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Francesco Totti: “Ilary mi spingeva al Real Madrid ma la Roma è stata tutta la mia vita”

Francesco Totti ha raccontato a una rivista spagnola perché non ha mai lasciato Roma e la Roma, che significato abbia avuto per lui indossare la maglia e la fascia di capitano, cosa vuol dire essere romanista dentro. “Questa Città per me è sempre stata la più bella al mondo e me la sono tenuta stretta”.
A cura di Maurizio De Santis
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Magica. Non c'è attributo migliore per definire la passione per la Roma, che non è solo tifo calcistico. Francesco Totti la racconta così al reporter che dalla Spagna gli chiede di aprire il baule dei ricordi. Si mette comodo davanti a lui e lascia che la sequenza videoclip del proiettore cominci dall'inizio, senza trascurare nulla. Alla rivista iberica "Libero" spiega cosa vuol dire essere nato lì, nel centro del mondo, laddove portano tutte le strade.

È speciale per me perché sono sempre stato tifoso della Roma – ha ammesso Totti -. È sempre stato il mio sogno giocare con il numero dieci e portare la fascia di capitano al braccio. Una volta ottenuto questo sogno me lo sono tenuto stretto. Roma per me è la città più bella che non cambierei con nessun'altra al mondo.

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Per Totti Roma è amore endemico, senso d'appartenenza, orgoglio capitale, batticuire, qualcosa che hai dentro e ti scorre nelle vene. Magica al tramonto, Magica col sole, Magica per la maestà del Cupolone e per il fascino del Fontanone. Magica nel bene e nel male, per ciò che è sacro e per il profano. Magica per il calcio che è una religione pagana, coi suoi idoli e i suoi re in terra. E lui, il "dieci", il capitano non ha mai pensato di lasciarla nemmeno quando da Madrid le sirene Real erano così insistenti.

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Applicò tappi di cera alle orecchie e superò le tentazioni. Perché non è andato via? Come ha fatto a resistere alla corte insistente (e ricca) di uno dei più grandi club al Mondo?

Ilary mi spingeva verso Madrid, mi diceva che avrebbe lasciato tutto e mi avrebbe seguito. Alla fine è stata una scelta di cuore, verso i tifosi, gli amici e la famiglia. Volevo fare qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri giocatori che si trasferivano nei grandi club: volevo rimanere per sempre nella stessa squadra.

Il capitano (perché ce ne sarà uno solo per sempre) sorride e fa scorrere le parole assieme ai sentimenti, alle emozioni che lo accompagnano fin da ragazzino, dall'esordio con la maglia giallorossa fino alla lettera di addio letta con gli occhi gonfi di lacrime, la voce rotta dall'angoscia e la faccia di uno che ha capito.

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