacchetta magica. E il tecnico, giunto a Milano dopo aver concluso il proprio ciclo al Genoa, non aveva questo potere taumaturgico. La scelta del presidente, Massimo Moratti, spiazzò tutti: perché mandare via Leonardo che, prese le redini dei nerazzurri da Rafa Benitez, aveva portato in dote un secondo posto in campionato e la vittoria della Coppa Italia?

Già, perché? Leonardo lasciò l'Italia e si trasferì al Paris Saint-Germain in Francia. Il cerino restò in mano al nuovo allenatore. È con questo interrogativo sulle spalle che Gasperini, armato di buone intenzioni, si giocò quella che allora gli parve l'occasione migliore della carriera. Qualche anno più tardi, forte anche dei risultati, avrebbe capito che quello era il nerazzurro sbagliato. Impiegò molto di meno a intuire che con pochi soldi in cassa avrebbe dovuto accontentarsi di ciò che il convento passava.

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Questa squadra va bene così com'è. Siete più preoccupati voi di me… Io, invece, credo che sarà ancora più facile lavorare con i campioni.

Finita l'epoca delle spese pazze e dei ponti d'oro, gli restavano polvere di stelle della rosa dominatrice in Europa nell'anno di grazia del portoghese e una manciata di illusioni. Due su tutte: aveva chiesto alla società un attaccante come Palacio, non fu accontentato e fece una smorfia quando vide che Eto'o gli voltava le spalle per andar via; credeva di avere l'ambiente a favore ma, a giudicare dalle parole di Moratti che lo esonerò a mezzo stampa, la questione di feeling finì con l'essere anche il suo tallone d'Achille. Al patron non piacevano né il suo gioco né ovviamente i risultati. E perse la pazienza.

Era successo anche con Benitez e siccome "Se qualcosa può andar male, lo farà" quando il massimo dirigente decise di mandare via il brasiliano dopo lo spagnolo la Legge di Murphy scattò inesorabile. A pagarne il conto con gli interessi fu proprio Gasperini. La sconfitta di Novara (3-1 contro una neo-promossa), la quarta in cinque gare ufficiali provocò un travaso di bile a Moratti.

Dopo quanto ho visto – raccontò il numero uno dell'Inter – non direi proprio che il tecnico ha in mano la squadra. E non credo affatto che il problema vero sia il rapporto con i calciatori.

Moratti non aveva fiducia nelle qualità del tecnico. Molto più semplicemente, nemmeno lui sembrava più convinto di cosa volesse. Dopo la sbornia del Triplete aveva perso qualche colpo anche lui: prima chiamò Ranieri poi, dopo il 2-0 subito dalla Juventus, lanciò nella mischia Andrea Stramaccioni, 36enne tecnico della Primavera. Insomma, le provò tutte (ma fu inutile) dopo aver dato il benservito a Gasperini che venne congedato senza l'onore delle armi a fine settembre.

Sono molto dispiaciuto ma alla fine sono sempre i risultati quelli che contano – ammise Gasperini, chiudendo la breve esperienza sulla panchina dell'Inter -. Sono molto deluso anche perché c'era un ottimo rapporto sia con la squadra sia con la società. Ecco perché vado via con grande rammarico.

Aveva perso la finale di Supercoppa Italiana contro il Milan. In campionato era andato male a Palermo (ko per 4-3), s'era salvato per il rotto della cuffia con la Roma (0-0) e, cosa più imperdonabile, era stato battuto in casa in Champions dai turchi del Trabzonspor. Inaccettabile per Moratti e per il popolo interista che solo un anno prima (a maggio del 2020) aveva trionfato in tutta Europa.

Novara è stata il momento più brutto di tutta la mia carriera – raccontò Gasperini alla Gazzetta dello Sport -. Era già tutto deciso, lo si intuiva dal clima assurdo che c'era intorno alla squadra. I giocatori erano rassegnati e sbagliammo tutto.

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