Emiliano Bonazzoli: “Oggi non lavoro. Mi chiamano e dicono: se perde domenica lo cacciamo e vieni tu”

Gigi De Canio sta per effettuare un cambio e ha scelto proprio lui: uscirà Bonazzoli, al suo posto Morabito. Tutto è pronto, si fa quando la palla esce dal campo. Il pallone arriva a Diana che lo porta fino al limite dell’area, Di Michele gli fa spazio e Bonazzoli è libero di ricevere quasi nella lunetta. Controllo, tiro e palla nell’angolino. Reggina 2, Atalanta 1. Si decide così lo spareggio per restare in Serie A della stagione 2002-2003.
Emiliano Bonazzoli rimarrà legato per sempre alla storia della Reggina ma il suo percorso nel mondo del calcio parte dalla Voluntas Brescia, passa per il Viareggio vinto con le Rondinelle e tocca Verona, Parma e Sampdoria fino alla Nazionale. Da qualche anno è diventato allenatore e la sua ultima esperienza in panchina lo ha visto a Lecco, in Serie B.
A Fanpage.it Emiliano Bonazzoli racconta la sua carriera e svela alcuni aneddoti dagli inizi fino alla convocazione con la Nazionale Italiana passando per il Brescia e la Reggina.
Cosa fa oggi Emiliano Bonazzoli?
“Faccio l’allenatore ma ora non ho squadra. Ho iniziato ad allenare appena ho smesso di giocare e sono già 7-8 anni che mi sono lanciato in questa nuova avventura. Ho fatto giovanili, femminile, Serie D e Serie B. Sono stato collaboratore di Aimo Diana al Renate dove ho fatto una grandissima esperienza. Quest'anno mi dispiace essere fermo ma non mi sono accordato con nessuno nonostante ci siano state diverse offerte. Mi hanno chiamato dicendo ‘se perde la prossima lo cacciamo e vieni qui’. Molti dirigenti si basano solo sui risultati e non guardano oltre”.
Da allenatore Bonazzoli ha avuto a che fare con i giovani e c’è sempre questo dibattito tra i ‘giovani di oggi e quelli di ieri”. Cosa ne pensa?
“Per i giovani sono figli del tempo che viviamo. Io personalmente avevo solo il calcio e dopo scuola c'era il cortile con una palla. Mi mettevo lì con mio fratello così a giocare e io ero sempre l'attaccante. Mi dispiace per lui che ha sempre fatto il portiere (ride, ndr)… Comunque dopo scuola c'era la palla, il cortile e poi, con il passare degli anni, c'era l'allenamento con la squadra. Per quella generazione lì c’era solo calcio. E così che più giochi, più ti alleni, più sbagli, più impari a palleggiare, più sai dove cadrà la palla e più sei bravo a fare colpi di testa. A me sembra abbastanza normale. Un po’ come quando studi tanto e diventi sempre più diventi bravo, no? Adesso vedo anche mio figlio, ha 18 anni, l'ho visto comunque crescere, ha fatto le giovanili del Monza ma vedo che nel tempo libero pensano a tante cose a cui noi non avremmo mai dato retta o non avevamo. Prima, in molti casi, c'era solo calcio e basta. Però bisogna sottolineare come alcuni giovanotti vogliono somigliare a questi campioni prima di arrivare ad esser come loro: l’apparenza prima del contenuto tecnico".

I primi passi nel calcio vero alla Voluntas e l’esordio in B e in A con il Brescia.
“Ai tempi, nei prima anni ’90, nel bresciano si parlava sempre e solo di Voluntas, non di Brescia Calcio. La Voluntas era la squadra che faceva tutti i campionati e vincevano dappertutto. Andava a fare i tornei a Dallas, a Gotheborg, ad Amsterdam… un giorno un osservatore ci ha chiesto di andare a Brescia a fare un provino e sono andato insieme ad altri quattro della mia squadra. Io non avevo mai visto una cosa come il centro sportivo San Filippo, era il paese dei balocchi. Il provino andò bene e mi presero. Mi ricordo di Roberto Clerici, che era il fautore di tutto e da lì hanno tirato fuori gente come Pirlo, Diana e tanti altri. Era un serbatoio per il Brescia, con cui poi ho fatto tutte le giovanili e abbiamo vinto il Viareggio, abbian fatto la finale Scudetto, finale di Coppa d'Italia a Primavera, semifinale Allievi con De Paoli. Feci l'esordio in Serie A alla prima di Ronaldo il Fenomeno, a San Siro, nel ’97-’98“.
Il primo gol in Serie A, però, è arrivato con la maglia del Verona. Corretto?
“Esatto. Li ho giocato con continuità in Serie A, anche se venivo da un campionato di Serie B vinto col Brescia. Quel Verona era fatto da tantissimi giovani perché c’erano Gilardino, Camoranesi, Mutu…poi la tifoseria del Verona è veramente tosta, quindi avevi sempre una marcia in più. Ci siamo salvati ed è andato tutto in modo positivo, stavo iniziando a capire la Serie A perché quelle partite fatte con il Brescia ero molto giovane e non proprio maturo. L’esperienza in Serie B e la continuità mi hanno fatto dare una svegliata, sennò ti mangiavano in testa".

A Parma è arrivato l’unico trofeo della carriera di Bonazzoli?
“Vincemmo la Coppa Italia in finale con la Juve. Una bella soddisfazione. Anche perché è l’unico che ho vinto con i grandi, a parte il Viareggio. Quell’anno eravamo partiti maluccio perchè uscimmo ai preliminare di Champions League con il Lille. Partendo comunque con l'obiettivo di vincere i preliminari e fare i gironi, alla fine ci salviamo dopo una stagione con tre allenatori. L'unica cosa positiva, l'unica cosa bella, fu la vittoria della Coppa Italia”.
Una delle esperienze più belle che ha fatto è certamente quella con la Reggina..
“Sono stato a Reggio qualche giorno fa, ho ancora amici lì e i tifosi mi fermano per strada. La gente è meravigliosa ma, nonostante ci sia sempre qualche pregiudizio, tuttora mi sento più con loro che con qualsiasi altro personaggio di qualsiasi altra città in cui sono stato a giocare. Poi se dai tutto per una squadra, per una maglia, i tifosi lo riconoscono. Poi ci sono i risultati, l'annata sbagliata, qualche infortunio, ma l’importante è comunque dare il massimo e questo i reggini l’hanno sempre capito. Poi ci fu quello spareggio…”.
Ci racconta un po’ quella giornata a Bergamo?
“Per me era come un derby, visto il mio passato al Brescia, e ricordo che l’attesa era sempre più pesante perché la partita fu rinviata di un giorno dopo che venne giù un diluvio universale nella data stabilita. Eravamo tutti lì a camminare, a bere caffè e a parlare il pomeriggio e la notte prima. C'erano questi gruppetti di giocatori che parlavano, poi c’era il presidente, il mister… la tensione si percepiva, poi dopo il pareggio per 0-0 all’andata era dentro o fuori. A Reggio ci fu una grande festa. La gente ci assolse sulla pista di atterraggio dell’aereo, credo ci fossero più di 5.000 persone. Poi il giro per la città fu una liberazione, un momento storico per la città e per noi, perché comunque arrivare penultimi a gennaio e salvarsi lo spareggio è ancora più bello. Grande giornata, grande giornata”.

Dopo Reggio, arrivò la chiamata della Sampdoria?
“Diciamo che i due anni e mezzo di Reggina mi hanno dato la possibilità comunque di giocare e segnare con continuità per fare un passo, uno scalino più alto, andando alla Sampdoria che faceva la Coppa UEFA. Partii bene, perché fine a ottobre-novembre ero a pari merito con Luca Toni primo in classifica cannonieri poi con la Roma mi rompo il crociato e la stagione è finita…”
Con la Samp arrivò anche l’unica convocazione in Nazionale…
“Sì, la convocazione arrivò dopo il primo anno di Samp e credo che Donadoni mi volle dare un premio per quello che avevo fatto l'anno precedente, visto che le cose non stavano andando tanto bene. Fu un'esperienza bellissima e la ricordo con tantissima emozione”.
Il miglior allenatore che ha avuto Bonazzoli?
“Mi piace ricordare Nedo Sonetti, perché quando abbiamo vinto la Serie B col Brescia mi chiamava ‘Bobo, Bobo’. Diceva che gli ricordavo Vieri quando era nel Torino e io gli rispondevo ‘Magari’”.

Il compagno più forte.
“Dico Adrian Mutu”.
L'avversario più forte con cui ti sei confrontato?
“Nesta e Maldini. Due difensori pazzeschi, giocavano duro ma nel modo giusto”.
Ci sono state diverse big che l’hanno cercata: a quale è stato più vicina e perché non si è concretizzata la trattativa.
“L'anno della Sampdoria, potevo andare al Milan a gennaio ma presero Ronaldo il Fenomeno. Ci fu un problema sui trasferimenti, visto che ne avevo fatti già tre e il Milan sarebbe stata la quarta squadra in quell’anno”.
Era più difficile fare l’attaccante qualche anno fa in Serie A?
“Più difficile non credo ma è la qualità che è diversa. In generale credo si sia abbassata rispetto a vent'anni fa, perché credo che dal 2000 al 2010 la Serie A erano qualcosa di straordinario per la storia del calcio italiano”.
Esistono ancora i ‘bomber di provincia’.
“Secondo me sì, magari non come un tempo ma credo che esistano ancora”.

Si ricorda cosa ha pensato quando ha guadagnato il primo stipendio da calciatore? Si è regalato qualcosa?
“No, sinceramente non lo ricordo. È passato troppo tempo. Però posso dirti che, venendo da una famiglia di operai, a prima cosa che chiesi al mio procuratore quando passai al Brescia fu il rimborso del pullman, perché comunque dalla provincia di Mantova a Brescia era una spesa abbastanza esosa e non volevo far cacciare soldi ai miei. Farmi pagare il viaggio da una squadra che ci teneva a me, e non farlo pagare a loro, è stata na cosa gratificante".
Squalificato per 10 giornate per insulti razziali in Serie D.
"Mi fa male ancora quando ne parlo perché fu tutto un grande equivoco che sulla mia carriera è un neo. Andai a Roma per il ricorso, che non venne accettato, però io ero disposto a portare le testimonianze di compagni con cui avevo giocato. Non ho mai avuto problemi di questo tipo".
Bonazzoli ha totalizzato 569 presenze e 135 gol, alla media di 0,24 gol a partita: si aspettava di fare questa carriera e se ha qualche rammarico?
“Assolutamente no. Ho iniziato a giocare da piccolo per passione e quando sono passato con i grandi ricordo di aver detto a mia madre che mi sarebbe bastata la Serie C. Poi sono andato in Serie B e Serie A. Ho una presenza in Nazionale. Un unico rammarico, magari se avessi tirato qualche rigore forse avrei qualche gol in più: però va benissimo così“.