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Galeone cammina sulle macerie della Juve: “Gioca come il Potenza ma non è colpa di Allegri”

Juve in ritiro, Allegri non dà le dimissioni e incassa la conferma ufficiale della società. Cosa c’è dietro le quinte della crisi? Giovanni Galeone, mentore del tecnico, ha un’idea precisa di chi è la responsabilità.
A cura di Maurizio De Santis
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Massimiliano Allegri e la Juventus vivono un momento durissimo. Giovanni Galeone, mentore del tecnico bianconero, non risparmia critiche.
Massimiliano Allegri e la Juventus vivono un momento durissimo. Giovanni Galeone, mentore del tecnico bianconero, non risparmia critiche.

È tutto sbagliato tranne una cosa: il tecnico. Giovanni Galeone, mentore di Massimiliano Allegri, piazza le sue opinioni a mo' di cavalli di frisia. È uno dei pochi che ancora spende parole buone per l'allenatore della Juventus. A Torino lo avrebbero già licenziato (la tentazione è stata, ed è, fortissima) ma la strategia dell'austerity e una riflessione complessiva sul rendimento della squadra – al di là dei dei demeriti della guida tecnica – fa sì che lo scenario sia restato immutato.

Anche dopo la sconfitta durissima col Maccabi, che ha spinto i bianconeri quasi fuori dalla Champions (solo un incrocio di risultati miracolosi ne tiene accesa la speranza), la società è stata chiara. Le parole del presidente, Andrea Agnelli, sono un manifesto: "Faccio fatica a pensare a un cambio in corsa. Noi i bilanci li facciamo sempre a fine stagione".

L'immagine della disfatta: i calciatori del Maccabi esultano davanti ai bianconeri a capo chino.
L'immagine della disfatta: i calciatori del Maccabi esultano davanti ai bianconeri a capo chino.

È il primo concetto che mette un po' d'ordine e ribadisce la linea rispetto a chi in seno alla dirigenza caldeggia rivoluzioni. Non è più tempo per farne a cuor leggero come accaduto con Sarri e poi Pirlo. I conti non lo permettono, tanto vale turarsi il naso e salvare il salvabile. Poi c'è l'appello all'unità di intenti, allo spirito di gruppo, il forte richiamo all'identità che s'è smarrito.

Fiducia rinnovata ma a termine, la condizione risolutiva saranno i risultati da qui alla pausa di campionato: dovesse aumentare il gap in Serie A dal quarto posto e con una squadra retrocessa in Europa League o, addirittura, fuori da tutto non ci sarebbero più motivi ostativi per staccare la spina. Sarebbe un disastro e un salasso.

Allegri ha spedito tutti in ritiro tra le mura della Continassa. Lì la Juve resterà almeno fino al derby con il Torino che sarà l'ennesimo banco di prova. "Siamo indietro, bisogna stare zitti e lavorare", è una delle frasi che ha ripetuto spesso. Che non abbia in pugno i giocatori è sensazione che viene da lontano, un sentore divenuto sospetto frustrante: iniziata a Firenze (con quel labiale galeotto di Angel Di Maria) e finita alla vigilia della partita di Coppa quando ha tenuto tutti a rapporto invitando a "non commettere gli errori di sempre".

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Non è bastato. Lo stato dell'arte è deludente: "Se perdiamo ogni tackle non è colpa dell'allenatore", nella sua testa è una constatazione che fa più male e manda a farsi benedire le antiche certezze su un calcio semplice. E se si è giunti a questa situazione c'è una ragione ben precisa, secondo Galeone "in sede di calciomercato i bianconeri hanno sbagliato tutto ma Allegri non ha resposanbilità – ha ammesso a Radio Kiss Kiss -. Avrebbero dovuto prendere Koulibaly e non Bremer. Di Maria? Meglio se avessero preso Kvaratskhelia. Avrei preso Raspadori e non Milik. E soprattutto avrei ceduto Bonucci".

Come si esce da questo imbuto? Non con le dimissioni del tecnico. "Non le darà mai", dice Galeone che cammina sulle macerie della Juve. "È una squadra scarsa… come hanno fatto a sostenere che poteva vincere lo scudetto? Vedere giocare la Juve, il Genoa o il Potenza è la stessa cosa".

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