Emil Audero a Fanpage: “Ho vissuto la Juve più forte, ora cresco con la Samp e sogno l’Italia”
Uno dei punti fermi della Sampdoria in questi anni è, senza dubbio, Emil Audero. Il numero uno del club blucerchiato sta disputando una grandissima stagione e sul suo nome ci sono rumors di mercato molto forti da diversi mesi. Lui è concentrato per il finale di stagione con il Doria ma non è detto che presto qualcosa possa cambiare, nonostante il fresco rinnovo del contratto fino al 2026. Contro il Bologna è arrivato il suo 100° gettone in Serie A e questo traguardo è arrivato grazie alle 99 presenze nel massimo campionato con la maglia doriana e all'esordio con la Juventus, che risale al maggio 2017 sempre allo stadio Dall’Ara.
Ai microfoni di Fanpage.it il portiere del Doria ha parlato del suo rapporto con la piazza blucerchiata e con mister Ranieri, dell’anno con Allegri alla Juventus e ha raccontato la verità sull'assist che fece a Verre a Firenze.
È arrivato alla Sampdoria nel 2018 e pochi giorni fa ha firmato un rinnovo fino al 2026: cosa vuol dire per lei questo prolungamento?
"Per me è un segnale bello, mi rende felice per due motivi: vuol dire che da quando sono qui la Sampdoria ha creduto in me, è riuscita a valorizzarmi; e poi perché vuol dire che ci sono state tante cose positive in questi anni e la speranza che ce ne possano essere altre nel prossimo futuro".
Nonostante il rinnovo nelle ultime ore si è parlato di lei come possibile scelta di Inter, Milan e Roma come prossimo portiere? Come si rapporta con questi rumors di mercato?
"Sono cose che fanno piacere perché sono squadre importanti, di alta classifica e con una storia importante; ma, come ho sempre detto in passato, bisogna pensare al presente per costruire il futuro. Mi concentro sul finale di stagione. Fa piacere ma sono cose che non mi devono distogliere dagli obiettivi attuali".
Ci sono almeno tre parate che indicano la bontà della stagione che sta facendo: quella su McKennie contro la Juve, quella su Zapata nel derby e il rigore su Alexis Sanchez contro l’Inter. Qual è la sua preferita?
"Sono tutte e tre belle, completamente diverse tra di loro e forse non c’è una che preferisco. Forse quella più particolare come gesto tecnico è quella su McKennie, dove però il risultato finale è stato negativo. Quella nel derby è stata una bella parata e lo sarebbe stata ancora di più se ci fossero stati i tifosi ma se uno deve mettere la ciliegina sulla torta dico quella su Sanchez considerando la vittoria finale".
Lei con la Juventus ha giocato un anno e quella fu l’ultima italiana ad arrivare in finale di Champions League. Di quella gara si è parlato tanto, sopratutto dell’intervallo, ma fu un percorso fantastico. Quali sono i suoi ricordi?
"Quell’anno fu bellissimo ed è stato l’anno in cui ho fatto l’esordio quindi lo ricorderò sempre. Arrivare ad una finale di Champions te lo fa ricordare ancora di più. Per me quella Juve era una della più forti degli ultimi anni, anche messa a confronto con quelle recenti come gruppo e come personalità all’interno dello spogliatoio. Poi ha cercato sempre di cambiare e migliorare ma quella lì aveva qualcosa in più. Il finale amaro rovinò un po’ il viaggio ma, che dire, sono ricordi bellissimi. A vent’anni arrivare in finale di Champions e debuttare una settimana prima sono cose che rimangono impresse. Si è parlato troppo dell’intervallo di Cardiff ma in realtà poi era successo poco. Un’annata bellissima, squadra composta da campioni veri e per tante cose quella stagione rimarrà sempre nella mia mente".
Sempre in merito all’annata juventina lei era in tribuna ad Oporto con Bonucci: ci può raccontare quella serata al Do Dragao?
"Il ricordo principale è che abbiamo vinto 2-0. C’è stato spesso una foto che è girata dove c’ero io sullo sfondo e Bonucci in tribuna. Qualche giorno prima c’era stata un diverbio tra Bonucci e Allegri e la società aveva deciso di lasciarlo fuori per quell’incontro. È stato più un fatto unico che altro, visto che poi i due si erano riappacificati. Io ero lì perché essendo il terzo facevo riscaldamento e poi andavo in tribuna. È stato carino perché ci hanno fatto su mille cose ma era finito lì".
Quanto è stato importante Massimiliano Allegri nella sua carriera?
"Secondo me tanto. Il mio peso specifico all’interno di quello spogliatoio non era così rilevante ma quello che trasmetteva cercavo di farlo mio. In quegli anni ero una spugna, raccoglievo tutti i consigli che dava e li facevo miei. Le sue indicazioni sono state molto importanti. In quegli anni si vinceva tanto e oltre ai tanti momenti belli si era passati anche da situazioni più complesse. In generale è stato importante perché mi ha fatto esordire e non pensavo mai che mi avrebbe dato fiducia: tante volte gli allenatori tendono a provare le squadre da mettere in campo in vista di appuntamenti importanti mentre lui mi fece giocare una settimana prima della finale di Champions. Mi aveva dato la possibilità di mettermi in mostra e mi ha sempre portato rispetto e la giusta attenzione. L’ho ringraziato per questo".
Ranieri di lei dice sempre grandi cose, ma c'è sempre un ‘però' per stimolarla. Com'è il vostro rapporto?
"Un rapporto molto semplice. Lui è uno che tende a parlare non tantissimo con i portieri ma è uno che ascolta. Mi ha sempre dato fiducia e gli sarò sempre riconoscente per questo. Momenti di scontro o tesi non ce ne sono mai stati perché siamo due persone molto tranquille. A livello di stimoli, invece, alla fine della scorsa stagione c’era stata una riunione anche con gli altri portieri: mi disse che si aspettava qualcosa in più perché sapeva che potevo dargli di più e così è stato. Di confronti veri non ce ne sono mai stati".
A distanza di qualche mese può dirci la verità: il lancio per Verre a Firenze era voluto o no?
"Sono sincero, io non volevo dargli la palla in maniera così precisa. Sapevo che attaccavamo sempre la profondità alle spalle dei difensori. Era la parte finale di quella partita lì, era una palla corta, così ho pensato che qualcuno l’avrebbe attaccata di sicuro. Nello specifico non ho visto lui ma c’erano più compagni in quella zona. Poi quella palla, calciata a rientrare, è risultata perfetta per lui ma non posso dire di averlo mirato (ride, ndr)".
Ultimamente si fa un gran parlare della ‘costruzione dal basso’. Come portiere, quanto è difficile giocare al limite tra giocata e rischio?
"Penso che i portieri che giocano da dietro siano allenati, ma non solo loro. Ci deve essere una predisposizione dell’intera squadra a giocare così. Sono cose che variano da portiere a portiere, c’è chi è più adatto e chi è meno adatto, un po’ uno ce l’ha nel sangue un po’ lo alleni. Spesso è una questione anche di principi ma bisogna capire quali vantaggi possa portare o capire quando te la vai cercare forzando alcune situazioni. Le due cose vanno di pari passo. Per primo ci deve essere la lettura personale e poi ci deve essere un lavoro di tutta la squadra".
Quali sono i sogni e le speranze di Audero per il futuro?
"Vorrei continuare una crescita costante e all’interno raggiungere vari obiettivi. Sogno di raggiungere la Nazionale, vincere qualche trofeo ma, come ho sempre detto, pensiamo al presente per vedere il futuro".