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Havertz e la sua storia d’amore con gli asini: “Dal primo giorno ho sentito un rapporto speciale”

Kai Havertz ha una passione per gli asini e non si fa problemi a raccontarla: “Avevo un anno e dicevo già che era il mio animale preferito. I miei genitori me ne hanno regalato uno di peluche, poi ne hanno adottati tre veri quando ho compiuto 18 anni. Il primo si chiama Toni, come Rüdiger”.
A cura di Vito Lamorte
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Kai Havertz è l'uomo della storia per il Chelsea. Il calciatore tedesco ha deciso il derby inglese nella finale di Champions League e ha scritto una pagina importantissima del club londinese nonostante la sua giovanissima età nella serata di Oporto del 29 maggio 2021.

Questo ragazzo del 1999 arrivò a Londra per 72 milioni di sterline, una cifra che all'epoca lo rese il calciatore più costoso del club e lui stesso ha confessato che questa situazione gli costò una certa pressione: "I primi sei mesi non sono stati così buoni: i tifosi ti fischiano e senti la pressione delle telecamere su di te. Non sono cresciuto così, non voglio stare al centro dell'attenzione. All'inizio era folle".

In una lunga intervista rilasciata al The Guardian" Havertz si è raccontato a 360° tra passato, presente e futuro, non tralasciando nulla né per quanto riguarda l'ambito calcistico che quello extra.

Havertz ha raccontato al noto giornale britannico la sua passione per gli asini, che aveva già esposto in passato anche sui suoi profili social: "Alcuni dei miei compagni di squadra mi chiamano Ciuchino. E non è per il mio modo di giocare a calcio, per quello che faccio in campo: da tanto tempo, infatti, ho un rapporto speciale con gli asini. Mi piacciono molto, li trovo calmi, sereni: non vogliono fare molto e sono sempre rilassati, vogliono semplicemente vivere la loro vita. Forse mi piacciono così tanto perché anch’io, in fondo, sono così".

Da dove nasce questo suo amore per gli asinelli? La risposta è pronta: "I miei genitori me ne hanno regalato uno di peluche, poi ne hanno adottati tre veri quando ho compiuto 18 anni. Il primo si chiama Toni, come Rüdiger. Ora si trovano in un rifugio, ed è lì che andavo e vado a rilassarmi dopo una brutta partita".

Una passione davvero particolare e che non tutti sarebbero disposti a raccontare in questo modo. Se il primo si chiamava Toni come il compagno di nazionale Rudiger, l'ultimo si chiama Hope e lo ha salvato dal macellaio. Havertz ha fondato la ‘Kai Havertz Stiftung', un’associazione benefica che si occupa del benessere degli animali e di fornire assistenza ad anziani e bambini.

Il calciatore del Chelsea e della nazionale tedesca ha raccontato anche il modo in cui si relazione con il mondo del calcio e del rapporto con alcuni suoi compagni: "C'è un'immagine di calciatori tutti estro, diamanti, questo e quello. Ho incontrato giocatori che spendono così tanto per cose che ti fanno pensare:Ma perché lo fa?'. Ci sono giocatori a cui non importa, ma ad altri sì. Toni Kroos è uno con i piedi per terra. Sa che la vita non è solo calcio. N'Golo Kanté un altro: ha avuto lo stesso telefono per 10 anni. Non gli importa delle auto, non gli importa dei vestiti. Devi rimanere lucido. La gente mi ama adesso, forse tra due settimane mi odierà di nuovo: non importa quanto bene ho giocato. Torno a casa e la mia ragazza vuole che metta i piatti in lavastoviglie".

Spesso, anche grazie ai social, l'immagine che si costruiscono gli atleti, in particolare i calciatori, appare molto distaccata dalla vita reale di tutti i giorni ma, alla fine, generalizzare non è mai corretto. E testimonianze come quella di Havertz lo dimostrano.

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