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Diego Armando Maradona morto a 60 anni

Gianni Di Marzio racconta Maradona a Fanpage.it: “I 15 minuti in cui capii che era un fenomeno”

Gianni Di Marzio è stato l’uomo che ha scoperto Diego Armando Maradona e che voleva portarlo in Italia già nel 1978, ben sei anni prima del suo approdo al Napoli. Ai microfoni di Fanpage.it l’ex allenatore partenopeo ha parlato del suo viaggio in Argentina nell’estate del Mondiale, della prima volta che lo vide giocare e del suo rapporto con il Pibe de Oro: “Maradona è sempre stato una divinità ma era un campione anche dentro, nell’animo”.
A cura di Vito Lamorte
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Diego Armando Maradona approdò in Italia nell’estate del 1984 ma poteva arrivarci molto tempo prima. Gianni Di Marzio, ex allenatore del Napoli e del Catanzaro, volevo vestirlo d’azzurro già nell’estate del 1978 ma Corrado Ferlaino non ne volle sapere. L’ex tecnico napoletano è stato il primo a scovare il talento del Pibe de Oro durante un viaggio in Argentina nel 1978 e lo racconta così ai microfoni di Fanpage.it: "Io ho scoperto tanti calciatori che poi sono diventati dei campioni ma con Diego fu assolutamente diverso. L’ho visto da ragazzino a 16 anni, la stessa età di quando vidi Cristiano Ronaldo per la prima volta, ma Maradona era un’altra cosa. Diego l’ho frequentato, sono andato a casa sua a Villa Fiorito, in una favela malmessa; perché non si era presentato a questo raduno che aveva preparato per me Settimio Aloisio, un ingegnere italiano di Aiello Calabro trapiantato in Argentina. Era arrabbiato a morte con il ct Menotti perché lo aveva messo nella lista dei 40 e non nei 20 per il Mondiale del 1978 e non voleva giocare".

Da qui inizia la magia: "In un quarto d’ora fece tre gol e chiesi ad Aloisio di farlo uscire, corsi negli spogliatoi per farlo firmare subito un contratto in bianco, visto che ero insieme ad alcuni giornalisti e uno era molto amico del presidente della Lazio Lenzini. Questo ingegnere mi portò a vedere tutti i giorni partite e il giorno che lasciai Buenos Aires mi disse ‘No te olvides de Diego, mister’. Quando sono tornato in Italia gli ho mandato la maglia numero 10 e altre cose che mi aveva chiesto. Poi sono andato a vederlo nella rivincita della finale del 1978 a Ginevra: si era fatto male Kempes e giocò titolare, lo marcò Neeskens. Dopo la partita ci vedemmo, lasciò tutti e passammo del tempo insieme. Si è comportato sempre benissimo con me”.

Maradona è morto ieri all’età di 60 anni ma rimarrà per sempre nell’immaginario di tutti gli appassionati di calcio, e non. El Pibe de Oro è stato molto di più di un semplice calciatore ma Gianni Di Marzio ci racconta qual è stato il suo rapporto con Diego: “Maradona è sempre stato una divinità ma è stata anche l’unica persona che ha avuto riconoscenza in tutte le mie esperienze calcistiche. Io nel calcio ho cercato di aiutare, di fare tutto con sentimento e passione ma non tutti si comportano allo stesso modo. Tanti neppure si ricordano un messaggio a Natale o in una ricorrenza invece Diego mi ha sempre ringraziato e non c’era trasmissione tv in cui non mi nominasse. La dimostrazione che uno è un campione anche dentro, nell’animo. Io lo sentivo spesso, siamo sempre stati in contatto e si è comportato bene con me e la mia famiglia“.

Di Marzio conosce bene la città partenopea e sa cosa vuol dire Diego per il capoluogo campano ma è convinto che non sia stato fatto abbastanza per proteggerlo: “Se veniva quando stavo io al Napoli avrei evitato alcune cose. Napoli è una città pericolosa sotto molti aspetti. Lui quando stava a Barcellona aveva detto di voler venire a Napoli per le cose che gli avevano raccontato Di Marzio e Omar Sivori, che voleva portarlo alla Juve e io lo avevo anticipato ma non potevo mettermi in competizione con lui. Diego è stata una slot machine per tutti e andava protetto meglio. Io quando l’ho visto in Argentina lui frequentava una farmacia di un certo dottor Trotta e si comportava sempre benissimo. Era un ragazzo che veniva da un mondo difficile e andava aiutato, doveva avere delle guide. Lui aveva zoppicato già a Barcellona ma a Napoli era arrivato sostanzialmente pulito e lì bisognava creargli una cortina intorno. Questo non è stato fatto, purtroppo, e ciò che è stato dopo lo conosciamo tutti. Non è stato consigliato bene in molti momenti”.   

Infine una considerazione. Dopo l’ondata emozionale delle prime ore dopo la morte, adesso è il momento di chi enfatizza la distinzione tra Maradona uomo e uno del calciatore ma l’ex allenatore che ha vinto due Seminatori d’oro liquida così la questione: “Maradona era prigioniero della sua divinità e della sua notorietà mentre queste persone sono prigioniere solo di loro stesse”.

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