Il contratto collettivo dei calciatori, da qui parte la battaglia legale di De Laurentiis
Una forma di ribellione. Una disobbedienza collettiva alle indicazioni della società. L'ammutinamento del Napoli dopo il pareggio contro il Salisburgo, l'opposizione alla permanenza in ritiro a Castelvolturno, rappresenta un episodio senza precedenti nella storia recente del calcio italiano. De Laurentiis ha annunciato che il Napoli procederà "a tutelare i propri diritti economici, patrimoniali, di immagine e disciplinari in ogni competente sede”. E minaccia epurazioni e cessioni illustri. Ma cosa rischiano i calciatori?
Il calciatore è un lavoratore dipendente
I calciatori professionisti sono inquadrati come lavoratori dipendenti dalla legge n. 91/1981. “La prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge” specifica l'articolo 3, tranne per forme di contratti che potremmo definire a gettone (per una singola manifestazione sportiva o più manifestazioni in un breve periodo), in caso di contratti part-time (non più 8 ore la settimana, o 15 giorni al mese, o 30 giorni all'anno), o in presenza di vincoli contrattuali “per ciò che riguarda la frequenza e sedute di preparazione o allenamento”. Dunque, come i lavoratori subordinati, anche il calciatore è tenuto all'obbligo di diligenza, fedeltà e riservatezza come previsto dagli articoli 2104 e 2105 del codice civile.
Cosa prevede il contratto collettivo dei calciatori
Obblighi che di fatto sono ripresi anche nell'articolo 10 del contratto collettivo dei calciatori professionisti, stipulato dalla Federazione Italiana Gioco Calcio con la Lega e l'Associazione Calciatori. “Il Calciatore deve adempiere all’osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite dalla società allo scopo di perseguire scopi agonistici” si legge nel primo comma.
L'ammutinamento collettivo dei calciatori del Napoli si pone potenzialmente in violazione di quattro commi dell'articolo dieci, compreso questo. “Il Calciatore deve evitare comportamenti tali che siano tali da arrecare pregiudizio all’immagine della Società” si legge al punto tre. E, come stabilisce al punto 6, “non ha diritto di interferire nelle scelte tecniche, gestionali e aziendali della Società”.
Il club, specifica poi il punto 4, può imporre, “prescrizioni attinenti al comportamento di vita del Calciatore”. Tali norme sono “legittime e vincolanti, previa accettazione delle stesse da parte del calciatore; accettazione che non potrà essere irragionevolmente rifiutata”. È una norma che estende i confini dell'obbligo di fedeltà oltre al divieto di commettere illecito sportivo o di intraprendere attività incompatibili con la carriera calcistica. Questa possibilità ha legittimato l'introduzione di codici di condotta, o di cosiddetti “codici etici” da parte delle squadre.
La posizione di De Laurentiis
Il presidente del Napoli, De Laurentiis, sembra intenzionato a portare avanti la contrapposizione con chi ha disobbedito alle scelte della società, non contribuendo certo a migliorare l'immagine del Napoli. L'intenzione, si legge sulla Gazzetta dello Sport, è di allontanare i capi della rivolta: Mertens e Callejon potrebbero partire a gennaio, Insigne e Ghoulam non sono certi di restare, così come Allan, Ghoulam o Hysaj. Se potesse, scrive Mimmo Malfitano, “in questo momento li venderebbe tutti”.
Così come furono venduti Bagni, Garella, Giordano, Ferrario che hanno manifestato una pubblica insoddisfazione verso l'allenatore Ottavio Bianchi. La stagione dello scudetto perso in rimonta contro il Milan di Sacchi si chiude con il comunicato che Garella legge, alle 12,10 dell'11 maggio 1988, ancora in accappatoio. “Premesso che siamo professionisti seri e che nessuno questo può negarlo, a seguito della situazione che si è venuta a creare, noi riteniamo giusto chiarire la nostra posizione. La squadra è sempre stata unita e l' unico problema è il rapporto mai esistito con l'allenatore, soprattutto nei momenti in cui la squadra ne aveva bisogno. Nonostante questo gravissimo problema, la squadra ha risposto sul campo sempre con la massima professionalità. Di questo problema la società era stata preventivamente informata".
La questione del ritiro punitivo
Stavolta, i calciatori hanno deciso di disattendere una decisione della società, sui cui peraltro anche Ancelotti si era pubblicamente mostrato in disaccordo. Una decisione che, secondo quanto dichiarato al Corriere dello Sport dall'avvocato Luca Ferrari, esperto di diritto sportivo a capo della sezione sportiva dello studio legale internazionale Withersworldwide, sarebbe stata presa “in modo arbitrario, con intenti che sembrano punitivi, (e questo) non è previsto dall’accordo collettivo”. Tuttavia, De Laurentiis aveva specificato che “il ritiro non è una punizione, ma un'occasione per conoscersi meglio".
Diversa la posizione dell'avvocato ed esperto di diritto sportivo Jean-Cristophe Cataliotti. Il potere direttivo dei club “si concretizza nello scegliere luoghi e orari di lavoro, quindi in questo caso il Napoli poteva decidere di portare tutti in ritiro a Castel Volturno” ha dichiarato a Sport Mediaset.
Le sanzioni previste dal contratto collettivo
Stando all'accordo collettivo, le sanzioni per gli inadempimenti sono proporzionali alla gravità dei comportamenti: si va dall'ammonizione scritta alla risoluzione del contratto. Possibile che il Napoli decida di multare i calciatori. Il contratto collettivo prevede una sanzione che può scattare in automatico, in misura non superiore al 5% dello stipendio mensile lordo: la società deve contestare il fatto per iscritto, sentire il calciatore entro i 5 giorni successivi e applicare la multa entro 20 giorni dalla conoscenza del fatto.
Ma c'è anche una seconda possibilità, ovvero l'attivazione di un procedimento davanti al Collegio Arbitrale per chiedere una multa che può arrivare al 25% dello stipendio lordo mensile. Una procedura complessa, nel caso specifico, perché sarebbe da rivolgere separatamente a tutti i singoli componenti, vista l'impossibilità di attivare un'azione legale collettiva.
Difficile, vista la quantità di calciatori coinvolti anche solo fra quelli considerati gli ideatori dell'ammutinamento, che il Napoli possa arrivare a escluderli temporaneamente dagli allenamenti o a rescindere il contratto con i calciatori. Più ragionevole che si attivi, come ha fatto capire di voler fare De Laurentiis, per cederli nelle prossime sessioni di calciomercato.