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Eriksson affronta la malattia: “Se chiedi ai medici quanto tempo mi resta, non possono rispondere”

L’ex allenatore è malato terminale per un tumore al pancreas. In una rubrica è tornato a parlare delle sue condizioni di salute e dell’affetto che sta ricevendo: “Jo avuto spesso le lacrime agli occhi per la gentilezza delle persone”.
A cura di Maurizio De Santis
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SvenGoran Eriksson è malato terminale per un tumore al pancreas. A gennaio scorso, nel parlare della malattia, annunciò che al massimo avrebbe vissuto per un altro anno. Il coraggio di aprirsi al mondo gli ha restituito un'ondata di affetto sincero che ha scandito questi mesi. Il mondo del calcio s'è stretto intorno all'ex allenatore svedese: ad Anfield Road, tempio del Liverpool, ha ricevuto un tributo tanto memorabile quanto commovente; ex calciatori che lo hanno seguito nelle sue esperienze in panchina come David Beckham e Roberto Mancini sono rimasti al suo fianco soprattutto adesso.

L'ex Manchester United è stato anche a casa sua per trascorrere un po' di tempo insieme: gli ha portato del buon vino che ha un'annata speciale. "È del 1948, anno in cui sono nato. È stato molto gentile e delicato", ha raccontato Eriksson svelando come Roberto Mancini sia stata la persona con la quale s'è tenuta maggiormente in contatto da quando sono divenute pubbliche le sue condizioni di salute. "È il contatto più frequente che ho avuto – ha aggiunto -, è stato il mio capitano in squadra per nove anni".

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La consapevolezza con la quale Eriksson sta affrontando la sua situazione mette i brividi addosso. Non si tratta di essere guerrieri, eroi o qualsiasi altro termine stuzzica l'emotività ma solo un uomo dinanzi al proprio destino, con tutti i pregi e le debolezze. Perché la vita è così, nel bene e nel male: non bussa alla porta, non chiede permesso ma entra e mette tutto a soqquadro.

Quanto tempo gli resta da vivere? "Se chiedo ai medici quanto tempo mi resta, non possono rispondere – ha scritto lo svedese nella sua rubrica su The Telegraph -. Questo mi preoccupa? Penso che sia meglio non saperlo. Alcune mattine mi sveglio sentendomi benissimo. Altre mattine no, è un problema. Ma sono ancora qui".

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Eriksson spiega anche quali sono le sensazioni provate finora: "Ho viaggiato in tutta la Svezia, sono stato in Inghilterra, in Italia e in Portogallo e ho avuto spesso le lacrime agli occhi per la gentilezza delle persone. Di solito scopri che tutti parlano bene di una persona quando sono morte – ha aggiunto l'ex tecnico -. Nel mio caso ho la fortuna che lo facciamo mentre sono ancora vivo".

E vivo s'è sentito quando ad Anfield i tifosi dei Reds sono scattati in piedi per dedicargli una incredibile manifestazione d'affetto: "Quando 60.000 persone in uno stadio cantano il tuo nome, se questo non ti dà una scossa, allora niente potrà mai farlo".

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