Energia, messaggi, champagne: così Nicolò Barella è diventato il miglior centrocampista italiano
Quantità, qualità, corsa, tecnica, temperamento, spirito di sacrificio. Tutte doti che fanno di Nicolò Barella al momento il più forte centrocampista italiano. E pensare che questo ragazzo figlio della Sardegna e legatissimo alla sua terra, nonostante l'atteggiamento da veterano, ha solo 24 anni, con margini di crescita ancora notevoli. Una scommessa vinta quella dell'Inter che ha puntato su un giocatore che sa fare tutto, e lo sa fare bene, giocando sempre con l'entusiasmo e l'energia di chi sembra affacciarsi per la prima volta nel calcio che conta.
Il feeling con il pallone del piccolo Nicolò
Cagliaritano doc, Nicolò sin da piccolo ha dimostrato di aver un feeling speciale con il pallone. Una passione sconfinata ereditata dal papà Luca che militava in Eccellenza, e coltivata già a partire dai 3 anni e mezzo, come svelato in un’intervista a DAZN: "Mia madre mi ha raccontato che gli allenatori le dicevano di portarmi al campo che tanto avrei passato il tempo lì a fare i mucchi di sabbia e invece io stavo già sempre attento”. È all’età di 5 anni che quel ragazzino cresciuto a Sestu, entra nella Scuola Calcio intitolata a colui che rappresenta molto più di un calciatore per la Sardegna, ovvero Gigi Riva.
L'incontro con Gigi Riva e gli idoli Stankovic e LeBron James
Un idolo e un modello da seguire, per Barella che muove i primi passi nel mondo del calcio nel segno dei valori rappresentati da “Rombo di tuono”. Un'icona che Barella avrà modo anche di conoscere: "L'ho conosciuto alla Scuola Calcio – le sue parole a DAZN – Lì abbiamo parlato, mi ha detto che mi seguiva, ero frastornato, mi ha fatto davvero tanto piacere". I suoi idoli oltre al bomber, un altro calciatore e un cestista, ovvero Dejan Stankovic ("Mi riempiva gli occhi vedere i suoi gol e la grinta che metteva a centrocampo") e LeBron James ("In famiglia tutti giocano a basket, guardo le squadre in cui lui gioca")
Impossibile separare quel ragazzino dal pallone, che sia quello da calcio o quello da basket. Già all’epoca il piccolo Nicolò si contraddistingue per la sua generosità, e per il suo essere “sveglio” in campo, come rivelato dal dg Cortis a Gianlucadimarzio.com: "Era straordinario, vivacissimo e molto intelligente. Calciava e palleggiava con qualsiasi cosa incrociasse nel suo cammino. Nonostante fosse piccolissimo aveva personalità, andava d'accordo con tutti e strappava sempre un sorriso".
La crescita di Barella nel Cagliari e il rapporto con la sua terra
A poco a poco Barella brucia le tappe, e definisce il suo ruolo nel campo. Inizia a prendere confidenza con la zona tra centrocampo e attacco, con il suo essere un vero e proprio “motorino” che gli permette di giocare in praticamente tutti i ruoli della mediana. I piedi poi sono buoni, ed è impossibile non accorgersi di lui. Ne sa qualcosa l’ex Inter Matteoli, responsabile delle Giovanili del Cagliari, che lo porta in rossoblu per quello che è un vero e proprio sogno che si realizza.
Nell'ambiente s'inizia a parlare di Nicolò che diventa per tutti "Picciocheddu de Casteddu", ovvero "il ragazzino del Cagliari" e non mancano già i paragoni, con Matteoli, e gli altri allenatori Masia e poi Gianluca Festa che avranno il loro bel da fare per frenare l'entusiasmo e la verve di Barella. In un'intervista a La Nuova Sardegna infatti Barella raccontò: "Masia na volta mi mandò in tribuna per un litigio. Lì capii di dover lavorare sodo e che per arrivare non bisogna mai sentirsi appagati. Anche è stata una persona importantissima per la mia crescita. Quando giocavo una bella partita, mi ‘rimetteva a posto’ dicendomi che non avevo ancora fatto nulla". Bastone e carota dunque per un ragazzo che aveva una marcia in più rispetto ai compagni".
L'escalation di Barella tra Cagliari e Como
L’escalation è rapida e quasi fisiologica. Dagli allievi, fino alla Primavera dal 2013 al 2015, con una crescita costante a livello tecnico e tattico. Il ragazzino sembra ormai pronto per il grande salto che arriva con Zola allenatore della prima squadra, nel 2015 in Coppa Italia, prima di quello in Serie A, quando sulla panchina dei sardi c’è il suo “vecchio” maestro Festa. Tra i due c’è un feeling speciale che si consoliderà poi a Como. Quando il Cagliari retrocede in B infatti, Barella viene ceduto in prestito in terra lombarda, dove ritrova anche Matteoli. Il mister ai microfoni di MondoFutbol dichiarò all’epoca: "Quando ho visto i suoi valori misurati con il GPS, sono rimasto impressionato: erano valori da giocatore già fatto. Nonostante avesse diciotto anni, non si prendeva pause durante una partita, andava sempre al massimo dell’intensità. Se dovessi paragonarlo a qualcuno, direi Nainggolan: hanno un modo molto simile di stare in campo e vivere la partita".
Il Como alla fine retrocederà ma quella di Barella sarà comunque un’esperienza fondamentale per la sua crescita, anche a livello umano, come rivelerà poi a Sportweek: "Quella sarebbe dovuta essere la stagione della consacrazione, invece mi ritrovai in B a lottare per la salvezza, invece di partecipare alla promozione del Cagliari. Stavo sbagliando l’approccio al lavoro con un po’ di supponenza, credevo che avrei giocato comunque". Infatti dopo il Como ecco il ritorno al Cagliari e la definitiva consacrazione, con il primo gol in Serie A contro la SPAL, una maglia da titolare inamovibile e la convocazione in Nazionale con Ventura, con l’esordio che arriverà poi nel 2018 con l’attuale Ct Mancini.
Per i tifosi rossoblu Barella è un calciatore speciale. Proprio lui cagliaritano doc conferma il feeling speciale con la sua terra: "Vivere e crescere in Sardegna vuol dire sentirsi parte di un popolo. Avverto la responsabilità quando scendo in campo per i colori del Cagliari, ma per me è un orgoglio. Come se mi sentissi spinto da un’intera comunità e dalla sua passione". Le sue doti però sono sotto gli occhi di tutti, e l'ambizione di giocare ad altissimi livelli è forte. Ecco allora che arriva l'Inter che lo strappa ai sardi con un'operazione importante: prestito oneroso a 12 milioni di euro con obbligo di riscatto fissato a 25 milioni, più bonus fino a un massimo di 12 milioni.
Barella una bottiglia di champagne appena stappata pronta per l'Inter
Per quel ragazzino che era stato definito dal suo ex ct ai tempi dell'Under 15 Rocca come "Un bottiglia di champagne appena stappata" (definizione che rende al meglio l'idea sul suo essere "frizzante" ed esuberante in campo) è il momento di spiccare il volo, senza tagliare il feeling con la sua terra e l'amore per la maglia rossoblu che spesso e volentieri l'aveva portato a piangere dopo una sconfitta in campionato. Il salto non è troppo difficile per un ragazzo, tanto generoso e professionale in campo quanto fuori, poco propenso agli eccessi e sempre pronto a lavorare. Ne sa qualcosa anche Roberto Mancini che gli affida costantemente le chiavi della Nazionale, che anche grazie a lui risorge iniziando a macinare vittorie.
L'interesse della Juventus e i messaggi di Legrottaglie
E l'Inter se lo tiene stretto, consapevole di avere tra le sue fila un giocatore capace di fare reparto da solo e protagonista in questa stagione di un rendimento eccezionale che ha spinto anche addetti ai lavori prestigiosi come Marchisio a tesserne le lodi. Un colpo che fa gonfiare il petto ai nerazzurri, e che non può che provocare qualche rimpianto nella Juventus che nel 2018 aveva provato a portarlo a Torino, arrendendosi di fronte al muro del patron Giulini intenzionato a non scendere sotto la richiesta di 30 milioni di euro.
Nicola Legrottaglie, ex difensore bianconero, nella sua esperienza da vice al Cagliari, rivelò poi a Calciomercato.it: "Quando sono arrivato non sapevo chi fosse, alla fine del primo allenamento ho detto subito a Rastelli ‘Ma chi è quel ragazzino? È forte!’ Così mandai un messaggio alla Juventus per segnalarlo e loro mi dissero che lo stavano già seguendo". Alla fine però è stata l'Inter a chiudere il discorso, assicurandosi un calciatore che è destinato ancora a crescere e prendersi la scena sul panorama sportivo italiano e internazionale.