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Emiliano Viviano: “Ho smesso, ma non l’ho detto. Dopo 300 gare in Serie A mi fermano per la Kings League”

Emiliano Viviano si racconta a Fanpage.it dopo il ritiro, tra l’interesse per il mondo della comunicazione all’esperienza nella Kings League: “Mi sono divertito da morire. Non è il futuro, è già il presente”.
A cura di Vito Lamorte
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"Ho fatto 300 gare in Serie A e giocato in Nazionale ma mi fermano per la Kings League". Emiliano Viviano pronuncia queste parole ridendo ma, allo stesso tempo, in maniera molto seria. Questo ragazzo del 1985 ha appeso i guanti da portiere al chiodo dopo la scorsa stagione in Serie B con l'Ascoli ma ha sempre dimostrato di avere i piedi ben piantati nel presente e uno sguardo molto ampio: la sua scelta di fare il giocatore-opinionista, stile NBA, nell'ultimo anno della sua carriera mostra un lato della sua personalità che forse in molti non conoscevano.

Viviano è stato un estremo difensore che ha mostrato grandi qualità nel corso della sua carriera ma è interessante parlare con lui anche di comunicazione e di come lo sport, in questo caso il calcio italiano, dovrebbe muoversi per essere al passo con i tempi e raggiungere la platea più ampia possibile. Da Twitch alla Kings League, passando per la gestione della comunicazione dei club nei confronti dei calciatori.

Poi c'è il campo. La palla, gli scarpini e i guanti. Quello è il richiamo per tutti gli appassionati, e lui lascia trasparire proprio la sua voglia di parlare di calcio toccando vari aspetti senza mai nascondersi: Emiliano Viviano a Fanpage.it si racconta tra calcio e comunicazione, tra la Serie A e la Kings League, tra indicazioni su portieri emergenti e Donnarumma, tra i suoi primi passi nel calcio e la sua opinione sul movimento italiano.

Cosa fa oggi Emiliano Viviano?
"Io ho smesso, è scritto ovunque svincolato ma ho smesso. Non ho fatto post sui social come fanno gli altri quindi forse non vale (ride, ndr) ma ho smesso. Non giudico chi lo fa, sia chiaro. In questo momento sono molto impegnato tra radio, social, Twitch e poi sta per arrivare in Italia la Kings League e posso dire che farò parte anche della Kings League Italia".

Lo scorso anno è stato protagonista di una cosa che non si era mai verificata prima in Italia: ovvero quella del giocatore-opinionista, stile NBA? Come l’ha vissuta e come è riuscita a gestirla con la società.
"Il principio base un po' era quello, essere uno dei primi a fare sia il calciatore che il comunicatore un po' perché, devo dire la verità, a me ha sempre dato abbastanza fastidio che quando ci sono delle problematiche tu non abbia ‘la possibilità di difenderti'. Se io sono un calciatore di altissimo livello e magari ho un problema con il rinnovo, i media fanno uscire tantissime cose che a volte si prendono per verità ma in molti casi non lo sono, perché tu, da calciatore e quindi dipendente di una società, devi essere autorizzato a parlare. Invece la società, o comunque chi lavora nella società, può parlare senza problemi e dire quello che crede sia giusto di questa situazione. Questo è un errore di noi calciatori, che non ci siamo mai tutelati in tal senso. Ti posso assicurare che in più di vent'anni di carriera è successo tante volte che la comunicazione che è uscita non era quella esatta, ma quella volta a tutelare la società. Il mio è un modo di dar forza agli altri un po' più giovani e non ti dico che qualche problema ce l'ho avuto, col tifoso medio che ti scrive di pensare a giocare invece che alle ca**ate. Ma io non ho nessun problema, sono grande e vaccinato, ho le spalle larghe e queste cose mi sono sempre scivolate addosso. Solo una persona poco sveglia può pensare che uno gioca male una partita solo perché il mercoledì sera passa un'ora su Twitch".

Dopo questo esperimento, di cui è stato protagonista, non crede che sia arrivato il momento di rendere un po’ più liberi i calciatori a livello comunicativo anche quando sono in attività? Magari con formule ad hoc, ma non barricandoli dietro le solite interviste pre-post gare che danno davvero poco o nulla ai tifosi.
"Siamo nel 2024 e per vendere meglio il prodotto bisogna fare qualcosa di diverso. Il calcio è arretrato da quel punto di vista, messo a confronto con gli altri sport. Se vuoi vendere bene il prodotto il protagonista è il calciatore. che deve poter esaltarsi e anche fare polemica. Dal quel punto di vista l'NBA è l'esempio, servirebbe spettacolarizzare un po' di più il calcio per migliorare il prodotto finale. Credo sia nell'interesse di tutti".

Vero, diciamo che prendiamo sempre le cose non proprio adatte a noi tipo le interviste nell'intervallo: l'anno scorso c'erano prima di entrare nello spogliatoio, quest'anno c'è quella dopo che i giocatori sono rientrati dagli spogliatoi.
"Ma che tipo di contenuto puoi fare in quei secondi in cui i calciato hanno la testa che gli scoppia perché hai appena finito un'azione? Io vorrei sapere all'utente medio quanto interessa quell'intervista lì. La Kings League, ad esempio, su questo ha vinto perché arriva a tutti".

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A proposito della Kings League, che esperienza è stata per lei che è stato un professionista?
"Io sono andato così un po' anche perché, lo dico sinceramente, era in Messico e l'ho presa come una vacanza, ma in realtà mi sono divertito da morire. È bella, è dinamica, c'erano tantissimi nomi… è stato carino ma soprattutto ha una cassa di risonanza incredibile: io ti posso assicurare, ho avuto una buona carriera, sono arrivato in Nazionale, ma quando sono tornato da lì la maggior parte dei ragazzi che mi fermano e mi chiedono foto lo fanno per la Kings League. A me vien da ridere perché penso ‘ho fatto 300 partite in Serie A', ma mi fermano per la Kings League. Però è veloce, si segue con Twitch e ti dà un sacco di scelte differenti durante la partita. Secondo me non è il futuro ma è già il presente. Io prima di giocarla non avevo mai visto un minuto ma in realtà è divertentissima".

La cosa più strana che ha visto nella Kings League?
"Il fatto che il presidente di turno, che è quasi sempre uno streamer, scenda a tirare rigore. Quella è la roba più strana che c'è: durante una partita ti tira un rigore una persona che fino a poco prima era seduta fuori. Noi avevamo Blur che è un ragazzo, ma a me uno mi ha tirato un rigore con la scarpa che è volata fuori dalla porta. Ti dico, anche quello diventa divertente: si aspetta quel rigore, ci sono i due minuti che passano con il presidente che entra in campo e fa lo show con i tifosi, perché poi quello famoso è lui".

Con Totti e Nainggolan come vi siete relazionati con i compagni e gli avversari della Kings League?
"I ragazzi che erano con noi non hanno giocato in Serie A, qualcuno in Serie B e serie minori, ma ci siamo relazionati bene. Alla fine il calcio è calcio. Francesco è una cosa a livello mondiale, avevano anche un po' di timore. Il calcio avvicina sempre tutti, è lo sport".

È appena iniziata la Serie A. Ci dice un po' di portieri che le stanno piacendo in questo momento?
"Ce ne sono tanti. A parte Maignan ovviamente, mi piace Svilar e un emergente è Okoye, il portiere dell'Udinese. Falcone sono due o tre anni che sta facendo benissimo e anche Vasquez che è andato ad Empoli: l'anno scorso era ad Ascoli con me e ho visto che ha iniziato molto, è un ragazzo che ha grandi qualità".

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L’espulsione di Suzuki in Napoli-Parma è stata molto criticata perché il portiere non poteva fermarsi nello slancio. Non è che stiamo penalizzando troppo i portieri e limitando il loro raggio di azione per questa voglia di gol e spettacolo a tutti i costi?
"C'era l'ammonizione perché comunque io lo capisco che lui vada a prendere la palla, però quando tu alzi la gamba a così alto è pericoloso. L'anno scorso in Ascoli-Reggiana venni espulso direttamente per un intervento simile, ma in realtà anche meno pericoloso. Poi mi spiegarono il motivo. Noi comunque dobbiamo seguire un regolamento, purtroppo o per fortuna. Hai visto l'espulsione di Dorgu?"

Sì, certo, per me non era rosso.
"In una logica di qualsiasi essere umano che abbia giocato al pallone, come fa quello a fermarsi? Cioè lui scivola sopra al pallone, non guarda nemmeno dove mette il piede, guarda diretto a sé? Per me quella di Dorgu non è espulsione, rulla con i tacchetti sopra la palla. Intanto l'hanno cacciato. Invece, ti dico, Suzuki intervenendo in quella maniera, anche se sulla palla, quando mette la gamba così alta sa che è pericoloso".

C’è un grande dibattito in Italia in merito alla preparazione dei portieri nel ‘giocare con i piedi’: perché crede che non si riesca ad andare oltre la frase ‘il portiere deve saper parare’?
"Il problema è che queste due cose vanno fatte combaciare. È chiaro che il portiere fa il portiere, però il calcio è cambiato, si cerca molto il gioco da dietro e per questo il portiere deve essere bravo in questa specifica. A me non sta bene chi cerca solamente il portiere bravo a giocare da dietro: la base è che deve parare, deve sapere stare in porta, deve sapere uscire. Però la preparazione al gioco di squadra, alla costruzione, all'orientamento del corpo in base a come la squadra va a giocare, è molto importante. Quindi non mi stanno bene i due estremi".

Ci vuole equilibrio.
"Deve saper solo parare? No, perché se poi vuoi fare un determinato tipo di calcio e il portiere non lo sa fare, metti in difficoltà tutta la squadra. Allo stesso modo, a volte, uno fa una scelta per un determinato portiere perché vuole giocare da dietro, però poi durante l'anno prendi 20 gol che un portiere migliore poteva evitare. Secondo me è più un discorso di formazione".

Cioè?
"Faccio un esempio banale, uno dei migliori come tempi e come capacità di leggere il terzo uomo, lo spazio della giocata, è stato Handanovic negli ultimi anni, Ma l'ha imparato, non è nato con le qualità tecniche di Maignan. Quindi è una cosa che si può insegnare, c'è bisogno di un processo. Spesso parlo con il mio amico De Zerbi e gli dico che io preferisco uno bravo come portiere, che con tutte le informazioni che dà lui può imparare a fare quella cosa. Posso imparare a giocare non come Ederson, ma come Handanovic. Alla fine si tratta di passaggi di 15 metri. Il problema sono i tempi delle giocate e riconoscere la giocata, perché farlo sotto pressione è più difficile. Riconoscere dove è l'uomo libero o da dove si deve uscire per avere l'uomo libero è molto importante. Io ho avuto Farioli, che è bravissimo e ora allena l'Ajax, e lavoravamo su tante cose: dare il pallone al play sul destro o sul sinistro per indirizzare l'uscita. Una cosa che ti distanzia di 30 cm ma cambia tutti i tempi. È importante capire quello".

Donnarumma è sempre nel mirino della critica italiana nonostante sia uno dei top player della nostra Nazionale: non gli è stato mai perdonato il fatto di esser andato via dal Milan e dall’Italia o c’è altro?
"Un po' il fatto che sia andato via e il modo in cui l'ha fatto, un po' perché è andato via un giocatore forte ed è normale che ci sia un po' di astio. Qualcuno ci calca la mano, però. Siccome lui gioca in un campionato che, senza nessuna offesa, è un campionato importante ma non è la Premier League. Molto spesso quello che lui fa tutte le domeniche non viene minimamente menzionato finché non fa una cagata. In quel momento rimbalzano video in Italia dappertutto. Siccome io lo seguo, invece, ti posso assicurare che è stato il miglior portiere del campionato in Ligue 1. Mi dà fastidio il pressappochismo nei suoi confronti. Anche perché in questo momento è l'unico fuoriclasse che abbiamo nella Nazionale italiana".

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Viviano quando ha deciso che da grande voleva fare il portiere?
"Ti dico la verità, non l'ho neanche tanto deciso. Io ho iniziato a giocare subito, da piccolo, perché nella mia famiglia giocavano mio papà, non ad alti livelli, e i miei fratelli, che sono entrambi più grandi. Quindi il calcio è un po' una religione a casa mia. Quando sei piccolo, molto spesso, succede che il portiere non c'è e finisci in porta. Quando ci sono andato io hanno notato che c'era qualcosa di innato e alla fine ho continuato in porta. Ti dico la verità, e non è per spocchia o altro, vedo tanti miei colleghi, anche amici, che già da piccoli avevano come idoli dei portieri. Io no. I miei idoli erano Batistuta e Rui Costa. Perché mi piaceva fare gol. Poi sono cresciuto e mi sono appassionato tantissimo al ruolo del portiere. Tornassi indietro farei l'attaccante".

Ha giocato nella Fiorentina, che è la sua squadra del cuore, ma se dovesse scegliere un altro club che più le è rimasto dentro quale indicherebbe?
"La Sampdoria, senza dubbio. Ti dico la verità, mi sono trovato bene praticamente dappertutto escluso lo Sporting Lisbona. Poi ci sono posti come la Spal e il Palermo dove sono stato bene, però in sei mesi si fa quasi fatica a capire un po' tutto ciò che ti sta intorno. Sono stato benissimo a Bologna e a Brescia, dove ho giocato i primi anni. Però la Sampdoria è stato qualcosa di unico. Ti rimane dentro se ci giochi. Poi la gente mi ha voluto tantissimo bene, abbiamo fatto campionati favolosi, con uno stadio meraviglioso e una tifoseria, per me, la migliore d'Italia".

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Ha giocato in Turchia, prima in Portogallo e in Inghilterra. In base alla narrazione predominante, il calcio italiano non è più tra i migliori in Europa: avendo vissuto queste tre realtà, e seguendone anche altre, ci dice in cosa siamo davvero indietro rispetto agli altri?
"Dipende a chi ti paragoni. Se ti paragoni alla Premier League mancano i soldi, le strutture e all'organizzazione. Perché poi dal punto di vista tecnico, quindi dei professionisti che ci lavorano, io non so quanti anni sono che un allenatore inglese non vince una Premier League. Loro hanno semplicemente comprato e preso il meglio dall'estero però dal punto di vista di strutture e di organizzazione sono imbattibili. Per quanto riguarda gli altri campionati: alla Liga se levi il Real Madrid sono sotto come campionato, ma senza dubbio, e in Francia c'è il Paris Saint-Germain e il resto è quello che è. La Germania è un posto che a me piace molto, ma anche lì c'è il Bayern Monaco e il resto insomma. Competiamo dal punto di vista tecnico, ma sul piano delle strutture in Germania è meraviglioso. Hanno un'affluenza negli stadi che è folle. C'è una grande passione. Però io non sono un esterofilo, assolutamente, perché secondo me molto spesso qua friggiamo con l'acqua, nel senso che le possibilità sono minori, le strutture fanno schifo però i professionisti sono bravissimi. Io ti posso assicurare che in base alle mie esperienze calcistiche, le persone che lavorano nel calcio e intorno sono all'avanguardia. Sono stato all'Arsenal che è un grandissimo club, ma ho visto cose che sono scioccanti. Purtroppo una società di bassa classifica della Premier League ha la capacità e la potenza economica che da noi hanno le nostre big. Poter arrivare a competere con loro, e ci arriviamo perché negli ultimi tre anni non so quanti finali europee abbiamo fatto tra Inter, Roma, Fiorentina e Atalanta, è tanta roba".

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