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Genoa, Preziosi nel mirino della Procura: sapeva della minacce a Izzo ma non le denunciò

Il patron del Genoa dovrà rispondere davanti al giudice, per aver inizialmente negato di essere a conoscenza del tentativo di aggressione di alcuni ultrà nei confronti dell’ex difensore rossoblù. Tra i capi d’imputazione mossi al presidente del Grifone, anche quello di aver pagato 50mila euro alla tifoseria genoana ‘in cambio della pace sociale”.
A cura di Alberto Pucci
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Mentre la sua squadra è impegnata nella difficile lotta per non retrocedere, Enrico Preziosi si trova nella delicata posizione di doversi difendere dalle accuse di falsa testimonianza nell'ambito dell'inchiesta che ha portato, nei giorni scorsi, all'arresto tre leader storici della gradinata Nord del Genoa: Massimo Leopizzi, Fabrizio Fileni e Artur Marashi. La vicenda risale al 2017 e alle minacce di alcuni ultrà nei confronti dell'allora difensore rossoblù Armando Izzo, e al presunto pagamento di Preziosi alla tifoseria genoana di 50mila euro ‘in cambio della pace sociale".

Il numero uno del club, successivamente interrogato in Procura sull'episodio, negò categoricamente di essere a conoscenza delle intimidazioni e smentì il versamento di denaro a favore degli ultrà. Secondo il quotidiano ligure ‘Il Secolo XIX', che ha rivelato parte delle intercettazioni e dei verbali del tribunale, il presidente, invece, non solo era a conoscenza ma avrebbe anche ammesso il pagamento in un colloquio telefonico come hanno dimostrato i pm Francesco Pinto e Francesca Rombolà.

La telefonata di Preziosi

"Io accetto democraticamente qualsiasi forma di contestazione, non che qualcuno tocchi un mio dipendente o la mia squadra", ha affermato Preziosi in una telefonata a Davide Traverso: uno dei tifosi indagati e puniti con l’obbligo di dimora a Genova. "Izzo era in un ristorante, gli hanno rotto i c… in 15 di cui 10 ultrà… Io metto tutte le cose in piazza, perché ho prove di tutto, di’ a Massimo, a Marco e al signor Davide, io comincio a reagire – ha aggiunto Preziosi – Io sono stato bravo, ci ho messo sempre cinquanta milioni in questa società… Adesso, visto che voi mi contesterete… tutto il resto… chi sono i fautori di tutto… No, no… ho prove, ho prove! Eh certo! Ho prove audio! …Allora io adesso vi spiego, chi è Davide Traverso, chi è Massimo, chi è Marco, perché mi sono rotto i c…!!".

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L'analisi del giudice

"La conversazione è di particolare interesse perché, oltre a dimostrare che il presidente ritiene l’interlocutore appartenente allo stesso gruppo di Leopizzi («Massimo») e Pellizzari («Marco»), e che ha avuto contatti con loro di cui conserva la registrazione, documenta che lo stesso Preziosi sa dell’intimidazione ai danni di Izzo e non l’ha denunciata alle autorità – ha spiegato il giudice Massimo Cusatti – Ed è significativo che lo stesso Preziosi, sentito dal pubblico ministero il 24 maggio 2017, abbia risposto negativamente alla richiesta di riferire se fosse a conoscenza d’intimidazioni e contestazioni realizzate da ultras ai danni di calciatori del Genoa". Il club rossoblù si è dichiarato estraneo ai fatti sin dall'inizio, e ha spiegato di non aver mai pagato i tifosi e di aver descritto con chiarezza quegli episodi nell'audizione alla Commissione parlamentare antimafia del giugno 2017.

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