Europa League: sei scene da un calcio che finge di non essere in quarantena
E' surreale lo spettacolo degli ottavi di Europa League. E' forse l'ultima serata europea prima di una sospensione, ancora rimandata dalla UEFA che si è presa fino al 17 marzo per decidere. Abbiamo scelto sei fotogrammi, uno per partita. Sei tavole di un mosaico di non accettazione della realtà, di sfida al reale con gli occhi del cuore. E un pallone tra i piedi a calmare, a colmare, a illudere che tutto andrà bene. Che tutto resterà com'è.
Il primo gol è di Campo: un nome, un perché
Il primo gol della serata lo segna Samuele Campo, svizzero di origine italiana. Gioca nel Basilea, che troneggia 3-0 nello stadio vuoto contro un Eintrachrt Francoforte pr cui il campo di casa sembra a volte essere troppo grande, dispersivo, distraente. Capo ha un nome che è tutto un programma, che suona come un'affermazione di resilienza verso il nemico invisibile che potrebbe togliere i calciatori dal campo. Calcia una gran punizione a giro, segna il suo primo gol stagionale in Europa League in una partita cromaticamente basica, semanticamente ricca. Il Basilea gioca in total white, l'Eintracht in total black. Bianco vince, nero perde, nel silenzio.
Si ritroveranno ancora alla Commerzbank Arena, per il ritorno. E' l'ennesimo paradosso di una gestione delle manifestazioni per iniziative singole, per reazione alle normative locali. La Svizzera ha sospeso le manifestazioni e ha negato l'autorizzazione a ospitare la partita a Basilea. La Germania, che ha 28 mila posti di terapia intensiva, fa giocare ancora ma a porte chiuse. Quindi si giocherà a campi invertiti, di nuovo alla Commerzbank-Arena. Steesso stadio, niente pubblico. Sapessi com'è strano, penseranno a Basilea, sentirsi in casa a Francoforte.
Diavolo di un Ighalo: ritornerò, in ginocchio da voi
Ighalo si inginocchia davanti ai seggiolini, vuoti. Può solo immaginare suoni, colori, in un quadro della memoria. Le movenze sono le stesse, le esultanze restano le solite. Ha aperto il 5-0 del Manchester United in Austria, in casa del LASK. Ha segnato il suo secondo gol in Europa League, il quarto stagionale in sette partite con i Red Devils. Sinistro sotto la traversa ed esultanza vistosa a cui però manca qualcosa. Manca la punteggiatura dei tifosi nel settore ospiti. Così quel gesto suona come la prova generale della scena madre a teatro, recitata a tinte anche più forti per compensare l'assenza di reazione.
Solskjaer per lunghi tratti non si alza, non si agita. Nemmeno in Inghilterra sembrano preoccuparsi troppo del coronavirus, nonostante 596 contagi e 10 decessi collegati al covid-19. La Premier, almeno per il weekend, dovrebbe andare avanti a porte aperte pur con i primi calciatori positivi al virus. "Vietare tali eventi avrebbe un piccolo effetto sulla diffusione ma c'e' anche la questione dell'onere che tali eventi possono avere sui servizi pubblici" ha detto Boris Johnson, "al momento non ci sono ragioni mediche per vietare questi eventi".
I colori forti, la pista di atletica blu che risalta come a Berlino nell'Olympiastadion dai dolci ricordi per Grosso e per l'Italia, danno un tono impressionistico alla scenografia. Il 5-0 del Manchester United, squadra con più marcatori diversi in Europa League, si accompagna a una gioia meccanica quanto un riflesso condizionato.
La festa del Basaksehir: il coronavirus è altrove
In Turchia il Basaksehir, squadra considerata vicina al presidente Erdogan, gioca a porte aperte contro il Copenhagen. La Turchia, che si è detta pronta a sostituire l'Italia tra i Paesi che ospitano le partite dell'Europeo, non avrebbe contagiati, almeno questo risulta dai dati ufficiali, ma a volte anche la matematica può essere un'opinione. Così, il rigore all'88' che vale la vittoria (1-0) scatena abbracci abituali in altri periodi, mimesis oggi di una normalità che non c'è, visione plastica di un'anormalità latente, nascosta in numeri consolatori. Si fa finta di niente, si continua a gioire, come se il problema coronavirus fosse un'eco lontana e distante, il richiamo di un'Europa che non vuole ammettere la Turchia eppure ammette di averne bisogno.
Olympiakos-Wolves, una sconfitta per tutti
La partita più surreale di tutte si gioca in Grecia. L'Olympiakos ha il presidente positivo al coronavirus. Questo è bastato perché l'Arsenal si mettesse in quarantena in Inghilterra, ma non è bastato alla Uefa per rinviare la partita dei greci. Il Wolverhampton di Espirito Santo è dovuto scendere, con evidente e non nascosta riluttanza, nel Pireo. Scende in campo con una maglia verde speranza, a porte chiuse. Semedo stende Diogo Jota al 28′ e viene espulso.
La partita prosegue svogliata, la stella Jimenez sta a guardare. L'Olympiakos, che continuerà a porte chiuse in campionato, come tutte le squadre greche per due settimane, in dieci passa con l'uomo simbolo, El Arabi, che esulta verso chi non si sa con la mano sul cuore, sullo stella della squadra. Per chi l'ha visto (in tv) e per chi non c'era. L'inno dell'Olympiakos parte dagli altoparlanti ma non c'è nessuno a cantare. La normalità si insegue nella forma, non essendoci una forma di normalità in una partita così. L'1-1 finale è solo un appendice statistica.
Il VAR a Wolfsburg, qualcosa è cambiato
Il VAR nell'epoca del coronavirus appare ancora più asettico, freddo, lontano. Lo stadio a Wolfsburg è vuoto, al 45′ l'arbitro Skomina guarda il monitor da solo dopo un fallo di mano di Matviienko. E' stato così anche in occasione di un primo rigore, assegnato allo Shaktar per un altro fallo di mano di Arnold, che Kovalenko ha calciato piano e centrale. Nessun giocatore si avvicina intorno all'arbitro, né dei titolari né delle riserve. Non ci sono proteste, non ci sono richieste, non ci sono domande. Un'attesa un po' fatalista, si aspetta una decisione come si aspettano le direttive su cosa fare in questo tempo così strano. E' successo lo stesso anche a Glasgow, nei secondi che passano dalla verifica al monitor all'assegnazione del penalty al Bayer Leverkusen, che sblocca la partita.
Weghorst invece scivola, scivola, scivola ma non balla con Mina. E' il secondo rigore sbagliato del primo tempo. Il Wolfsburg pareggia all'inizio della ripresa, gli ucraini pieni di giocatori brasiliani vincono 2-1.
La battaglia di retroguardia dei Rangers
Vince una squadra in maglia rossa. Ma Steven Gerrard, gloria del Liverpool, non esulta. Da allenatore dei Rangers, vede il Bayer Leverkusen passare 3-1 e avvicinare i quarti. Lo scenario ha qualcosa di antico. Lo stadio è pieno, il pubblico vicino al campo, l'erba in più punti consumata. La differenza elementare di colori traduce in chiave moderna lo spirito e la storia del calcio britannico. Il colpo di testa di Edmundson, che dimezza lo svantaggio da calcio d'angolo, fa scattare l'interruttore. Chiama l'incitamento, da condottiero vuole sentirli urlare, partecipare, scaldarsi. I tifosi rispondono. Esultano, stretti in cappotti pesanti: Agitano le sciarpe, gioiscono, si abbracciano. Le panoramiche della tv non inquadrano mascherine, solo maschere di una gioia che si nutre di temporanea amnesia. Covid-19, che?