Gigi Buffon: “A 19 anni sconvolsi una giornalista russa, ma ero così. Oggi non rifarei certi errori”

Gigi Buffon a Fanpage.it ha ripercorso alcuni momenti della sua carriera tra storie conosciute e aneddoti meno noti: dagli inizi al paragone con Lev Yashin che ha fatto scandalizzare una giornalista russa, dal percorso con la Juventus e l’Italia al forte legame con Gigi Riva. Una carriera incredibile per un portiere incredibile.
A cura di Vito Lamorte
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Passione, imperfezione, dedizione. Sono queste le parole che Buffon utilizza di più e probabilmente sono quelle che hanno incarnato meglio il suo viaggio con guantoni e scarpette. Gigi non ha bisogno di presentazioni: è stato uno dei portieri più forti della storia e detentore di svariati record. Statistiche e numeri spaventosi. Una vera e propria icona del calcio italiano e mondiale, senza ombra di dubbio.

Ha fatto i suoi casini, Buffon, e in qualche caso è stato tirato in mezzo senza motivo; ma ha affrontato sempre tutto a testa alta. In campo e fuori. Ha avuto i suoi momenti di difficoltà, però è riuscito ad uscirne e li ha raccontati in un libro “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”, edito da Mondadori, nel quale emerge un lato intimo e personale che Buffon non aveva mai mostrato in precedenza.

L’attuale capo delegazione della Nazionale Italiana a Fanpage.it ha ripercorso alcuni momenti della sua carriera tra storie conosciute e aneddoti meno noti: dagli inizi al paragone con Lev Yashin che ha fatto scandalizzare una giornalista russa, dal percorso con la Juventus e l’Italia al forte legame con Gigi Riva. Una carriera incredibile per un portiere incredibile.

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‘Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi': più che una lezione verso le nuove generazioni sembra la testimonianza di un percorso, perché tutti possono avere dei momenti di difficoltà, anche i supereroi come Buffon? È un’interpretazione corretta o errata?
"Penso che sia corretta. Credo che, spesso e volentieri, chi ha un certo tipo di piglio nell'affrontare la vita; nel momento in cui cade se ne accorgono un po’ tutti perché fa un po’ più rumore e perché, come è normale che sia, non ha paura neanche dell’insuccesso o di mostrarsi più fragile o più debole di quello che realmente è. A livello esistenziale sono uno che ha fatto bene i conti col mondo e sta molto bene con se stesso. Io stimo tanto ma, allo stesso tempo, diffido di quei finti ‘perfettini' che nella vita non hanno commesso errori e si sono sempre comportati in maniera degna. Spesso accade che davanti alle quinte è così ma dietro non si sa. Certi errori che ho commesso non li rifarei più, molti penso di averli pagati più di quello che erano realmente ma, come dico sempre, in quel momento avevo bisogno di fare quello. Non rinnegare, non restaurare”.

Come si riesce a stare ad altissimi livelli per più di vent’anni attraversando ogni tipo di momento: dalla vittoria più bella al caos per vicende di campo o extra. In che modo si rimane sempre focalizzati al 100% sull’obiettivo?
"Io penso che le due peculiarità che ho avuto, che sotto certi aspetti mi piacciono di me, sono una grande passione e una grande dedizione al lavoro: perché lo ritengo una cosa seria, visto che si riverbera su tantissime altre persone. Forse soprattutto per questo. Poi sono uno che non si è mai preso sul serio, nel senso che sono molto autoironico, dissacrante e autodissacrante. Alla fine non mi sono sentito mai niente di speciale, anzi mi son sentito molto fortunato perché ho fatto diventare un sogno il mio lavoro. Perché la verità è che quando inizi a giocare, per fare quello che poi ho fatto io, daresti tu i soldi: la cosa che vien da ridere è quella, soprattuto perché molti si dimenticano dei pensieri che avevano da bambini e da ragazzi. Poi assumono un altro tipo di posizione e di figura che a me molte volte fa sorridere. Quindi per non voler essere così, sono l’opposto".

‘La passeggiata di Chagall' è un’opera d’arte legata ad un periodo preciso della vita di Buffon: perché si parla ancora troppo poco di depressione e di salute mentale nel mondo del calcio?
"Negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando e sta migliorando, che ci sia un discorso di apertura diverso rispetto a prima mi fa piacere perché questo vuol dire che persone che vivono quel malessere hanno la possibilità di poterlo condividere e questo è un peso che si porta insieme ad altri. La verità è che ognuno di noi è sempre impaurito dal giudizio degli altri e dal nostro mondo, dal doversi mostrare sempre e comunque perfetto, indistruttibile, intelligente, colto, che vai a messa tutte le domenica e che non bestemmi mai…".

Pochi giorni fa era l'anniversario della morte di Gigi Riva e ha pubblicato un post sui social a riguardo. Rombo di Tuono è un personaggio che torna spesso nella sua carriera: che rapporto avevate e cosa le è rimasto più impresso del suo modo di essere.
"Noi abbiamo creato quasi immediatamente questo tipo di empatia e di rapporto. Io vengo attratto da una figura come Gigi dai racconti dei miei genitori e dalla narrazione della sua vita, delle sue scelte almeno dal punto di vista economico, perché umanamente credo che gli sia convenuto rimanere a Cagliari. Lui ha dato tutto ai sardi, alla Sardegna e a Cagliari ma ha ricevuto anche un amore sconfinato. È stato ben ripagato. Io non mi permetto mai di giudicare le persone ma con Gigi penso di poterlo fare: alla fine eravamo abbastanza imperfetti tutti e due, perché nel concreto abbiamo avuto degli atteggiamenti o esempi non precisi in qualche caso; ma nelle cose importanti, nelle quali tutti o la maggior parte si vendono, che riguardano spesso e volentieri la parte economica, noi abbiamo mandato a fare in c**o tutti. Quello lì è un senso di libertà, coraggio, che un po' ci accomuna. Ma riconosco, allo stesso tempo, che io davanti a Gigi Riva posso solo arrossire“.

Proprio alla figura di Riva è legato un episodio della vicenda delle scommesse a cui era stato accostato…
"Ti dico la verità, io gli ho detto due cose: la prima gli faccio ‘Gigione, ci sono dentro fino al collo’. E questo ti fa capire chi sono io, perché nel momento in cui tutti ti strattonano, ti tirano, gogna mediatica… io dico questa cosa e vedo lui che diventa bianco. Dopo dieci minuti, mentre parlavamo in macchina, gli dico: ‘Gigi, ma ci conosciamo e siamo amici o facciamo finta di esserlo? Non abbiamo bisogno di dircele certe cose’. In quel momento lui si stizzì, perché probabilmente era un discorso che avrebbe voluto fare lui a qualcun altro".

C’è una partita che Gigi Buffon vorrebbe rigiocare e una cosa, di campo, che non rifarebbe della sua carriera?
"No, ti dico di no. Quelle che ho vinto, le ho meritate, e quelle che ho perso, penso di non aver fatto abbastanza. Mi sta bene così. Nell’arco di 29 stagioni penso che sia una cosa abbastanza normale che si susseguano vittorie, sconfitte, grandi delusioni… probabilmente le delusioni sono quei ricordi che ti restano di più dentro e ti costringono ad andare nel profondo della situazione e vivisezionarla. Dalle sconfitte e dalle bocciature ne esci migliore se sei bravo".

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A proposito di sconfitte. Dopo la finale di Cardiff si è parlato di questa presunta discussione nello spogliatoio della Juve: tutti hanno smentito ma io volevo chiedere a Buffon, chi e perché avrebbero messo in giro questo retroscena. È tutto frutto della sconfitta o c’è dell’altro?
"Devo dire la verità, questa cosa qua me la sono chiesta anche io. Di solito c’è sempre un motivo. Noi pareggiamo con la Svezia agli Europei del 2004 e siam quasi fuori: appena entriamo negli spogliatoi esce la notizia che io e Vieri ci siamo menati. In quel momento io e Bobo iniziamo a ridere e capiamo che ci tocca fare la parte degli scemi. Lui poi in conferenza stampa fa un disastro (ride, ndr). In quel momento lì (dopo Cardiff, ndr), in effetti, non ci sarebbe stato un motivo se non quello di dare al pubblico juventino una motivazione con chi incazzarsi. Il secondo tempo della partita era stato talmente squilibrato che sarebbe rimasta solo la desolazione della sconfitta, se invece sai che ci sono dei retroscena, questi ti danno possibilità di incazzarti e di tirare fuori un po’ di rabbia, che non è solo desolazione e sconforto ma è una reazione. Mi piace pensare quello".

Il rimpianto più grande di Gianluigi Buffon è la Champions League o il Pallone d’Oro?
"Penso che quello che ho avuto, l’ho meritato, e quello che non ho avuto, non l’ho meritato. Di conseguenza non ho nessun tipo di rimpianto, anche perché averne vuol dire non avere rispetto nei confronti di chi ha trionfato: in questo caso di un amico come Cannavaro o di una squadra forte come il Barcellona, Real o Milan… la verità è che io ho giocato fino a 45 anni con l’idea di poter vincere la Champions League e il Pallone d’Oro, anche se giocavo in Serie B".

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Riavvolgendo tutto il film della carriera, il 19 novembre 1995 Gigi Buffon pensava di entrare nel pantheon del calcio mondiale?
"Se me lo chiedi nel ’95, ti dico di sì. Quando ero ragazzo avevo un’esuberanza tale che se mi avessero chiesto ‘Diventi presidente degli Stati Uniti’?, io gli avrei risposto ‘Probabile’. È una cosa che non mi avrebbe fatto paura. Ricordo ancora un giudizio dopo la partita di Champions League contro il Borussia Dortmund, quando parai due rigori, e un giornalista scrisse ‘Se Buffon dovesse diventare presidente degli USA, Batman… non mi sorprenderei’. E io lo pensavo veramente".

Un esempio?
"La sera prima di esordire con la Nazionale in Russia ricordo che, mentre eravamo in ritiro, una giornalista mi chiese se poteva intervistarmi: io le dissi di sì nonostante non avessi mai giocato ancora. All’epoca i rapporti con la stampa erano molto diversi rispetto ad oggi. Lei mi disse che si parlava molto bene di me e usò questa frase: ‘Quasi tutti sono convinti che dopo Yashin tu sarai il più grande portiere’. La mia risposta fu questa: ‘Ma chi ti ha detto che io valgo meno di Yashin?'. Questo era un modo per rompere determinati schemi e alcune cose che a me stanno sulle scatole: al 99.9% io valgo meno di Yashin però tu non mi hai ancora visto, ho appena iniziato la carriera ma come fa a dire che sarò meno… lasciami esprimere e poi vedremo. Quando risposi così, lei rimase quasi scandalizzata ma in quel mio essere dissacrante, fuori dagli schemi, c’era anche una voglia di verità e di sfuggire ai paragoni ad appena 18 anni. Avevo appena iniziato la mia carriera, non potevo sapere cosa sarei diventato".

Ricorda cosa ha fatto con il primo stipendio da calciatore? Se una follia, o un regalo per qualcuno…
"I miei primi stipendi da calciatore, siccome avevo 17 anni, andavano sul conto dei miei e me li gestivano loro. Mi sono ritrovato con un patrimonio immobiliare infinito. Devo dire meno male, perché a quell’età lì avrei potuto fare dei disastri. Un’altra mia fortuna è che in quel periodo non ci fossero i social, perché sono certo che avrei avuto 800 miliardi di follower ma avrei combinato dei danni".

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Come sono oggi le giornate di Gigi Buffon quando non è preso dagli impegni in Nazionale?
"In questi giorni ho finito un corso intensivo di inglese di 7 ore. Arrivavo a casa e avevo la testa che mi scoppiava. In molti già hanno detto questa cosa, ma nella vita da ragazzo bisognerebbe avere la maturità che si ha da grande e viceversa. Perché poi mi accorgo, soprattuto da quando ho smesso di giocare, di aver fatto tante cose che non riguardano il calcio e che mi piacciono tanto. Sento che sono conoscenze e che mi migliorano. La cultura ti fa stare meglio, ti dà molte più armi per stare in mezzo agli altri e confrontarti con il mondo".

Parliamo un po' di Serie A? Che campionato sta vedendo?
"Un campionato di buon livello, con qualche novità. Come dissi a giugno, prendendomi qualche rischio, che il Napoli con Conte arriva primo o secondo: lo ribadii a tutti e questa è la mia più grande soddisfazione. Quando si è nel calcio bisogna anche dirle prima le cose, non solo dopo, anche con il rischio di fare figure del cavolo. Per me il Napoli non è una sorpresa ma immaginavo che il percorso potesse essere proprio questo. L’Inter è fortissima e ha raggiunto un livello di calcio eccezionale: devo dire che Inzaghi ha un grande merito ed è molto sottovalutato. L’Atalanta è la squadra che si guarda con più entusiasmo. Poi c’è la Juve che è in un laboratorio ma ho la percezione che sia un po’ come quelle bottiglie che dopo averle sbattute, poi salta il tappo e può fare un buon rush finale".

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Antonio Conte è stato molto importante per Buffon dopo il suo arrivo alla Juve: che cos’ha in più rispetto agli altri allenatori?
"Innanzitutto è stato mio compagno di squadra e il mio capitano, quindi ho una conoscenza molto profonda. Poi ti prende l’anima e ti convince con la sua determinazione, con la sua chiarezza. È forte. Ci sono delle persone che hanno qualcosa di speciale e lui è uno di questi “.

L’Italia continua a sfornare portieri fortissimi ma è un periodo in cui siamo a corto di attaccanti di primo livello: da uomo di campo qual è il suo punto di vista. L'ex CT Roberto Mancini disse che manca il talento perché non si gioca più per strada: è davvero questo il problema?
"Io penso che non sia vero che non abbiamo attaccanti perché gente come Retegui, Scamacca, Kean… secondo me sono giocatori di livello molto importante. Al di là di questo momento storico, che per me non è deficitario, io credo che se li abbiamo avuti è perché il prodotto finito su cui potevamo contare non sia stato lavorato bene nella filiera. Non è possibile pensare che in una nazione di tradizione calcistica popolare come l’Italia non escano più giocatori di un certo livello e con certe caratteristiche: siamo 60 milioni. Se prendiamo l’Uruguay, che sono due milioni, o la Slovenia; continuano a sfornare giocatore e ad andare ai Mondiali. Significa che qualche buco c’è nel nostro percorso di filiera e bisogna individuare quale".

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Domanda al capo delegazione della Nazionale: l’Italia andrà ai Mondiali del 2026?
"Se l’Italia dimostrerà di essere quella vista tra settembre e dicembre, con quel tipo di crescita, di unione, di compattezza, di volontà, voglia di stupire e rispondere alle critiche… l’Italia ci andrà ai Mondiali, di questo ne sono sicuro. Anche perché, ne sono convinto e lo dissi il giorno dopo l’eliminazione dagli Europei, quando non sapevo nemmeno se rimanevo: secondo me siamo forti. E sono sicuro di questo. Sono convinto che abbiamo una squadra di giocatori molto forti. In questo ci sono tanti meriti anche del CT, per come Spalletti è riuscito a farli esprimere in quel modo e creare un clima di collaborazione: ma riesci a fare questo quando il prodotto è di un certo livello. Con la Francia o altre partite non le vinci”.

In realtà, la penso allo stesso modo. Non siamo così scarsi così come molti commentatori e opinionisti ci hanno dipinto però l'eliminazione agli Europei è ancora un nervo scoperto: contro la Svizzera è la prestazione in sé che fa più ‘rabbia’, non tanto l'essere usciti. Si può uscire, ma ci sono modi e modi.
"Per fare una prestazione, o delle prestazioni così, sicuramente abbiamo sbagliato qualcosa. Ma, realmente, io mi ci metto per primo, o per quinto sennò mi dò troppa importanza… ma giocatori, allenatore, staff, presidente e il sottoscritto abbiamo sbagliato. Non si può uscire in quel modo. Puoi uscire, ma non in quel modo".

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“Gigi è un grandissimo, peccato solo non mi citi mai in pubblico”: che rapporto ha con Lorenzo Buffon, cugino di suo nonno?
"Lui è stato un grandissimo portiere e abbiamo un buon rapporto. Ci siamo visti qualche anno fa, quando andai a giocare a Udine e ci facemmo una foto insieme dopo aver scambiato qualche parola. Lui è cugino di mio nonno, per cui aveva un grande rapporto con lui e con mio padre: da piccolo mi portavano tutti gli scudettini del Milan ed è una persona alla quale voglio bene. Magari direttamente non ci sentiamo per una differenza di età che parte già da quando ero bimbo io, lui si è sempre relazionato con mio padre o con i cugini che vivono lì a Udine; ma quando ci vediamo stiamo insieme come due familiari".

Ha fatto riferimento a suo padre, ovvero la persona che che ha cambiato la vita, sportiva e non, di Buffon spostandolo in porta dal centrocampo…
"Lui mi spingeva a provare, non mi ha mai costretto, ma ogni tanto me la buttava là… ‘Ma perché non provi a fare il portiere?’. Mi raccontava storie di portieri e alla fine ci riuscì in concomitanza con il Mondiale del 1990. Da lì l’infatuazione per N'Kono, dopo quella per Zoff e Paolo Rossi nel 1982. Il Camerun ai Mondiali di Spagna mi piaceva e quando ero piccolo io le squadre di quei continenti sembravano sempre delle cenerentole: quindi tifavo per i più deboli. Così come ho tifato per il Pescara, il Campobasso, l’Avellino, il Pisa… perché mi piaceva che la storia cambiasse e non vincessero sempre gli stessi“.

Per Gigi Buffon, in questo momento, quali sono i migliori portieri italiani?
"I tre che sono in Nazionale, Donnarumma-Vicario-Meret, più Carnesecchi: questi sono i migliori. Quei quatto nel giro azzurro sono quelli che hanno ancora delle cartucce e dei margini di miglioramento per poter diventare dei veri e propri riferimenti. Poi ce n’è uno che mi piace e che attendo con piacere: si tratta di Caprile. Ho avuto la fortuna di giocarci contro quando era a Bari e c’ho visto qualcosa di bello, di speciale. Mi auguro che possa confermare quello che era la mia sensazione".

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