Eriksson ascolta un messaggio, gli arriva da Liverpool: “Non camminerai mai da solo, quel coro è da brividi”
Un anno di vita circa. Secondo i medici a Sven Goran Eriksson non resta molto altro tempo per colpa del tumore che ha scoperto a gennaio scorso. Da allora – dice – ha imparato a convivere con l'idea della morte, che da un momento all'altro le sue condizioni di salute potrebbero peggiorare, che combatte una specie di lotta sapendo di non poter vincere. "Ma non me ne sto seduto in un angolo a piangere", è la frase che scandisce con consapevolezza. Ha la faccia di uno che ha capito e anche un principio di tristezza in fondo all'anima al quale non vuole arrendersi. È malato terminale, si aggrappa alla quotidianità delle piccole cose.
"I dottori non erano sicuri di quanto tempo avessi ancora a disposizione, forse un mese o un anno… la situazione è quella che è – ha ammesso nell'intervista a Channel 4 e poi alla Cnn -. Non posso vincere contro un avversario del genere. Ma la vita è comunque bella. E io non voglio restare seduto a commiserarmi".
Riaprire gli occhi e svegliarsi al mattino. Sembra nulla ma anche un gesto che meccanicamente si ripete ogni giorno è considerato una conquista alla luce dello stato di salute. E mettere piede giù dal letto ha un valore speciale, fa sembrare ogni giorno diverso. "È una sensazione che normalmente non si prova perché molte cose le diamo per scontate ma non è così. Quando ricevi una diagnosi come la mia è come scioccante… ma dopo un po' ti ci abitui anche. Oggi faccio una vita normale e non penso a cosa mi succederà domani o dopodomani".
Sabato l'ex tecnico della Lazio sarà di scena a Anfield Road e allenerà, sia pure per un giorno, la formazione legends dei Reds in amichevole contro l'Ajax. Per Eriksson sarà il coronamento di un sogno e verrà esaudito anche uno dei desideri da tecnico. "Da giovane venivo qui ad Anfield di tanto in tanto e visitavo il famoso deposito degli scarpini. Joe Fagan mi ha invitato lì 30 anni fa. Tutto il mondo ha imparato dalle grandi squadre del Liverpool di allora. Avevano la palla fra i piedi, facevano cose semplici. Era difficile attaccarli. Ma c'è una cosa che mi fa venire i brividi, ed è l'inno You’ll Never Walk Alone cantato dai tifosi quando le squadre arrivano in campo".
Come sta Eriksson? La risposta dell'ex allenatore è di quelle che lasciano senza parole. "Ho quello che ho, so che è un cancro e che non si può curare. Faccio la mia vita e va tutto bene… diciamo così. La terapia che sto svolgendo sta andando bene, ci sono alti e bassi – ha aggiunto -. Ma sono ancora in piedi".