Flachi rientra in campo dopo la maxi-squalifica: “Ho sconfitto la cocaina dopo cinque anni di buio”
Francesco Flachi a 46 anni tornerà a giocare a calcio dopo la maxi squalifica di dodici anni comminatagli nel 2010 quando venne trovato positivo alla cocaina durante un controllo antidoping mentre militava nel Brescia. All'inizio del 2022 la sanzione terminerà e l'ex attaccante di Sampdoria e Fiorentina tornerà ad indossare pantaloncini e scarpini ripartendo dall'Eccellenza toscana con il Signa, squadra di cui è dirigente.
Qualche giorno fa il classe '75 ha ripreso ad allenarsi per mettersi in forma in vista del grande ritorno in campo che lo stesso Flachi vede come una seconda chance: "Ieri abbiamo iniziato la preparazione e quando sono arrivato al campo ero emozionato – ha detto infatti a Repubblica il 46enne fiorentino –. È una sfida con me stesso, una rivincita personale".
Flachi non cerca scuse né giustificazioni per quello che ha fatto, sa di aver sbagliato e ha pagato con una maxi squalifica. Una squalifica che lo ha fatto sprofondare nel buio totale per un lungo periodo. Difatti, ci ha messo cinque anni per uscire dal tunnel della cocaina: "Mi crollò il mondo addosso – ha raccontato l'ex bomber di Fiorentina e Sampdoria –. Non cerco scuse, non le ho mai cercate, ho sbagliato e ho pagato. Ma lì, in quel momento, sprofondai nel buio. Ci ho messo cinque anni per ritrovarmi. Dopo la squalifica non volevo più saperne del calcio. Ho aperto una paninoteca, ho provato a inventarmi un’altra vita, ma il pallone quando ce l’hai dentro, prima o poi torna fuori. Così dopo quei cinque anni di vuoto piano piano mi sono riavvicinato".
Ma adesso, a 46 anni, Francesco Flachi assicura di essere un uomo nuovo pronto a tornare in campo per un ultimo ballo prima di intraprendere il percorso per diventare allenatore: "Ho fatto tantissime caz…, errori nella mia vita, ma oggi sono un uomo diverso, cambiato, pronto a rimettersi in gioco – ha difatti assicurato –. Ora faccio questi sei mesi con il Signa e poi a giugno voglio prendere il patentino di allenatore. È quella la mia strada. Vorrei allenare i bambini. Sento di poter dare ancora qualcosa al calcio. I bambini sono spugne, assorbono in fretta, e io – ha infine concluso – non vedo l’ora di trasmettere a loro il mio calcio".