Gargano a Fanpage: “Preferirò sempre il Napoli all’Inter, ma quella frase sulla PlayStation…”
Scrutando, seppur via videochiamata, l'espressione viva di Walter Gargano quando si parla del Napoli, è palese l'attaccamento dell'attuale giocatore del Peñarol alla realtà partenopea, come dimostra la sua voglia di esprimersi addirittura in dialetto napoletano. Il mediano uruguaiano parla in esclusiva a Fanpage.it partendo proprio dallo scontro di questo week end tra Napoli e Inter, sue ex squadre.
È uno scontro tra due formazioni in forma.
"Per il Napoli, squadra per la quale batte il mio cuore, sarà durissima. Ma devono provarci perché è ancora possibile riuscire a ottenere una qualificazione in Champions League, qualcosa di fondamentale a livello sportivo ed economico. E poi l'Inter ha molto vantaggio, anche se è chiaro che Conte non vorrà certamente lasciare nulla al caso".
Lei a Napoli ha vissuto tanti anni…
"Indimenticabili. Vorrei tanto che tornassero in Champions per, quando sarà possibile, riempire di nuovo quello stadio unico che oggi si chiama Diego Armando Maradona. Credo che qualsiasi giocatore di calcio debba vivere almeno un anno al Napoli per poter giocare con quella tifoseria. Per me è stata un'esperienza impressionante. Il rumore assordante dei tifosi ti avvertiva addirittura prima che qualcuno arrivasse a marcarti. E credo che quest'anno il Napoli abbia perso molto senza il proprio pubblico".
In Uruguay, però, neanche scherzano in quanto a passione.
"È vero. Metto i napoletani e gli uruguaiani sullo stesso livello da questo punto di vista. Anche noi oggi al Peñarol sentiamo la mancanza dei tifosi allo stadio. Napoli, del resto, è molto simile al Sudamerica".
Lei arrivò nell'estate del 2007 insieme a Marek Hamsik ed Ezequiel Lavezzi.
"E la squadra era appena risalita dalla Serie B. Ci toccò vivere un'epoca strepitosa per l'entusiasmo che c'era in città. Rivaleggiare con la Juventus, che battemmo al primo scontro diretto, fu bellissimo. Fu un periodo bellissimo, ancora di più perché lo condivisi con gente stupenda come Marek ed Ezequiel".
Che ricordi ha di entrambi?
"Credo che Hamsik sia il centrocampista più completo che io abbia mai visto. Tirava benissimo con entrambi i piedi, una qualità rara, oltre a saper interpretare benissimo il gioco box to box. Mi ricorda molto Arturo Vidal ma all'europea, per la diversità di carattere. Ogni allenatore che ho avuto mi ha detto che avrebbe voluto undici Hamsik in campo. Per quanto riguarda Lavezzi parliamo di un grande giocatore e di un amico con il quale ho condiviso molte cose a Napoli".
Nel vostro gruppo di sudamericani chi faceva l'asado?
(Ride). "In realtà nessuno di noi, ma c'era un amico di Marcelo (Zalayeta) che ci faceva anche da autista e da cuoco. Ogni occasione di convivenza ci ha aiutato molto in quella prima fase a Napoli".
A Napoli ha vissuto tre periodi importanti agli ordini prima di Reja, poi di Mazzarri e poi di Benitez.
"E non va dimenticato Donadoni! Credo che il suo arrivo non fu ben visto perché veniva dal Nord, un po' come mi è sembrato sia accaduto con Gattuso, il quale però ha fatto molto bene. Tutti questi allenatori mi hanno insegnato tanto, ma Rafa (Benitez) è quello che più mi ha fatto migliorare a livello tecnico. Reja e Mazzarri sono due bellissime persone, ma Benitez aveva qualcosa di diverso, sapeva come prenderti, come rivolgersi ai giornalisti, ti entrava nel cuore quando ti parlava".
Con Reja visse il primo momento di boom, segnando anche quel gol alla Juventus…
"Quel gol fu un'emozione unica. Stavamo perdendo e con quel gol demmo inizio alla rimonta. È un momento che mi resterà per sempre nella memoria, come le grandi nottate di Champions League".
Oltre a quella partita, quale altra ricorda con particolare emozione?
"Il 3-3 in rimonta a Bucarest contro la Steaua in Europa League. Eravamo arrivati allo stadio addormentati e andammo sotto 3-0 in pochi minuti. Poi i tifosi ci diedero la spinta. Ricordo che sugli spalti avevano iniziato a giocare la loro partita, scontrandosi con la polizia e accendendo vari fumogeni. Quel comportamento ci diede un impulso enorme per rimontare. I tifosi del Napoli quando sono in trasferta sono incredibili!".
Lei giocò sia la Supercoppa del 2012, persa a Pechino, sia la rivincita del 2014…
"Uff, a Pechino è stata una partita incredibile. Non si capiva perché l'arbitro ammonisse ed espellesse in quel modo. Fu un peccato, perché eravamo riusciti a recuperare lo svantaggio. Quella partita resterà per sempre nella storia. Per me ci fu la presenza di una mano nera…".
Due anni dopo a Doha fu diverso.
"In quell'occasione ci siamo tolti una grossa spina dal fianco. Vincere quella Supercoppa fu importante, soprattutto per me, che ero tornato in azzurro da poco ed ero spesso criticato dai tifosi. Ma alla fine le critiche mi hanno aiutato a fare ancora meglio. Benitez aveva scommesso su di me e mi sentivo motivato a far bene".
Lei segnò anche uno dei rigori…
"Fu il sesto. Un anno e mezzo prima, durante la Confederations in Brasile, Buffon me l'aveva parato! Di solito i rigori li tiravo sempre alla destra del portiere, come accadde in Brasile. Ma in quell'occasione qualcosa mi fece cambiare idea alla fine e tirai alla sua sinistra, spiazzando Buffon, che dopo imprecò dicendo ‘Lo sapevo c***o, lo sapevo'. Fu una decisione di un secondo che si rivelò fondamentale. Sono quei momenti che cambiano il destino".
Chi ricorda con più affetto dei suoi compagni in azzurro?
"Tantissimi. Della prima epoca ricordo gente come il Pampa Sosa e il capitano Montervino, con il quale ebbi anche uno scontro in allenamento, ma quelle sono cose che restano lì e non vanno oltre, sono normali nel calcio. E poi Gianluca Grava, un guerriero, una personalità da leader, in campo si trasformava, mentre nello spogliatoio ci metteva sempre a suo agio con battute divertenti".
Ha giocato anche con Mertens, che ha battuto il record di gol di Maradona e di Hamsik.
"Per Marek è stato un grande traguardo soprattutto perché lui giocava da centrocampista. Hamsik, e non lo dico perché è mio cognato, ha fatto grandissime cose per il Napoli, rifiutando offerte di grandi club per restare in azzurro, un po' come fece a suo tempo Maradona, e guardate cosa e quanto ha vinto negli anni in cui ha giocato in azzurro. Di Dries ricorderò sempre le abilità tecniche ma anche che una volta in allenamento ci scontrammo e mi lasciò un bel ricordo nell'arcata sopraccigliare destra con una gomitata involontaria. In quel momento mi ritirai dall'allenamento incavolato nero con lui, ma anche lì passò in fretta e ancora oggi, che siamo in contatto, glielo ricordo sempre con affetto e ci scherziamo su".
Immagino che lei segua ancora molto il Napoli.
"Assolutamente, e parlo spesso con Mertens, Koulibaly e Insigne".
Si è pentito di quella frase che disse quando andò in prestito all'Inter, dicendo che era un sogno perché era la squadra che prendeva da piccolo alla Playstation?
(Ride). "No, anche perché era vero, perché avrei dovuto mentire? Ricordo che era la Playstation 1 ed ero adolescente. Nei primi giochi le squadre più forti erano l'Inter e il Real Madrid. Nell'Inter poi c'era Recoba e quindi la usavo spesso, così come usavo il Real per mettere Roberto Carlos centravanti e vincere grazie alla sua velocità (ride). In quell'occasione per me fu dunque un sogno andare all'Inter, una squadra che prima avevo conosciuto solo virtualmente. Mi rendo conto che in un primo momento quelle dichiarazioni mi si siano ritorte contro, ma non smetterò mai di essere grato ai tifosi azzurri per quanto mi hanno dato anche dopo il mio ritorno a Napoli".
Inutile, dunque, dire per chi tiferà domenica.
"Io preferirò sempre il Napoli. E poi ho due figli napoletani, che ogni stagione hanno la maglia della squadra col numero 23. È quella che continuano a preferire, insieme ovviamente alla 17 dello zio…".
Si ringrazia per la collaborazione Enzo Olivera.