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Francesco Flachi: “Ho sbagliato e mi sono rovinato, ma è brutto venire incolpati di cose mai fatte”

Francesco Flachi a Fanpage.it ha ripercorso tutta la sua carriera, raccontando aneddoti gli inizi e facendo ammenda degli errori fatti. Ma l’ex attaccante ha voltato pagina e si proietta verso il futuro con un altro sguardo.
A cura di Vito Lamorte
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"Non ho mai dato la responsabilità a nessuno. La mia colpa e solo mia, non è degli altri. Ho sbagliato e voglio essere un esempio". Francesco Flachi era uno dei talenti più puri del calcio giovanile italiano degli anni '90 e il suo nome quando si parlava di futuro della Nazionale veniva accostato a quello di Alessandro Del Piero. Si parlava tanto di un ragazzo della periferia di Firenze agli inizi dell'ultimo decennio del passato millennio e tutte le squadre migliori cercavano di capire se davvero fosse quel fenomeno di cui si narravano le gesta.

Questo ragazzo del 1975 faceva impazzire chiunque lo vedesse giocare e il Napoli si precipitò con un'offerta mostruoso per un ragazzino ma la famiglia si oppose e così iniziò il suo lungo viaggio nel calcio con la maglia della squadra del suo cuore, la Fiorentina. La strada scelta da Francesco non è stata sempre facile da percorrere ma negli anni non è mai cambiato se stesso, è rimasto un ‘ragazzo del popolo' come lui stesso si definisce.

I dodici anni di squalifica per la recidività alla cocaina sono ormai un lontano ricordo e Flachi, dopo alcune avventure imprenditoriali, è tornato a indossare scarpini e pantaloncini per allenare i ragazzi. Il richiamo del campo è stato più forte di tutto. Si è rimesso in gioco dopo aver guardato da lontano il pallone rotolare per diversi anni e con l'impossibilità di entrare in uno stadio per poter rivivere almeno parte di quelle emozioni che ancora lo scaldano quando ne parla. È fatto così Flachi, è uno che non fa troppi giri di parole e dice tutto col cuore.

Francesco Flachi a Fanpage.it ha ripercorso tutto il suo percorso calcistico, raccontando alcuni aneddoti sugli inizi e facendo ammenda degli errori fatti ma si proietta verso il futuro con un altro sguardo. Da qualche giorno è il nuovo allenatore del PSM Rapallo, squadra dilettantistica che milita nel girone B del campionato di Promozione.

Come va l'attività con la scuola calcio?
"Bene. Ho fatto lezioni private, che sono una cosa mia e mi ha fatto enormemente piacere perché è andata molto bene, abbiamo avuto tanti bambini e questa cosa ti fa felice, ti rende orgoglioso perché poi vedere felice il padre e il bambino fa solo che bene. In più sono stato responsabile del settore tecnico al Golfo Paradiso. Anche se non era nelle mie capacità all'inizio mi sono detto che era una cosa in più che potevo imparare. Non è facile anche perché devi gestire un po' tutto e quindi non essendo abituato impari un pochino a relazionarti con tante cose però sono contento".

Flachi in allenamento con la Sampdoria.
Flachi in allenamento con la Sampdoria.

Il suo futuro lo vede in panchina?
"Mi piace stare in campo, mi piace allenare. Non so se sono bravo o meno bravo, questo lo dirà il campo. Per trasmettere quello che ho imparato io, quello che ho passato a livello di vita, per trasmettere un po' tutto. Ti devo dire che sto allenando i ragazzini, faccio un po' fatica perché non concepiscono il calcio che voglio io, che piace a me. Vinci o perdi non interessa nessuno, questo è quello che mi dispiace mi dispiace: lo vedono solo come un passatempo e non va bene perché il calcio è una passione, nel calcio sei lì per vincere e ci devi provare con tutte le tue forze. Poi, naturalmente, si può anche perdere".

Cos'era la Serie A che ha vissuto lei?
"C’erano dei campioni clamorosi e io penso che anche questo ci ha permesso di farci crescere in maniera diversa a noi che li guardavamo da vicino. A livello di mentalità, proprio, dico. Io. tanti abbiamo avuto la fortuna di crescere con Batistuta e Rui Costa, è stata una manna dal cielo. In più eravamo bravi, abbiamo studiato gli altri cosa facevano e per noi è stato è stato importante perché ci ha dato la possibilità di migliorare su tutti gli aspetti”.

Secondo lei è più facile fare gol adesso in Serie A o prima?
"Per me adesso. Spesso vedi delle marcature a 15 metri che prima non vedevi mai. E quando dico mai, dico mai. Altra cosa, chi retrocedeva in Serie B lo faceva 40 punti e non a 20 come ora. Poi c’erano i difensori più forti del mondo e ogni partita ne incontravi uno".

Quando ha iniziato a giocare dove pensava di arrivare?
"Ma guarda, io ho un carattere che non ho mai pensato molto e per me il calcio è un divertimento e una passione. Siamo cresciuti per le strade, siamo cresciuti a botte, a schiaffi, a pantaloni rotti e qualche botta presa qua e là dai più grandi. Io, però, me la cavavo sempre perché ero bravo. Poi piano piano sono passato al settore giovanile della Fiorentina e iniziavo sempre a salire in categoria ed è stato tutto veloce. Era sempre sotto età di un anno e poi ritornavo con i miei ma ero già più smaliziato, avendo fatto più esperienza. Dalla Primavera, poi, sono passato in prima squadra ed è stato incredibile. Quindici giorni prima salivo le scale dello stadio per entrare in curva e poi ero in campo con la prima squadra".

Flachi con la maglia della Fiorentina all'inizio degli anni '90.
Flachi con la maglia della Fiorentina all'inizio degli anni '90.

Cosa vuol dire, a livello emotivo, passare dalla curva al campo della squadra della propria città.
"Sei nella tua città, giochi con quella maglia lì e nella squadra che sei tifoso. È una sensazione bellissima però non è facile perché essendo proprio di Firenze tutti si aspettano tanto da te, sei sempre attenzionato. Io ho avuto solo un po' di sfortuna perché forse dovevo capire cosa dovevo fare: io andavo al campo, ero il ragazzo coccolato e mi facevano i cori ma dovevo entrare in una dimensione diversa fin da subito. Poi vabbè… c’era Bati, Rui Costa, tutta gente a livello incredibile".

Il suo nome girava già da diversi anni: è vero che il Napoli aveva fatto una mega offerta per portarla in azzurro?
"Io facevo tanti gol e il nome è iniziato a girare parecchio. Io feci tanti provini ma il Napoli aveva deciso di investire su di me una cifra importante ma poi non se ne fece nulla. Andai per tre giorni lì, mi chiamò Moggi e io ci sarei andato, forse anche mio padre si era convinto. Alla fine quando chiamarono per definire tutto mia madre disse ‘Il bambino non va via, il bambino resta qui'. Trovammo una soluzione con la Fiorentina e così ebbe inizio la mia carriera dalla squadra della mia città".

Lei fa l’opinionista in tv e si è ritagliato anche un ruolo da podcaster…
"Io faccio l'opinionista a Telenord e lavoro anche con la radio, mi piace e devo ringraziare le persone che mi danno questa possibilità e mi apprezzano. Per quanto riguarda il podcast, non è facile perché ti metti a nudo e viene riportato come se fosse successo ieri. Sono passati ormai tantissimi anni, quindi non è facile per me. Ormai ci sono abituato perché ho fatto un libro e ho fatto un documentario. Ad un certo punto lo fai anche perché sei stato un brutto esempio ma puoi diventare un bel esempio perché l'hai provato sulla tua pelle e io avevo una carriera che potevo fare tantissimo e me la sono rovinata con le mie mani perché le cazzate. Io spero che i giovani di oggi che hanno un sogno, hanno una passione nel calcio, nel lavoro, nella vita, non buttino via quelle opportunità che hanno".

Flachi saluta i tifosi della Sampdoria a Marassi.
Flachi saluta i tifosi della Sampdoria a Marassi.

Negli anni passati lontano dal campo ha pensato che il calcio non fosse più il suo posto?
"Io i primi anni mi sono allontanato un po' del calcio e non lo guardavo perché soffrivo a guardare le partite, perché non giocavo più. Poi è più forte di me… mi piace il calcio, è la mia passione. E piano piano mi sono avvicinato, ho iniziato a fare scuole calcio, ho iniziato a allenare grandi a categoria sempre dilettantistiche. A me piace stare in campo e la voglia che mi è venuta per tornare a giocare era talmente tanta che sapevo che potevo fare anche delle figuracce, però mi mancava tanto. Io ho fatto lo sport più bello, lo sport che ti dà più emozioni e quando finisci un po' ne risente anche la vita privata, quindi devi essere bravo a saper gestire tutto".

Ci sono state persone più di altre che ti sono state vicine durante la squalifica?
"Intanto la mia famiglia, i miei genitori, i miei figli. Poi devo ringraziare tanti ex compagni come Volpi, Bazzani, Luca Berti… mi sono sempre stati vicino, poi giustamente ognuno ha i suoi impegni e ci si sente di meno di prima però quando capita sembra che il tempo non sia mai passato. Poi tanti tifosi mi hanno sempre fatto sentire il loro appoggio: avere una pacca sulle spalle, un abbraccio o un complimento ti fa sentire forte e quindi affronti anche meglio le cose. Poi la mia compagna Carolina, perché da quando sto con lei, perché poi dopo sono subentrati in separazione in una situazione del genere e quindi da quando sto con lei è cambiato proprio tutto. Sulla squalifica, però, voglio dire una cosa e spero che possa riportarla nel miglior modo possibile".

Ci proverò, prego.
"Io ho sbagliato, come ho già detto e lo ripeterò all'infinito perché solo colpa mia quello che è successo ma è brutto venire incolpati ingiustamente e di una cosa che non hai fatto".

Flachi con la maglia del Brescia, ultima esperienza calcistica prima della squalifica.
Flachi con la maglia del Brescia, ultima esperienza calcistica prima della squalifica.

Si riferisce alla squalifica per due mesi del 2006 per quello che potremmo definire ‘scommesse'? 
"Esatto, mi fecero pagare per una cosa di cui ero completamente estraneo e giuro su quanto ho di più caro al mondo che non ho mai scommesso in vita mia. Venni sanzionato nel momento migliore della mia vita, mi si stavano spalancando le porte della Nazionale. Non ce l’ho fatta a reggere questa mazzata: ho reagito da bambino cedendo a una debolezza che poi, una volta tornato in campo, non ho più saputo contrastare. E dire che a pallone ci sapevo giocare anche bene".

A proposito di Sampdoria, il suo è proprio un amore con l’ambiente blucerchiato o sbaglio.
"Tutto in crescendo e va di là del calcio. Un amore reciproco perché nel momento brutto della Sampdoria io c'ero e nel momento brutto di Flachi loro c'erano. Io non li ho traditi e loro non l'hanno tradito me. A livello calcistico mi hanno sempre dato quella forza in più perché avere 30.000 tifosi alle spalle ed essere il loro idolo è impressionante. Loro mi ringraziano per quello che hanno fatto, anche quando rifiutai il Monaco di Deschamps, ma io gli rispondo che sono io a ringraziare loro. Alcuni venivano da Genova al mio locale a Firenze, hanno fatto tanto per me e per questo che io sono dovuto venire qui. A Firenze è diverso, è più d'amicizia, qui c'è proprio un sentimento forte, gratificante per quello che c'è stato e questo mi rende felice”.

È ancora proprietario del locale di cui parla…
"No no basta, mi dedico solo al cacio. Non penso che fosse nella mia indole avere quel tipo di locale. È stata una parentesi e va molto bene così".

Flachi in tribuna allo stadio Ferraris di Genova.
Flachi in tribuna allo stadio Ferraris di Genova.

C'è un Francesco Flachi in Serie A oggi?
"Allora… ti dico di no perché sennò crea problemi (ride, ndr). Però come caratteristiche ti posso dire che nella Sampdoria c'è un giocatore che diventerà fortissimo e un po’ mi ci rivedo: è Sebastiano Esposito. Forse fisicamente siamo diversi ma come modo di pensare il calcio, come giocate siamo molto simili. Sta crescendo, ha un po' di problemi fisici, però ha ancora il tempo e tutto per imparare: ha una grande base per arrivare in alto".

Francesco Flachi ha qualche rimpianto per la sua carriera.
"Facile avere rimpianti. Nella vita bisogna prendere il bene e il male. Quando fai le cose,  bisogna prendersi le responsabilità nel giusto o sbagliato, l'importante è non ammazzare, non rubare o non mancare di rispetto. Rimpianti ne potrei dire tanti, però il mio modo di pensare e di agire era quello che mettevo in campo. Quindi non guardo indietro, ormai è già andato. Sono così, però ti devo dire la verità, ho fatto una grossa ca**ata, ma non mi cambierei con nessuno".

È vera la storia del borsone della Nazionale che si è portato a casa?
"Per me fu un sogno e un piacere indossarle quelle cose ma tante persone non possono farlo, ed è giusto che possano avere una piccola parte. Diciamo che alla mia unica convocazione ho provato a far contenti tutti. Forse ho esagerato un pochino ma vedere la gioia delle persone che voglio bene è stata ancora più grande".

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