Gianni De Biasi: “Ho girato il mondo per trovare calciatori da Albania, in Italia non allenerò più”
Italia-Albania è la partita che aprirà ufficialmente gli Europei 2024 degli Azzurri inseriti nel girone B con Spagna e Croazia. Una sfida che sulla carta può sembrare semplice per la Nazionale di Spalletti ma che invece nasconde tante insidie. Non c'è da fidarsi di questa Albania portata alla fase a gironi degli Europei da Silvinho e che negli anni ha avuto una crescita esponenziale sotto tutti i punti di visti anche grazie ad allenatori italiani, come Gianni De Biasi. Il tecnico di Sarmede, intervistato da Fanpage.it, è stato infatti Ct dell'Albania dal 2011 al 2017 contribuendo alla ricostruzione della Nazionale.
"Quando sono arrivato l'Albania era all'83esimo posto nel ranking Fifa e io l'ho portata a raggiungere il 22esimo, solo 6 posizioni dietro l'Italia". De Biasi, che in Italia è noto per aver allenato, fra le tante, anche Modena, Brescia, Torino e Udinese ricorda ancora il lavoro fatto per arrivare a questo risultato: "Ho fatto milioni e milioni di viaggi per incontrare e parlare con i giocatori". L'allenatore ha puntato tutto sulle motivazioni dei vari calciatori che da lì a poco avrebbero fatto parte della Nazionale: "Ho seguito il modello Gianni De Biasi".
De Biasi, cosa non sa l’Italia del calcio in Albania?
"Nulla, sanno tutto perché ormai non può sfuggire niente. I giocatori per la maggior parte giocano in Serie A, altri in Premier, in Liga e Bundesliga. Ormai di sconosciuti non ce ne sono".
È stato sulla panchina dell'Albania per un quinquennio.
"Ho fatto 5 anni ed ero arrivato a un punto in cui pensavo che non ci fosse margine di miglioramento, poi in realtà dopo 2-3 anni sono arrivati nuovi giocatori".
Ha rimpianti?
"Oggi alcuni giocano nell'Inter, come Asllani, forse avrei fatto meglio ad aspettare un attimo (ride, ndr). I calciatori che giocano adesso quando c'ero io avevano 18-19 anni ma non erano ancora pronti".
È stato tra gli artefici della crescita del calcio in Albania, cosa ha trovato quando è arrivato?
"Quando sono arrivato l'Albania era all'83esimo posto nel ranking FIFA e io l'ho portata a raggiungere il 22esimo, solo sei posizioni dietro l'Italia. C'era una situazione in divenire con tanti giocatori che stavano lasciando e io ho dovuto iniziare un cammino nuovo".
C’è un giocatore che l’ha colpita particolarmente nel corso di questi anni?
"Djimsiti è la sorpresa più grande, anche se io l'avevo già chiamato. Ma ha fatto una crescita incredibile".
In quanti Paesi è stato per visionare in questi anni i calciatori albanesi sparsi nel mondo?
"Ho fatto milioni e milioni di viaggi per incontrare e parlare con i giocatori cercando di capire anche le loro ambizioni e motivazioni, se potessero essere importanti per la Nazionale".
Ha cercato di seguire il modello di calcio italiano in Albania?
"No, io ho seguito il modello Gianni De Biasi. Facevo leva sui valori personali al di là degli aspetti tecnici, puntavo tutto su una mentalità vincente e gli avevo promesso che se mi avessero seguito sarebbero andati lontano".
Decise di andare via dall’Italia perché si sentiva troppo sul piedistallo. Ci spiega in che senso?
"Sentivo che il ruolo dell'allenatore non era centrale al progetto. Dobbiamo valorizzare di più il lavoro dell'allenatore in Italia perché oggi alle prime due sconfitte sei messo in discussione e alla terza ci mandano via. Credo che non abbiamo capito nulla di come funzioni questo mondo".
Quali sono secondo lei le possibilità dell'Albania?
"Io credo che onestamente sul piano della bilancia l'Albania sia la quarta di questo gruppo. Poi penso che Spagna, Italia e Croazia siano più o meno sullo stesso livello".
Silvinho si è detto felice di non dover affrontare l’Italia di Mancini. In cosa si differenziano gli azzurri del 2021 da quelli di Spalletti?
"Silvinho non vuole giocare contro Mancini perché ha lavorato con lui. Ma credo che non ci siano grandissime differenze, in questo momento non le vedo. Mi dà fiducia però che l'Italia quando non è favorita ha dei grandi vantaggi".
Scamacca può essere l'elemento in più?
"Ha potenzialità che deve provare a esprimere anche in un contesto diverso dall'Atalanta, indubbiamente ha qualche buona qualità, il problema principale è che deve farle vedere con maggiore continuità".
Tornando a lei. Ha scelto l’Alaves come suo ultimo club e poi l’Azerbaigian, nel suo futuro vede un’altra Nazionale?
"Se ce ne fosse l'occasione preferirei una Nazionale che mi possa dare una possibilità di arrivare da qualche parte, altrimenti anche un club magari fuori dall'Italia, perché credo che in Italia non lavorerò più".
Ha avuto la fortuna di allenare Roberto Baggio al Brescia, che ricordo conserva di lui?
"Il calciatore più forte che abbia mai allenato e che mai allenerò. Roby era l'essenza del calcio, era bello da vedere e da provare a interpretare. Lui aveva una visione diversa nelle giocate, nello sviluppo offensivo".
Che calciatore era?
"Era un giocatore straordinario, e nonostante fosse all'ultimo anno della sua carriera in cui aveva più dolori che gioie dal punto di vista fisico, era innamorato del gioco del calcio. Avrei preferito lanciarlo nel calcio che sostituirlo nella sua ultima partita della carriera (sorride, ndr)".
Come si spiegano gli ottimi risultati delle Nazionali giovanili italiane? Cosa è cambiato?
"Io ho fiducia nel futuro, bisogna lavorare con continuità e non farsi abbattere alla prima difficoltà. C'è un progetto alla base e io credo che il problema principale in Italia sia quello di avere più coraggio a lanciare i giovani senza timori di bruciarli".
Avrebbe portato Camarda agli Europei con Yamal con la Spagna?
"Ha giocato pochissimo in Serie A, mi sembra esagerato perché non possiamo mettere sulle spalle di un ragazzo una responsabilità così grande non avendo giocato molto in campionato".
Un pronostico sulla fase a gironi di Albania e Italia?
"Spero che entrambe possano passare, ma il cammino dell'Albania è un po' più difficile di quello dell'Italia".