I 40 anni di Zlatan Ibrahimovic, specie protetta nel mondo del calcio: “Perdere non lo accetto”
Scrivere qualcosa di nuovo sull’oggi quarantenne Zlatan Ibrahimović è molto difficile, anche perché difficile è superare con semplici parole e frasi quello che lui stesso ha detto e scritto di sé durante tutti questi anni di carriera. E se accade, magari con un giornalista che gli sottolinea una cosa qualsiasi, la risposta è molto sicura e poco accomodante: “Voi parlate, io gioco”.
E ha giocato davvero tanto Zlatan Ibrahimović, lo ha fatto con i migliori club al mondo, dall’Ajax all’Inter, dal Barcellona alla Juve, lasciando e riabbracciando forse la squadra che meglio lo ha capito, il Milan in cui è oggi è un idolo non solo grazie alle ancora grandi cose che riesce a fare in campo. Il Milan e ancora di più di questo Milan, una squadra di ragazzi a cui insegnare davvero come stare al mondo nel calcio che conta, ma allo stesso tempo di terza fascia a livello europeo anche se con un pedigree internazionale incredibile, è per Ibra il posto perfetto, il must be the place che cercava per chiudere con i fari luminosi puntati ancora una volta addosso. Ha provato a essere uno dei tanti campioni in squadra, come al Barcellona di Guardiola in cui c’erano Messi, Iniesta e Xavi o a essere l’unico motivo per comprare il biglietto come a Los Angeles, ma alla fine ha scelto una squadra in cui trasmettere qualcosa in campo e fuori, forse la decisione che meglio lo potrà spiegare anche per i posteri.
Per il Milan poi, Ibrahimovic ha sempre nutrito un grande affetto, confermato da lui stesso, quando era ancora in giro per l’Europa, pensando alle sorti in quella fase decadenti dei rossoneri: “Voglio il meglio per il Milan, stavo molto bene lì, mi sono sentito come a casa. Il Milan è uno dei club in cui vorrei tornare, se potessi scegliere oggi. Di solito non si torna in una vecchia squadra ma vorrei tornare al Milan. È un club fantastico. Mi auguro che la squadra faccia bene e torni al successo, posso solo sperare che tutto funzioni per il meglio. Se il Milan ha bisogno di aiuto, allora sanno dove trovarmi”.
E il Milan, con Maldini, Massara e la società per intero lo hanno cercato e trovato disponibile, perché si possono dire tante cose dell’Ibra calciatore e addirittura allargarci incautamente nel sussurrare qualcosa sull’Ibra uomo, anche perché lui vuole essere un determinato tipo di persona senza nasconderlo, ma che sia una persona capace di dire e fare le stesse cose, lo fa diventare una specie protetta nel mondo del calcio.
La storia con il Milan, iniziata nel 2010, interrotta nel 2012 e poi ripresa nel 2020 è prima di tutto una storia che lega due mondi, anche se stiamo parlando di una società di calcio e di un campione. Sono due mondi perché hanno grandi storie e un presente in cui entrambi si riconoscono prima di tutto a voglia di grandezza. Lo ha detto Ibrahimovic stesso, parlando del suo ritorno in rossonero: “Senza ombra di dubbio è il Milan il club più grande in cui abbia mai giocato. Nel mondo tutti lo conoscono, ha una storia incredibilmente vincente. Si respirava un'aria di grandezza assoluta e la percepivi da tutti quei campioni di fama internazionale che affollavano il campo d'allenamento, qualcosa di veramente geniale”.
E quando nel 2020 il Milan e Ibra si sono ritrovati, è scoppiato un amore incondizionato assolutamente vicendevole, perché per motivi e con parabole completamente differenti (Ibra è il campione anziano che vuole ancora mostrare il suo valore, mentre il Milan è la squadra in ascesa che vuole tornare grande) si sono ritrovati dalla stessa parte, entrambi con un desiderio folle di tornare a vincere: “Io non accetto di perdere, non lo accetto proprio. L'ho imparato dalla vita. Per me contano la grinta e l'aggressività, la determinazione e la concentrazione sui propri obiettivi. Io ho la missione di vincere”.
La vittoria vera, quella che entra nelle statistiche non è ancora arrivata e siamo sicuri che Zlatan Ibrahimovic la cerca con tutto se stesso. Ma è arrivato un altro traguardo, potenzialmente anche di maggiore impatto sulla storia del club. Prima di questo secondo Ibra rossonero, il Milan era la squadra attesa ma appesa, a una società che vorrebbe vendere a un ottimo offerente, a giocatori che vorrebbero crescere per andare nei grandissimi club, a scelte tecniche che sono andate in direzioni molto diverse. Arrivato Ibra però tutto si è messo al suo posto, come se un colpo di vento avesse fatto rotolare tutti i tasselli accomodatisi dove devono stare. Questa eccezionalità del calciatore e dell’uomo Ibrahimovic, è la chiave di una squadra che era praticamente persa in Italia e inesistente in Italia fino a un anno fa e ora è capace di lottare per il titolo in casa e dare fastidio alle grandissime in Champions League.
Non è tutto merito di Ibra, perché gioca meno degli anni d’oro e anche perché la crescita repentina di tanti giovani giocatori rossoneri non può essere dipesa totalmente dallo svedese, ma Ibra conta tanto, perché, come ha detto poco tempo fa Marco Amelia: “Zlatan è più di un calciatore. È un trascinatore, uno che pretende il massimo da tutti perché lui dà il massimo. Ed è uno che ha un'influenza positiva sul gruppo, che riesce a far arrivare a tutti la sua mentalità vincente. Con lui ti viene la voglia di andare in campo ad allenarti tutti giorni e dare sempre il 110%”.
E questo non lo alleni. Oggi Ibra40 e sembra che la fine sia vicina. Ma se abbiamo capito chi è Zlatan Ibrahimovic, aspettiamoci altre sorprese.