Eziolino Capuano non si riconosce: “Quello non sono io, è il mio gemello scemo. Io come Santa Rita”
Dopo la salvezza raggiunta lo scorso anno con due giornate di anticipo, il Taranto di Eziolino Capuano sta stupendo in questo inizio di campionato in Serie C: i rossoblù sono quinti nel Girone C, con una partita in meno, ovvero il match casalingo di oggi contro il Messina. Una vittoria con i peloritani porterebbe il Taranto a 20 punti, a sole 4 lunghezze dalla Juve Stabia capolista.
Capuano domenica scorsa si è fratturato una costola a Francavilla, quando è scivolato nell'esultare per la rete della vittoria del Taranto segnata al 95′. "Quando quella palla è andata in porta ho provato una sensazione che non posso descrivere, paragonabile a quando sono nati i miei figli", ha detto quasi commosso nella conferenza post partita. Eziolino è così, passionale. Anzi di più: viscerale. Impossibile non volergli bene ed infatti i tifosi rossoblù lo adorano.
A 58 anni e con una carriera lunghissima alle spalle, il tecnico salernitano incredibilmente non si è mai seduto su una panchina superiore a quelle di Serie C, a dispetto di una popolarità come pochi allenatori in Italia. "Non sono mai stato uno yes man – spiega al Corriere della Sera – In questo mondo molto strano, fatto di grande ipocrisia e della più alta immoralità, a volte il personaggio Capuano non è andato bene. L'esposizione mediatica è stata negativissima per la carriera".
"Io conosco la mia storia: non ho mai barattato una panchina importante per una categoria superiore. Paura di allenare più in alto? Sono un uomo di grande coraggio: convivo con la paura, ma non mi faccio attanagliare. Purtroppo è mancato ad altri il coraggio di darmi questa possibilità. Perché poi avere a che fare con Capuano non è facile. Capuano non lo puoi gestire", racconta di sé il mister tarantino.
Fenomeno di culto sui social, Eziolino ammette che quella maschera che gli ha dato la fama e la simpatia di molti probabilmente non ha giovato alla sua carriera: "Quando rivedo certi video mi vergogno, perché quello non sono io: è il mio gemello scemo. Purtroppo vivo il calcio pensando a chi non ha soldi per la pizza perché li spende per la partita. Quando la vivi così, piangi pure, perché il calcio non è altro che l'essenza di emozioni. È l'attesa della gioia, come il Sabato del villaggio di Leopardi: quando la gioia si concretizza, poi non esiste più".
Capuano spiega com'è il suo rapporto con i propri calciatori: "Un allenatore deve essere come un padre e far crescere i giocatori: i miei figli li baciavo mentre dormivano, ma di giorno gli davo torto. L'allenatore è un totem: devi essere seguito e per riuscirci devi essere meritocratico, onesto nelle scelte. Ma non tutti sono diligenti. Cosa mi fa arrabbiare? Gli orecchini al campo non ci devono essere, la musica nello spogliatoio non deve esistere. Un calciatore mi fa arrabbiare quando si allena male, quando non dà il meglio di se stesso e toglie la gamba in un contrasto. Un allenatore deve valorizzare al meglio il materiale che ha. In uno spogliatoio devi portare dalla tua parte trenta persone, che non ti devono temere, ma rispettare e ritenere bravo. E lo devi dimostrare ogni giorno, con coerenza. Se sbagli una volta non ti seguono più".
Mai salito ai piani nobili, ma sempre apprezzato nelle categorie inferiori, Capuano è stato spesso chiamato da squadre in situazioni molto compromesse: "Per questo mi sono paragonato a Santa Rita da Cascia, protettrice dei casi disperati. Ma anche a Robin Hood. Sono una specie di pronto soccorso: succede un incidente, chiamano me. Ho fatto imprese e vissuto degli esoneri". Epiloghi non sempre dovuti a vicende strettamente tecniche: "In un Puteolana-Tricase di 21 anni fa mi fu chiesto di favorire il Tricase, vincemmo la partita e fui cacciato. La mia storia è una storia di grande professionalità e sensibilità: vivo per far felice la gente".
Eziolino si vede molto vicino ad Allegri come filosofia: "Con lui c'è un grande rapporto, nato quando ancora giocava. L'essenza del calcio è risultato, il resto è aria fritta. Gioca bene la squadra che ha equilibrio. E un allenatore deve un essere bravo pittore: con i colori a disposizione deve fare un buon quadro. Ma nel calcio tutti possono parlare. Io friggo il pesce con l'acqua: mi interessa far crescere i giocatori, costruire. I soldi? Li ho bruciati, penso a far vivere bene la famiglia. Ho guadagnato tantissimo, senza dare mai valore al denaro".