Fonseca e la famiglia fuggiti dalla guerra e da Kiev: “Il giorno più spaventoso”
L'ex allenatore della Roma, Paulo Fonseca, e la sua famiglia sono in salvo. A bordo di un minivan messo a disposizione dall'ambasciata lusitana sono giunti in Moldavia dopo un giorno di viaggio. Il messaggio drammatico del tecnico portoghese non è rimasto inascoltato: "Abbiamo paura, prego perché una bomba non cada su di noi". Era a Kiev quando ha registrato il videomessaggio nel quale ha raccontato i momenti di angoscia vissuti in quelle ore cruciali per la capitale dell'Ucraina. La Russia ha sferrato il suo attacco e martella la città che resiste con ogni mezzo. Vige la legge marziale e la chiamata alle armi dei cittadini maschi, abili abbastanza da combattere, sono l'estremo tentativo di difendersi dall'avanzata delle truppe nemiche.
Kateryna, la moglie dell'ex allenatore dello Shakhtar e dei giallorossi, è ucraina (nata a Donetsk). Assieme al marito e al figlio, Martin, sono stati prelevati dall'hotel e condotti lontano. È stata proprio la donna a comunicare la notizia attraverso i social network. "Grazie per il vostro supporto, per le preghiere e per l’aiuto nei nostri giorni più bui. Io e la mia famiglia ora siamo al sicuro. Ricorderò la vostra gentilezza, ogni aiuto, ogni parola. Sono devastata, il mio cuore è spezzato. Sono stati due giorni terribili con tanta paura e lacrime. Guerra criminale ti odio, Ucraina ti amo".
È al sicuro ma con la morte nel cuore per quanto sta accadendo al suo Paese. "A Kiev si combatte. L'esercito russo ha portato la guerra nelle zone residenziali della nostra capitale – le parole prima della partenza dalla città sotto assedio -. Ci sono sparatorie ed esplosioni a dieci chilometri dal centro della nostra città. La metropolitana è affollata, non c'è nessun posto dove nascondersi. Europa, tu vedi questo… l'Ucraina si difende con tutte le sue forze. Da sola".
Colonne di fumo e profughi, l'associazione è terribilmente reale. Sono entrambi sullo sfondo dello scenario di guerra. Chi può ha già lasciato quei territori: in auto, in bus, con mezzi di fortuna o addirittura a piedi. L'esodo si disperde in mille rivoli, nella capitale non c'è rifugio abbastanza sicuro. Chi è rimasto s'è rintanato nella metropolitana, nei sotterranei delle scuole ovunque sia possibile trovare riparo. "Il giorno più spaventoso. Rabbia e dolore – ha scritto la consorte di Fonseca nell'ultimo post condiviso su Instagram due giorni fa -. Il mio figlio non meritava la guerra. I bambini dell'Ucraina non meritavano la guerra".
Fonseca è riuscito a partire. In viaggio sono anche i calciatori brasiliani dello Shakhtar Donetsk. Il gruppo è diretto in treno verso la Polonia, da lì faranno rientro in Brasile. Roberto De Zerbi il suo staff di collaboratori attendono il via libero definitivo dell'ambasciata: una volta ricevuto, nelle prossime si metteranno in cammino in auto verso la Polonia o la Romania poi faranno rotta verso l'Italia.