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Haaland è un glitch, l’uomo che fa succedere i gol: Guardiola ha inventato il centravanti estraneo

Nelle mani di Guardiola, Haaland non ha dovuto trasformare il suo modo di essere centravanti. L’allenatore catalano lo utilizza come un acceleratore di gioco che fa succedere i gol anche se a tratti sembra quasi un corpo estraneo rispetto al resto della squadra.
A cura di Jvan Sica
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Uno dei temi calcistici e strettamente tattici più interessanti presentatisi alla fine del mercato estivo era quello che riguardava la coesistenza tra l’allenatore del Manchester City, Pep Guardiola, e il suo nuovo centravanti, Erling Haaland. Già pronunciare le due parole “centravanti” e “Guardiola” nella stessa frase era un enigma per tutti. Proprio il tecnico che ha tolto non solo peso ma vera e propria sostanza al centravanti, affermando che il suo centravanti fosse lo spazio, doveva mettere al centro del suo attacco e della sua squadra un centravanti “che faceva” lo spazio, grazie alla sua capacità di concentrare i flussi di gioco della squadra stessa.

Una sorta di Haaland qualche anno fa Guardiola lo aveva già dovuto gestire, era il 2009 quando Zlatan Ibrahimovic scelse di lasciare l’Inter per andare nella squadra migliore al mondo, il Barcellona, e cercare di prenderne possesso. L’esperimento durò una stagione, in cui la precedente squadra di Ibra vinse il Triplete e Guardiola da quel momento, resosi conto dell’errore, accelerò ancora di più sulla sua idea di calcio senza centravanti puro per rendere ancora più ingiocabile il Barcellona. Quella squadra, senza più fraintendimenti tattici, vincerà sei trofei in una sola stagione.

Per migliorare il Manchester City che in questi anni è riuscito a vincere tanto in Inghilterra e proporre un calcio superlativo, ma senza vincere in Europa, bisognava però trovare un uomo capace di trasformare le tante azioni da gol che il City ogni partita sforna senza sosta. Nella semifinale dello scorso anno contro il Real Madrid l’incapacità degli attaccanti-non attaccanti di Guardiola ha portato a un’eliminazione quasi senza senso, a cui bisognava porre rimedio.

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Ma se questo matrimonio tra una squadra e un allenatore che avevano bisogno del miglior realizzatore su piazza e un calciatore ormai troppo grande per la realtà in cui era si doveva fare, cosa dice questa prima parte di stagione?

Le cose non erano iniziate benissimo. Nella sfida per il Community Shield tra Liverpool e Manchester City, Haaland gioca sottotono, sbaglia quello per cui era stato preso, i gol, ed è addirittura oscurato dal nuovo centravanti dei Reds, Darwin Nunez. Si parlava di lavori appena cominciati, ma dalla prima partita di Premier League in poi sono accelerati che nemmeno i cantieri di Dubai sono così rapidi. Undici gol in sette partite di Premier League, tre in due di Champions League.

Oltre ai numeri poi, il come, che conta per comprendere un calciatore. Di testa da centravanti old style, con tiri da fuori area, sotto misura dopo il solito ricamo delle ali e delle mezzali del City, in acrobazia sotto gli occhi dei suoi vecchi tifosi al Dortmund e anche di tocco se serve. Il bagaglio tecnico è completo e questo si sapeva, ma dove siamo nel suo utilizzo/integrazione nel gioco guardiolano? Questa era la grande domanda iniziale, a cui si può dare un prima risposta. Si immaginava un inserimento per tappe di Haaland nel gioco di posizione di Guardiola. Invece è partito forte. Perché?

I suoi movimenti non cercano di togliere un corpo dallo spazio centrale che occupa, non si sfianca in scatti continui verso l’esterno e non gioca di sponda per aprire spazi ai compagni. Le heatmaps delle sue partire non mentono: Haaland è utilizzato da Guardiola da centravanti vero, da riferimento centrale dell’attacco con l’obbligo da parte sua e degli altri di farlo trovare sempre fronte alla porta, così da renderlo molto pericoloso. Anche nel raccordo offensivo Haaland è utilizzato pochissimo, Guardiola non gli chiede di svolgere compiti da mezzapunta come Firmino, né di falsa ala per liberare il centro.

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Haaland fino a oggi ha servito due soli assist, con un valore bassissimo di passaggi chiave a partita, 0,4 , è vicino allo zero anche il suo numero di dribbling, fa circa 13 passaggi a partita e per fare un confronto Firmino ne fa quasi 33. In compenso fa quattro tiri in porta di media a partita, un dato molto elevato.

Da questi numeri, l’analisi sul campo durante la visione delle partite e alcune parole di Guardiola, emerge molto probabilmente qualcosa che non ci aspettavamo. L’allenatore catalano ha deciso di non ripetere l’errore fatto dodici anni fa con Ibrahimovic, cercando di non incastrare in tutti i modi possibili il suo nuovo centravanti nel gioco ben oliato della squadra. Guardiola sembra averlo scelto e considerarlo come un elemento a sé, che deve svolgere determinati compiti, come quello di essere sempre pronto all’offesa anche nella sua semplice postura del corpo, ma soprattutto di lasciarlo libero di essere quello che è, ovvero un favoloso attaccante centrale, nato per segnare cataste di gol.

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Pensando a una metafora e guardando le partite del Manchester City, Haaland sembra una sorta di glitch, ovvero un improvviso errore del codice di gioco di Guardiola, che però gli permette di ottenere un vantaggio necessario a rendere più prolifica la sua squadra. Haaland letteralmente apre una dimensione nuova del gioco guardiolano, ne altera il ritmo, ne distorce il flusso. È un acceleratore, l’uomo che fa succedere i gol.

Guardiola è ancora una volta oltre il confine. Mentre tutti cercavano e cercano di oliare al meglio la ripartenza dal basso, lui è già anni che fa della ripartenza un piano B, dando libertà di lancio a Ederson. Mentre oggi tutti cercano di studiare il modo migliore di giocare senza un riferimento centrale, lui ha preso un centravanti e lo utilizza in una maniera che si potrebbe intendere come “classica” con una serie di distinguo interminabile. Siamo all’inizio, è vero, ma se il buongiorno della stagione è così luminoso, non può che essere un successo.

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