Henry del Verona minacciato di morte per il rigore sbagliato con l’Inter: “La vostra piccola vita”
Thomas Henry del Verona ha vissuto emozioni molto forti a San Siro. Quelle piovutegli addosso per l'errore dal dischetto sono biasimevoli, di una violenza verbale assurda. Gli hanno detto di tutto. È stato perfino minacciato di morte, al culmine di offese pesanti che hanno trascinata nella melma social anche la sua famiglia. È stato lui a segnare la rete del pareggio contro l'Inter.
Ed è stato proprio lui ad avere sui piedi la palla del possibile 2-2 in pieno recupero, quando s'è incaricato di battere il calcio di rigore concesso per fallo commesso da Darmian su Magnani. Un'irregolarità che l'arbitro Fabbri non aveva rilevato direttamente, oppure non ha ritenuto tale da decretare la massima punizione, e il Var ha segnalato inducendolo alla on-field-review. Lo sbaglio (non c'erano gli estremi per ripetere il tiro nonostante il movimento di Sommer) ha scatenato la rabbia di pseudo-tifosi ai quali il calciatore dell'Hellas ha risposto condividendo un messaggio molto chiaro e altrettanto forte.
A tutte le persone che pensano di conoscere il calcio meglio di chiunque altro e che insultano la mia famiglia augurandole la morte, spero che possiate trovare pace un giorno nella vostra piccola vita.
L'incipit spiega bene qual è lo stato d'animo dell'uomo e del professionista che si vede messo in discussione, processato e condannato per direttissima in quel tribunale surreale, esasperato, fatto di abusi ed eccessi, che può essere la dimensione della Rete.
Gli errori fanno parte dello sport e quindi continuerò a lavorare per essere migliore di prima – si legge nella seconda parte del testo a corredo della foto che lo vede con le braccia alzate verso il cielo in segno di esultanza -. Un giorno vinci, un giorno perdi, un giorno segni, un giorno sbagli, questa è la mia vita da calciatore.
La terza parte del post mette in risalto tutto l'orgoglio e il carattere del giocatore che fa spallucce dinanzi a un certo tipo di attenzioni, non cerca scuse né si aggrappa ad attenuanti di ogni tipo, accetta di metterci la faccia e si prende la responsabilità di quel che fa nel bene e nel male. Il dispiacere è profondo: chi non starebbe male se fallisse l'occasione del pareggio a margine di un match così duro e importante? Ma è altrettanto intensa anche la consapevolezza di non avere macchie sulla coscienza, che sente di avere pulita perché in campo ha sempre dato tutto. Ché è più forte di tutto.
E sono orgoglioso di aver potuto segnare il mio secondo gol in carriera in questo stadio di San Siro dopo una rottura dei legamenti e dopo aver iniziato a giocare a calcio all’età di 15 anni nell’ultima divisione francese. Quello che non ti uccide ti rende più forte. Sempre a testa alta, sempre davanti, sempre più alto.