Gosens racconta la durezza di Gasperini: “Mi faceva male quello che diceva”
Robin Gosens sa bene cosa significhi soffrire e sgobbare duro per farsi largo nella corsa al successo che alla fine premierà pochi. Lui oggi è uno di quei pochi, ma all'inizio della sua carriera le cose erano molto diverse, come ha raccontato in una lettera a ‘Gameplan': "Nessuno ha mai riposto grande fiducia in me, i compagni ridevano di me".
Una situazione capovoltasi con un impegno e una volontà che hanno attinto a tutte le risorse dell'esterno tedesco. Gosens ha dovuto mettercela tutta per affermarsi anche all'Atalanta, dove ugualmente era partito dietro a tutti, con un tecnico come Gian Piero Gasperini che non solo non riponeva stima in lui, ma glielo diceva anche in maniera dura.
Un altro sarebbe crollato, ma non il classe '94 arrivato dall'Heracles per meno di un milione e che oggi ne vale almeno 30. Il racconto delle difficoltà incontrate al suo arrivo e della successiva risalita è toccante.
"Il mio primo anno a Bergamo è stato pieno di delusioni e insicurezza. Ero arrivato in un nuovo Paese, non parlavo la lingua e non c'era nessuno ad aiutarmi. Per la squadra non ero importante, l'allenatore non aveva fiducia in me e a volte suggeriva che le mie capacità non fossero degne di un posto all'Atalanta".
Gosens svela di aver vissuto momenti davvero duri, dove il buio interiore spesso precipitava in quello della notte.
"Non ricordo quante volte mi sono seduto nella mia stanza di notte chiedendomi se avessi rovinato tutta la mia carriera con questa mossa. Non giocavo. Per la squadra ero invisibile e al di fuori del calcio non avevo una famiglia che mi distraesse. È rimasto così per la maggior parte della stagione".
Gasperini dal canto suo non faceva nulla per far sentire a proprio agio il giocatore, anzi tutt'altro. Parole dure, che Gosens ha dovuto incassare e farne leva per la riscossa.
"Faceva male quello che l'allenatore mi diceva, ma sapevo che avevo la qualità per giocare in Serie A. Ho provato a fare le cose che mi chiedeva, ho continuato a fare sessioni di allenamento extra, ho imparato dai miei rivali per una maglia e mi sono adattato lentamente ma inesorabilmente al livello richiesto. Sapevo che un giorno il duro lavoro sarebbe stato ripagato. Ho iniziato ad avere più minutaggio, mi sono trovato meglio nella squadra e sono diventato sempre più importante per loro, mese dopo mese e stagione dopo stagione. Adesso – dopo quattro anni qui a Bergamo – sono diventato un elemento centrale della squadra, ho giocato in Champions League e sono entrato a far parte della Nazionale tedesca".
Una lezione di vita che l'esterno mancino vuole condividere con più persone possibili, perché sia di sprone a chi ha bisogno di fiducia per risalire la corrente.
"Se avessi chiesto a qualcuno se pensava che tutto ciò fosse possibile, probabilmente avrebbe detto no. Ovviamente ci vuole anche un po' di fortuna. Devi essere nel posto giusto al momento giusto. Ma il semplice fatto di essere lì non porterà automaticamente al successo".
Serve altro, qualcosa che non si insegna su un campo di calcio, roba di dentro. Qualcosa che fa diventare Robin Gosens, uno degli esterni più desirati d'Europa.