Gli ultimi giorni di Vialli a Londra: oltre alla famiglia, solo quattro persone potevano vederlo
Gianluca Vialli non c'è più da due giorni e continuano ad arrivare numerose le testimonianze di chi ha conosciuto e apprezzato l'uomo e il campione. Oggi il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha scritto una commovente lettera all'eterno ragazzo di Cremona, che così tanto ha contribuito al successo dell'Italia da dirigente accompagnatore negli ultimi Europei: "Caro Gianluca, tu sei la persona speciale che ha contribuito a rendere eccezionale un gruppo di persone normali. È stato il tuo carisma elegante, unitamente alla tua voglia di vivere e di vincere che infondevi a tutti, a rendere gli Azzurri, i tuoi Azzurri, Campioni d’Europa", si legge tra le tante cose belle scritte da numero uno del calcio italiano.
"A Wembley l’Italia è entrata nella storia anche e soprattutto grazie alla tua capacità di rendere migliori le persone che hai accanto con riflessioni mai banali, con domande curiose e consigli sussurrati. Un contributo e un patrimonio unici sia dal punto di vista umano che professionale. Per questo l'immagine che non riesco a togliermi dalla mente è molto più di un ricordo, è un lascito che sopravvive al dolore. È l'abbraccio con cui i tifosi italiani a Londra ti hanno salutato dopo il trionfo europeo del luglio 2021. Migliaia di braccia che ti hanno cinto ancora una volta e che non volevano più lasciarti andare via. Come oggi. Buon viaggio", ha concluso Gravina.
Un viaggio che ha vissuto le sue ultime tappe terrene nella clinica di Londra dove Gianluca era ricoverato da settimane, dopo che aveva comunicato l'abbandono del suo ruolo in Nazionale per poter dedicare tutte le sue risorse alla lotta contro il tumore al pancreas. Probabilmente in quel momento Vialli sapeva già che il suo destino era molto difficile da ribaltare e su di lui è calato il silenzio fino a quando il 6 gennaio la famiglia ne ha comunicato la morte "dopo cinque anni di malattia affrontata con coraggio e dignità".
Negli ultimi giorni in cui la vita gli stava sfuggendo tra le dita, il campione di Samp, Juve e Chelsea è stato circondato dall'amore della sua famiglia: la moglie e le due figlie, la mamma che era corsa a Londra per vederlo un'ultima volta assieme al fratello. Soltanto ad altre quattro persone è stato consentito di entrare nella stanza della clinica dove Vialli era ricoverato, quattro persone speciali per Luca, per le quali spendere il termine fratelli non è esagerato.
Di Roberto Mancini si sa – il CT dell'Italia gli ha fatto visita il 29 dicembre – ed anche di Massimo Mauro, che al TG1 ha raccontato l'ultimo incontro molto doloroso con un collega che era diventato amico vero: "Ho visto Gianluca 10 giorni fa a Londra ed era ormai in condizioni molto, molto critiche. È stato difficile avere una buona comunicazione. Ma, per 10 minuti ogni 2 ore, riusciva a essere lucido e allora abbiamo parlato della Juve, della Sampdoria, della fondazione (la ONLUS creata dai due nel 2003 per finanziare la ricerca sulla SLA e sul cancro, ndr), abbiamo parlato di quello di cui parlavamo. Per fortuna sono andato a Londra per salutarlo, lui me lo aveva chiesto ed è stato molto importante per me".
"Il pomeriggio che sono arrivato a Londra, svegliandosi, Luca mi chiese di fargli un massaggio e io ho preso il suo polpaccio e gliel'ho massaggiato, a quel punto mi ha guardato e mi ha detto: ‘Nonostante le mie condizioni, tu non avevi questi muscoli quando giocavi'. Ci siamo fatti una gran risata. Aveva capito in che condizioni si trovava, ma mi sembrava ugualmente sereno. Anche perché ha una famiglia straordinaria, due bimbe come Olivia e Sofia fantastiche, una moglie che è stata straordinaria accanto a lui in questi anni. L'unica cosa che non è riuscito a fare è stato il presidente della Sampdoria, società alla quale voleva trasmettere tutto il proprio sapere calcistico", è stato il ricordo di Mauro.
Oltre a Mancini e Mauro, gli altri due cui è stato consentito di vedere Vialli quando il male lo aveva ormai consumato quasi del tutto sono stati Nando, suo compagno d’infanzia a Cremona, e Riccardo Grande Stevens, conosciuto durante l'esperienza alla Juventus, di cui il padre Franzo è tuttora a 94 anni presidente onorario. Sono state solo queste quattro persone – svela Repubblica – quelle che hanno avuto titolo affettivo per dare di persona l'ultimo saluto a Luca quando ormai era chiaro che non ce l'avrebbe fatta.